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Alla ricerca del visore perfetto (prima parte)

La presentazione del nuovo HP Reverb G2 ha riacceso gli animi di chi nella realtà virtuale, oltre al videogioco o all’esperienza, cerca il gadget in grado di esaudire i suoi desideri. Tra chi si sente già soddisfatto con quello che offre il mercato e chi invece ritiene ancora ampiamente alzabile l’asticella, cercherò di rispondere alla domanda definitiva: esiste oggi il visore perfetto? In questa prima parte andrò ad analizzare gli aspetti più tecnici e tecnologici, per poi concentrarmi con un secondo articolo sugli aspetti più “terra terra” come comfort, semplicità d’uso e prezzo.

Comparazione tra la risoluzione dei display di vari visori presenti sul mercato (fonte wikipedia)

La soluzione tecnologica perfetta per un visore VR è concettualmente abbastanza semplice: occorre pareggiare la risoluzione e il campo visivo dei nostri occhi. Se i display non hanno una risoluzione sufficientemente elevata vedremo sempre quell’effetto zanzariera osservando qualcosa attraverso il visore, oltre a perdere la definizione dei dettagli più piccoli. Inoltre se le lenti non ci permettono di coprire tutto il nostro campo visivo noteremo sempre dei bordi neri con la vista periferica. Sebbene le capacità visive variano da individuo ad individuo, alcuni studi hanno dimostrato che l’occhio umano non riesce a riconoscere i pixel di un display sotto la soglia di 0.3 minuti d’arco. Un minuto d’arco corrisponde a 1/60 di grado, quindi possiamo affermare che la risoluzione dell’occhio umano è di circa 200 PPD (cioè pixel per grado). In realtà questo valore così elevato è calcolato sulla base della capacità di distinguere un pixel bianco da un adiacente pixel nero. Quando usufruiamo di un medium su un display non ci capiterà praticamente mai di trovarci in questa situazione (che potrebbe corrispondere per esempio ad osservare un cielo stellato). In una situazione di visione normale, come guardare un film o di un videogioco, è stato dimostrato che una vista perfettamente sana non distingue i pixel oltre i 60 PPD, che sarebbe come osservare una TV 4K 55 pollici da un metro di distanza circa. Il campo visivo invece (FOV, cioè Field of View) di una persona media è di circa 200 gradi in orizzontale e 130 gradi in verticale. Nel FOV orizzontale però solo 120 gradi sono coperti dalla vista binoculare, la restante parte la vediamo con un solo occhio.

Schema del FOV della vista umana (fonte)

La densità di pixel ottimale per uno schermo piatto è facile da calcolare, anzi ci sono parecchi tool online che lo fanno inserendo semplicemente i dati, come quello di Nvidia. Nel caso dei visori VR invece il calcolo è più complesso, perché l’immagine non copre uniformemente tutti i pixel del display ma viene distorta per permettere una corretta visualizzazione con le lenti. Inoltre i costruttori come valore di FOV forniscono quasi sempre quello diagonale totale, ma l’immagine in realtà, anche se un visore possiede un solo schermo, è sempre sdoppiata per garantire la stereoscopia. Quindi il valore di PPD che si può calcolare è sempre abbastanza approssimativo, a meno di non utilizzare particolari strumenti per trovare il FOV reale. I valori che ho calcolato e che elencherò in seguito quindi servono solo a farsi un’idea delle proporzioni, non vanno presi come un numero preciso e assoluto. Consideriamo come esempio proprio il nuovo HP Reverb G2: esso avrà due schermi con risoluzione 2160×2160 pixel ciascuno, con un FOV diagonale di circa 114 gradi. Facendo i conti avremo quindi un valore di circa 21.2 PPD, poco più di 1/3 della risoluzione che servirebbe per pareggiare l’occhio umano (considerando il valore più realistico di 60 PPD). Come metro di paragone l’Oculus Rift CV1 ha una risoluzione di circa 12.4 PPD mentre il Rift S di 13.4 PPD. Con buona approssimazione possiamo dire che la qualità visiva del nuovo visore HP sarà come quella di un monitor full HD di 42 pollici guardato ad una distanza di 45 cm circa. Per quando riguarda il FOV, quello diagonale della vista umana è di circa 240 o poco meno. Il Reverb G2 quindi con i suoi 114 gradi ne coprirà meno della metà, i 2/3 se consideriamo solo il FOV binoculare. Chiaro che HP dovendo vendere il suo visore a 599 dollari non poteva permettersi scelte di design più estreme. 

