Giocato su Oculus Quest 2
Di titoli VR che rubano a piene mani dall’immaginario estetico del videogioco anni 90, checché se ne dica, non ce ne sono così tanti. Tuttavia, da Quell 4D, fino ad arrivare a Compound, Pixel Ripped e l’imminente Ancient Dungeon, tutti quelli che hanno provato a riportare un certo tipo di impianto visivo all’interno dei loro prodotti VR hanno vinto; sia perché quel tipo di impostazione estetica funziona molto bene in realtà virtuale, sia perché l’elemento nostalgico aiuta a far immedesimare tutti quelli che hanno vissuto quell’epoca in prima persona. Arriva quindi oggi Stones of Haralath, titolo prodotto e pubblicato da Garage Collective, che ci mette nei panni di un classico guerriero, eroe di un mondo fantasy dominato da terribili mostri. Scopriamo insieme come se la cava questo action retrò sui i nostri Oculus Quest.
Devo essere sincero: dopo aver visto il primo trailer ero partito un po’ prevenuto nei confronti di Stones of Harlath. Non che l’estetica e il gameplay non potessero soddisfare anche un utente smaliziato come me, ma – a occhio – mi sembrava un progetto un po’ troppo povero, un po’ troppo cheap; soprattutto se messo a confronto con il meraviglioso e mai troppo citato Ancient Dungeon. Eppure, una volta iniziata l’avventura, ho iniziato a divertirmi davvero.
Non fraintendetemi, il gioco è il classico fantasy che vediamo da trent’anni in tutte le salse: una città invasa da bestie malefiche, una serie di personaggi che ci daranno dei compiti, e un sistema di combattimento che si muove tra l’arma bianca e l’utilizzo di magie. Quasi fosse uno Skyrim in miniatura, il prodotto di Garage Collective sembra – forse volontariamente – la parodia del videogioco fantasy, mettendoci a confronto con tutti i topoi del genere, a prescindere dall’epoca storica di appartenenza.
Nonostante possa sembrare la solita minestra riscaldata, l’ultimo arrivato in casa Oculus Quest risulta primitivo e soddisfacente, e ci diverte soprattutto in virtù del fattore nostalgia, proprio del suo immaginario. Anche se potrebbe trarre in inganno, Stones of Harlath è infatti bello da vedere, quanto soddisfacente da sentire. Se sul fronte puramente estetico l’insieme di sprites 2D e modelli 3D degli ambienti funziona a dovere, anche la musica e i suoni tendono ad abbracciarci in un tripudio di musichette e SFX che sembrano usciti direttamente da un RPG PC dei primi anni novanta, mantenendoci sempre in equilibrio in un’estasi dei sensi a tratti eccezionale.
Ahimè, le prime impressioni lasciano presto spazio a quelle che erano le mie principali paure. Questa sorta di action crawler old school in salsa fantasy è sì concettualmente efficace, ma anche profondamente sporca sul fronte del codice, e sempre un po’ imprecisa in tutti gli elementi che la compongono.
L’esperienza di Stones of Harlath è piena di momenti frustranti, dovuti principalmente a muri invisibili, bug non troppo sporadici, porte che non si fanno attraversare e così via. Sembra letteralmente la V1 dell’alpha, diversi mesi prima dell’uscita del gioco. Ed è un peccato, perché i continui problemi tecnici rompono letteralmente un’esperienza che – nel suo essere semplice e diretta – poteva darci qualche soddisfazione.
Ma non è finita qui, perché anche gli altri elementi del gioco risultano, in qualche modo, rotti. Il combat system, nonostante funzioni discretamente all’interno di alcune situazioni ben specifiche, risulta ripetitivo già dopo la prima mezz’ora di gioco, facendosi un po’ traslazione del button smashing tipico dei dungeon crawler più superficiali. Le hitbox non sono mai precise, la forza del colpo non si riversa nel danno che infliggeremo al nemico e, nonostante ogni venti minuti acquisiremo un nuovo potere, andremo avanti all’infinito sempre con le solite due magie in mano.
Questo è forse il fronte su cui si poteva fare di più. Le magie che scaglieremo contro i nostri nemici sono basate su un gesture system che ricorda The Wizards e prodotti analoghi, e risulta quasi sempre un piacere utilizzarle alternandole alle nostre armi fisiche. Il problema è che, alla fine, l’unica vera magia fondamentale sarà la prima, spingendoci ad utilizzare sempre quella per tutto il corso dell’avventura. È nobile il fatto che in Garage Collective si siano sbattuti per proporci una mezza dozzina di magie da sbloccare strada facendo, un po’ meno nobile il fatto che nessuna situazione ti spinga a esplorarle tutte a seconda del contesto.
Anche sul fronte audio ci sono dei problemi, con un doppiaggio in inglese registrato probabilmente dentro una cantina, che si distorce ogni due per tre a seconda del personaggio parlante, e degli effetti sonori mixati in maniera incomprensibile, che vi frastorneranno durante qualsiasi battaglia.
Sono problemi su cui qualcuno, a sentimento, potrebbe sorvolare, ma vi assicuro che sono così evidenti e fastidiosi che non solo tolgono smalto ad una produzione altrimenti ampiamente sufficiente; ma la portano addirittura dalla parte dell’insufficienza oggettiva.
Una longevità di circa due ore non aiuta, ma è comunque in linea con il prezzo di circa dieci euro richiesto per portarsi a casa il prodotto su Oculus Quest, che speriamo arrivi quantomeno su Steam, il mese prossimo, in una condizione più presentabile di questa.
Stones of Harlath non è, di base, un brutto gioco. Chi cerca del fantasy a buon mercato condito da un’estetica squisitamente anni novanta si potrebbe divertire serenamente con un prodotto che – almeno su carta – fa tutto bene. Il dramma è che i problemi tecnici che affliggono l’esperienza, oltre che alcuni difetti strutturali, rischiano di frustrare il giocatore più che divertirlo; e in un prodotto per realtà virtuale, questa è l’ultima cosa che vogliamo succeda. Bel tentativo Garage Collective, ma ti preghiamo tutti – quantomeno sul prossimo prodotto – di non correre troppo, e rilasciare un progetto quando questo è realmente concluso.
Stones of Harlath è disponibile dal 3 Giugno 2021 al prezzo di 9,99€ su Oculus Quest, e sarà disponibile dal 15 Luglio anche su Steam, compatibile con tutti i maggiori visori VR del mercato PC.
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