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Apple Vision Pro: la recensione

L’Apple Vision Pro è il visore più futuristico che abbiamo mai visto, eppure – spendendo un decimo – abbiamo già accesso ad headset che permettono di fare quasi le stesse cose, e molto di più. Ma andiamo con ordine: Il Vision Pro è il primo headset targato Apple, ma – attenzione – non è un visore per realtà virtuale, realtà aumentata o XR. L’azienda di Cupertino apre le danze, attraverso il suo ultimo gioielli tecnologico, al concetto di Spatial Computing, ovvero un device che ha tutte le potenzialità – o quasi – di un Mac, ma che si fruisce attraverso lo spazio intorno a noi, e non semplicemente attraverso un monitor. Questa è una differenza abbastanza importante, forse dettata dalla volontà di staccarsi in partenza da prodotti che stanno facendo fatica a bucare il mercato, ma che risulta chiara e definita nel momento in cui andiamo ad accendere per la prima volta il visore.

Partiamo dalla domanda che si stanno facendo tutti: perché Apple Vision Pro costa 3500? Sono giustificati, o è il “solito” rincaro che piace tanto rinfacciare agli haters della grande mela? Partiamo da un presupposto: sono un utente Apple, e mai nella vita tornerei indietro. Di smartphone ne ho avuti tanti, ma nessuno è mai riuscito a restituirmi la velocità d’utilizzo, l’accessibilità e la bellezza di un iPhone; il PC lo uso da quando sono nato, e continuo – mio malgrado – a utilizzarlo, ma non ho mai avuto un’esperienza piacevole e scevra da problematiche come coi Mac; ho avuto qualche tablet android, ma alla fine mi sono sempre fiondato su un iPad, per gli stessi motivi sopracitati e più.
Questo non vuol dire che non riconosca i difetti di tutto l’ecosistema Apple. Per offrire al pubblico un’esperienza flawless come sanno fare soltanto i prodotti dell’azienda che fu capitanata da Steve Jobs è necessario fare delle rinunce. Via le applicazioni di terze parti, a meno che non superino un controllo qualità tra i più severi nel contesto informatico; nessuna possibilità di personalizzare al cento per cento la propria esperienza utente, se non attraverso le possibilità offerte di fabbrica; incompatibilità (quasi) assoluta con qualsiasi hardware che non sia marchiato Apple.
Sono rinunce importanti? Sì. Da utente Apple che apprezza proprio l’idea del “limitato ma raffinato”, questi limiti, mi pesano? Assolutamente no.

E questo dice già molto, rispetto al pubblico a cui si rivolge un visore che, di fatto, di sovrapprezzato non ha proprio niente. A partire dal pannello più straordinario che abbiamo mai visto su un headset per quanto concerne risoluzione e profondità del colore, per passare alla qualità costruttiva del device, un sistema operativo mai così reattivo, delle lenti che hanno quasi del miracoloso e un comfort eccellente. Tutto quello che c’è dentro a Vision Pro non solo è chiaramente frutto di anni di ricerca e sviluppo nel contesto degli headset consumer, ma è anche straordinariamente costoso anche, banalmente, nella sua componentistica. E quindi sì, Apple Vision Pro vale 3500 dollari. Ma li vale per chi?

Come dicevo in apertura Apple Vision Pro non è un visore per realtà virtuale, e non è nato chiaramente per fruire di esperienze videoludiche. Questo potrebbe un po’ scombussolare le idee di chi si è approcciato per la prima volta a un headset soltanto per poter vivere dal suo interno esperienze ludiche vicine – o meno – alla loro controparte flat. E quindi, milioni e milioni di appassionati nel mondo, si sono chiesti: che cosa ci posso fare con il visore di Apple? Ho ragionato a lungo sulle potenzialità di un headset come questo, e ho dovuto allontanarmi dall’idea di visore come in questi anni l’hanno inteso Meta, PlayStation e altri. E ho quindi pensato: cosa ci puoi fare con un iPhone? Cosa ci puoi fare con un iPad? Cosa ci puoi fare con un Mac? Potenzialmente qualsiasi cosa, ma all’atto pratico quello che ci fanno le persone comuni è scambiarsi messaggi, navigare su internet e sui social, rispondere alle mail e compilare qualche documento. Che vi piaccia o meno, esistono lì fuori milioni di  persone che hanno speso migliaia di euro per un MacBook semplicemente per segnarsi gli appunti durante le lezioni in università, o per compliare pagine e pagine di Excel a lavoro. E sapete che c’è? Va benissimo così, perché è indubbio che un prodotto Apple sia estremamente più accessibile di un qualunque altro competitor, e oggi l’accessibilità vale molto più della forza bruta di una RTX 4090. E quindi Apple Vision Pro mantiene la medesima filosofia: puoi navigare su internet, farci videochiamate, guardarci film, utilizzare molte delle app già disponibili su iPhone e iPad, e farti stupire da qualche software creato su misura, capace di restituirti tutta la forza straordinaria della realtà virtuale. Quello che cambia è il come navighiamo su internet, come facciamo le videochiamate e come guardiamo i film. E anche come lavoriamo, ma su quello ci arriviamo tra poco.

