Giocato su Meta Quest 3
Quand’è l’ultima volta che vi siete effettivamente stupiti per quello che avevate davanti agli occhi, in un videogioco? Non parlo di grafica, ma di direzione artistica, originalità dell’immaginario, soddisfazione dei sensi. Ecco, con Underdogs ho provato questa cosa qui, una cosa che non provavo da davvero molto tempo in realtà virtuale: un videogioco che – piaccia o non piaccia – ti butta di forza dentro a un mondo vivido, unico, originale ed esaltante.
La storia è quella di Rigg e King, due fratelli londinesi che si ritrovano a vagare per New Brakka: l’ultima città libera del mondo. Questa metropoli ha però un problema: ospita malviventi di ogni tipo e pericoli dietro a ogni angolo. Rigg e King sono lì per una questione piuttosto spiacevole: uno dei due è stato infettato da un’IA che rischia di prendere il sopravvento sulla sua coscienza, e dovranno quindi partecipare a un pericoloso gioco della morte per riuscire ad arrivare al centro della città, e curare questa misteriosa malattia. Non si allontana più di tanto dal concept di Cyberpunk 2077, il racconto di Underdogs, ma è messo in scena così bene, attraverso dei fumetti in tre dimensioni irresistibili, che riesce a tirarti dentro, a prescindere dalle sue ispirazioni.
Dal punto di vista della scrittura il titolo di One Hamsa osa, ma a partire da un genere ben consolidato, esattamente quello che succede anche sul fronte ludico. Underdogs fa quello che fanno gran parte delle produzioni in realtà virtuale indipendenti: il rogue-like, dritto e senza fronzoli, ma a partire da quel concept prende una strada decisamente più personale e inaspettata. Per chi non lo sapesse, il rogue-like è un genere che prevede un playthrough molto contenuto in termini di longevità, poiché per riuscire a finire il gioco saranno necessarie decine e decine di partite, atte a farvi interiorizzare al cento per cento il gameplay. In questo senso Underdogs è esattamente quella cosa lì: vi propone spannometricamente una decina abbondante di livelli che portano alla conclusione, ma game over dopo game over dovrete ricominciare tutto il gioco da capo, con la consapevolezza di cosa avete sbagliato. Purtroppo, in Underdogs, i premi restituiti al giocatore dopo una run non sono quelli di un rogue-lite, con semplicemente qualche elemento sbloccabile che apparirà già dall’inizio dentro alla nostra nuova partita, ma nulla più.
Non è un genere per tutti, ma vi invito a non sottovalutare l’opera di One Hamsa, perché parliamo di un gioco che non è soltanto un rogue-like, ma è anche un brawler profondamente divertente, con qualche elemento di ruolo e uno sviluppo che è quasi da libro-game.
Di base, il nostro obiettivo è quello di sfondare decine e centinaia di robottoni e robottini dentro a piccole arene circoscritte, per poi affrontare un boss di fine livello e procedere oltre. Il nostro alter ego sarà quindi rinchiuso dentro a un grosso mech, che si muoverà in base ai movimenti reali del nostro corpo, sia per quanto riguarda il movimento – molto simile a quello di Gorilla Tag et simila – sia per quanto riguarda il combattimento. Per eliminare i nemici circostanti dovremo infatti usare soltanto la forza delle nostre braccia, tirando pugni a destra e a sinistra, con una potenza che si fa esponenziale in base alla larghezza dello swing che eserciteremo. Vien da sé che Underdogs risulta quindi un gioco faticoso, soprattutto dopo lunghe sessioni, ma la soddisfazione data dal rapporto 1:1 tra la nostra fatica e quella del protagonista rende l’esperienza ancora più esaltante.
Ma la vera idea vincente dell’operazione è quando gli scontri si fermano, e dovremo decidere cosa far fare ai nostri protagonisti per tutta la giornata, per un massimo di tre spostamenti prima dello scontro successivo. Avremo sempre due possibilità randomiche, che ci proporranno scavenging in zone pericolose, acquisti nei negozi, scambio di informazioni, riparazione del nostro veicolo, gioco d’azzardo e così via. Chiaramente è tutto raccontato attraverso una manciata di testi e qualche immagine, ma le ripercussioni delle nostre azioni si ripercuoteranno sempre sul combattimento di fine giornata, e questo rende il game loop stimolante e originale come pochi rogue-like sono riusciti a fare recentemente. Durante le nostre uscite recupereremo anche, ovviamente, pezzi di mech da montare sul nostro bestione, che ci permetteranno di usare decine di strategie diverse per vincere gli scontri. Ci sarà chi punterà sulla forza bruta dei propi pugni, chi deciderà di utilizzare una lama e un grip per prendere i propri avversari, o chi vorrà invece sfruttare i buff restituiti da oggetti che permettono di stordire o elettrizzare l’avversario.
È quindi un gameplay semplice, ma soddisfacente e carnale, che ci restituisce una visione inedita di un genere che stava iniziando a ripetersi con troppa insistenza nel contesto della realtà virtuale. C’è però un problema, un problema che Underdogs si crea autonomamente, ed è che a un certo punto ci inizia a proporre sezioni che assomigliano più a un’avventura dritta, che a un brawler dentro a piccole arene. Il titolo di One Hamsa ci propone infatti anche una serie di sezioni in cui muoverci e procedere dentro a lunghi corridoi con mostri sempre più temibili, che ci dimostrano quanto sarebbe stato bello avere tra le mani un Underdogs tutto così. Le arene sono divertenti, è indubbio, ma sulla lunga potrebbero stancare, e sarebbe stato decisamente più stimolante muoversi fisicamente dentro New Brakka, come in un classico action adventure in realtà virtuale, che, grazie al suo gameplay e alla sua estetica, sarebbe potuto davvero essere un videogioco da top ten della storia del medium.
A tal proposito, non vi ho ancora parlato dell’elemento forse più forte di Underdogs: il suo mondo unico e irresistibile. La direzione artistica è fenomenale, e tra l’altro molto intelligente nello sfruttare un hardware come quello di Quest, che fa sempre fatica a gestire design dall’approccio più realistico, come ad esempio in Hubris o in Asgard’s Wrath 2. Qualche calo di framerate devo dire che c’è, ma nulla che vada a inficiare un’esperienza puramente visiva davvero eccezionale. Aiuta poi una colonna sonora clamorosa, che unisce con grazia il rap giamaicano alla drum & bass, e una serie di fumetti che vanno a caratterizzare ambienti e personaggi, facendoci respirare davvero l’aria di New Brakka. Un’estetica così azzeccata non la vedevo davvero da un po’, e quindi chapeau per One Hamsa, che ci restituisce una delle cose più belle da vedere dentro a un visore per realtà virtuale.
Underdogs è un ottimo rogue-like: soddisfacente, originale e ricco di personalità. Purtroppo, alla fine, è “solo” un rogue-like, quando forse – con un po’ più di budget e di tempo – poteva puntare a essere qualcosa di ancora più alto. In ogni caso, nel genere, può serenamente sedersi al tavolo dei vincitori, lì dove stanno In Death, The Light Brigade e Ancient Dungeon. Se avete un Meta Quest o un visore PCVR, dovreste decisamente dare una chance a quello che potremmo già definire il titolo più interessante di questa stagione.
Underdogs è disponibile dal 25 gennaio su Meta Quest e Steam.
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