Il nuovo HP Reverb G2

Senza limiti di prezzo però c’è un visore che al giorno d’oggi riesce a pareggiare risoluzione e FOV della vista umana? L’azienda che più sta puntando a questo, cercando di mantenere i prezzi consoni ad in mercato consumer, è sicuramente Pimax. Il prossimo all’uscita top di gamma dell’azienda cinese – il Vision 8K X – avrà una risoluzione di 3840×2160 per occhio, per 200 gradi di FOV.  Facendo anche qui i conti risulta un valore che sfiora i 20 PPD, sulla falsariga del Reverb G2. L’immenso FOV che coprirà quasi tutto il nostro campo visivo porta però a dover adottare schermi più grandi, con lenti particolari create “ad hoc” e correzioni software per eliminare le distorsioni. Il risultato è un visore ingombrante e un po’ scomodo da indossare, nonostante l’utilizzo di plastiche leggere non lo renda particolarmente pesante. Ma il macigno più importante del Vision 8k X è sicuramente il prezzo: 1299 dollari per il solo visore. Un conto salato ma quasi inevitabile se si vuole ottenere un FOV così ampio. 

Il Pimax 8K X

Niente a che vedere comunque con il prezzo che dobbiamo pagare per ottenere ad oggi la risoluzione di 60 PPD, come detto prima quel valore considerato il minimo indispensabile per non riconoscere più i pixel. Esiste un’azienda finlandese di nome Varjo che è riuscita a sviluppare una tecnologia in grado di soddisfare questa esigenza, tra l’altro utilizzando display con risoluzione inferiore a quelli del Pimax 8K. Gli ingegneri di Varjo infatti hanno sfruttato per così dire un punto debole della vista umana: infatti oltre i 20 gradi dal centro della pupilla la capacità visiva diminuisce di circa 1\10. Per cui possiamo dire che oltre i 40 gradi di FOV circa è sufficiente una risoluzione di soli 6 PPD. Gli sviluppatori finlandesi hanno creato quindi un doppio display per occhio, che combina un micro-OLED con risoluzione di 1920×1080 ma una densità di 3000 ppi (pixel per pollice) con un AMOLED con risoluzione di 1440×1600. Per permettere ai nostri occhi di focalizzare sempre al meglio il micro-display centrale sono state utilizzate delle lenti pancake in vetro personalizzate. Questa soluzione però ha due punti deboli: la configurazione dei display è fissa, quindi se spostiamo le pupille tenendo ferma la testa la risoluzione per forza di cose degrada (un po’ come succede nei giochi che utilizzano la tecnica del Fovetead Rendering, per esempio Vader Immortal su Oculus Quest). Inoltre il FOV è di soli 87 gradi, veramente basso anche se confrontato con visori molto più economici. Il Varjo VR-2 infatti costa ben 4995 euro, che lo rende un prodotto adatto solo all’utenza business.

Il Varjo VR-2

Quindi cercando di arrivare ad una conclusione, esiste oggi il visore tecnologicamente perfetto? La risposta è purtroppo o per fortuna ancora un secco no, anche se non si hanno limiti di budget. Per fortuna perché ciò vuol dire che l’esperienza in realtà virtuale, già ora pazzesca, è ancora lontana dal massimo possibile. Purtroppo perché fino a che la visuale dentro ad un visore non sarà paragonabile almeno ad una TV full HD (guardata alla corretta distanza), con un FOV ampio abbastanza da evitare il più possibile l’effetto “maschera da sub”, la massa continuerà a preferire il proprio schermo piatto perché “si vede meglio”. Non facciamo però l’errore di pensare che non metteremo mai le mani sopra il visore perfetto. I già citati prodotti di Pimax e HP infatti alzano parecchio l’asticella e sono visori concretamente acquistabili oggi (anche se con ancora molte incognite). Molte soluzioni che risolvono sfide tecniche sono già state trovate, come gli alti refresh rate degli schermi per evitare il malessere, o gli speciali diffusori acustici del Valve Index (che saranno presenti anche nel Reverb G2) che garantiscono un audio 3D completamente immersivo. Inoltre aziende con molte più risorse come Oculus stanno già lavorando a soluzioni per il futuro, come lenti a focale variabile che, assieme all’eye tracking, permetteranno una visione più nitida, un FOV maggiore e minore spreco di risorse computazionali. Se quindi dal punto di vista tecnologico non si è ancora arrivati alla perfezione, analizzando altri fattori come ergonomia, facilità d’uso e soprattutto prezzo, esiste un visore che mette tutti d’accordo? Lo scopriremo nella seconda parte della nostra ricerca del visore perfetto, a presto!






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Alessio «Back To VR» Menegazzi

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