Mettersi un Apple Vision Pro in testa vuol dire davvero entrare in un’altra dimensione, molto più che con un Meta Quest o un Playstation VR2, perché è una dimensione che nasce dalla convergenza tra la nostra realtà e una realtà fittizia, eppure più reale che mai. Immaginate quindi lo stupore, una volta avviato, di ritrovarvi davanti a un menù così ben integrato dentro alla vostra realtà da sembrarvi quasi tangibile, come se quello che fino a poco prima stava sullo schermo del vostro iPhone si fosse materializzato di fronte ai vostri occhi, dentro al vostro spazio reale. Questo funziona grazie a una serie di telecamere e sensori montate sopra all’headset che riescono a ricostruire tutto ciò che abbiamo intorno con una fedelatà, a oggi, mai vista. Non stiamo parlando di occhiali magici che proiettano elementi dentro al reale, ma di due pannelli da 4K circa per occhio, che riproducono in maniera estremamente fedele l’immagine che viene catturata dalle videocamere dell’headset. Quello che vediamo è quindi una ricostruzione, esattamente come succede con un visore come il Meta Quest 3, con la differenza che l’effetto del cosiddetto passthrough è decisamente migliore. Perfetto? Purtroppo ancora no, perché è quasi indistinguibile dal reale in condizioni di luce perfette, in una stanza illuminata in maniera uniforme dalla luce del sole. Quando invece il sole scende e dovrete ricorrere a fonti di luce artificiali, è lì che il Vision Pro perde un po’ la sua magia, e sarete costretti a guardare al vostro spazio circostante con una grana importante, e una scia simile a quella della fotocamera dell’iPhone quando le condizioni di luce non sono ottimali. Questo succede perché il sensore delle camere deve chiaramente stare dentro a un device molto piccolo, quando servirebbero cinque o sei reflex ad ampio sensore attaccate tra di loro per riuscire a restituirci una fedeltà dell’immagine realistica, anche in condizioni di scarsa luminosità. È  un elemento sicuramente fastidioso, soprattutto se deciderete di usare il Vision Pro durante le ultime ore della giornata, ma vedendo dal Meta Quest 3, che aveva promesso una qualità del passthrough di alto livello e si è invece dimostrato poco più che mediocre, il visore di Apple risulta comunque un grande passo in avanti verso la ricostruzione fedele in realtà aumentata.

Superato lo stupore del passtrought si passa al sistema di comando di tutto l’OS. Se tutti i visori in commercio fanno uso di due controller tracciati nello spazio per permetterci di navigare il sistema operativo e usare le app, Vision Pro fa una scelta drastica: niente controller, soltanto hand tracking. Questo vuol dire che ogni operazione, dentro al visore di Apple, si compie semplicemente puntando l’occhio verso l’elemento che si desidera selezionare ed effettuando un cosiddetto pinch, ovvero il gesto di unire indice e pollice, che funziona esattamente come il click del mouse. È più facile a farlo che a spiegarlo, ma vi assicuro che è un sistema a cui ci si abitua letteralmente in dieci minuti, e che risulta naturale tanto quanto oggi ci risulta il touch screen, ma con molto meno tempo per interiorizzarlo. Purtroppo ogni volto è diverso, e ogni volta che passerete il visore a qualcuno sarà necessario ricalibrare la distanza interpupillare e l’eye tracking, ma la velocità attraverso cui si è pronti per l’utilizzo non ha sinceramente eguali. Purtroppo l’elemento legato all’eye tracking, oltre che le dimensioni estremamente ridotte del device, rendono però impossibile l’utilizzo di Vision Pro con gli occhiali, e chi soffre di miopia o astigmatismo dovrà ricorrere alle lenti a contatto, o alle lenti Zeiss ufficiali, da ordinare direttamente dal sito Apple e che – come il visore, a oggi – vengono spedite soltanto negli Stati Uniti.

Da segnalare, a tal proposito, che anche la mascherina proprietaria dell’headset, che serve a coprire tutto il volto per evitare incursioni di luce, viene progettata su misura dopo uno scan autonomo attraverso iPhone, che vi viene richiesto prima dell’acquisto in negozio o durante l’ordine online. È un sistema che vi permette di avere un visore che si adatta completamente alla vostra fisicità, sia per quanto riguarda la maschera e l’eventuale utilizzo di lenti graduate, sia per quanto riguarda la fascia, disponibile in tre diverse dimensioni e due differenti forme.

Nonostante non sia mai stato un grande fan della fascia elastica, come quella che esce di serie su Meta Quest, devo dire che la fascia in micro fibra di Apple Vision Pro fa un lavoro eccezionale nel riuscire a mantenere in equilibrio gli oltre 600 grammi di visore che sarete costretti a portarvi addosso. Seicento grammi sembrano molti, e lo sono, tanto che dopo qualche ora in compagnia di Vision Pro il peso si è fatto sentire tanto quanto mi succede con Meta Quest 3, ma devo dire che la fascia proprietaria riesce a fare un lavoro migliore di qualsiasi altra fascia montata di serie su un headset VR. Non siamo ancora arrivati al comfort del RayBan Stories, ma la direzione è sicuramente quella giusta.
A tal proposito, sono molto d’accordo con l’idea di eliminare il peso della batteria dall’headset, per relegarla a una sorta di battery pack esterno, da tenere sempre in tasca e collegato con un cavo al visore. Sebbene a una prima occhiata possa sembrare un’escamotage un po’ cheap, la verità è che una batteria in tasca non pesa niente, mentre altre centinaia di grammi sulla fronte avrebbero reso il Vision Pro sostanzialmente impossibile da utilizzare. La colpa, se così vogliamo chiamarla, è anche di una parete esterna in vetro che non avevamo mai visto su un headset, che aggiunge del peso importante, ma che restituisce anche al visore un look unico se visto dall’esterno. 

Lo schermo esteriore serve infatti per riprodurre i vostri occhi a chi non può vederli, che vengono catturati da un sistema di camere attraverso cui viene ricostruito il vostro Persona. Il Persona è sostanzialmente un evoluzione del Memoji di iPhone & co, che viene in questo caso costruito a partire da uno scan che fa direttamente l’headset, dando vita a un avatar il più realistico e somigliante possibile. Il risultato è sbalorditivo, quanto inquietante. Da una parte è quasi miracoloso che un avatar di quella qualità venga creato in pochi secondi da un device consumer com’è Vision Pro, e la fedeltà restituita dai movimenti del volto è tra le migliori cose che ho mai visto nel campo. Dall’altra, però, il look dei Persona – non potendo lavorare in maniera così raffinata sul dettaglio – assomiglia a quello un po’ spaventoso che associamo ai liminal space di recente memoria. Già con il primo aggiornamento dalla v1 alla v1.1 sono stati fatti dei miglioramenti, ma ancora di strada da fare, per arrivare a degli avatar realistici in tutto e per tutto, ce n’è. Interessante però la possibilità di usare il proprio Persona durante le call, sia con altre persone che stanno utilizzando il Vision Pro, sia con utenti mobile o desktop. Il risultato, quantomeno, è esilarante.

Tutt’altro che esilarante è invece quello che succede ruotando la royal crown, già vista negli apple watch, e qui posizionata nella parte superiore del visore. Vi ho parlato fino ad ora di un headset che lavora sostanzialmente sull’AR, e che integra elementi virtuali dentro al vostro spazio reale. La cosa bella, però, è che sta a voi decidere quanto “reale” lasciare al vostro campo visivo. Ruotando la corona decideremo infatti quanto occludere con un ambiente digitale del nostro spazio, a partire da un piccolo sfondo di fronte a noi, fino a ritrovarci completamente immersi dentro a uno splendido deserto, una collina innevata, la superfice lunare. Questo piccolo gesto ci lascia quindi la possibilità di decidere se, come e quanto isolarci rispetto al nostro spazio fisico, permettendoci di lavorare prima su più schermi posizionati dentro casa, per poi magari piazzarci sul letto, “trasferirci” dall’altra parte del mondo, e scrollare Instagram o guardare un film.

E a proposito di film, uno dei selling point di Vision Pro è stato proprio la fruizione dei contenuti multimediali. Ora, qui ci sarebbe da aprire una grossa parentesi a riguardo, perché con tutti gli altri visore standalone e PCVR, sostanzialmente, si può già fare da molti anni. Con il Meta Quest, uno, due o tre che sia, si possono utilizzare nativamente le app di Netflix o di Prime Video per guardare tutto il catalogo dentro a uno spazio digitale, con un grosso schermo di fronte a noi. Possiamo però anche aprire BigScreen, infilarci dentro a una sala cinematografica e far partire qualsiasi file che decidiamo di caricare autonomamente sull’headset, oltre che stremmare il nostro desktop da remoto per guardare film da siti di streaming e piattaforme. Apple, essendo molto più chiusa in questo senso, non ci permette di decidere autonomamente quali piattaforme usare o cosa caricare sull’headset, ma ci da – a oggi – la possibilità di guardare tutto il catalogo Apple TV e Disney Plus da un’app proprietaria che, a livello di finezze e qualità, è sinceramente anni luce rispetto alle versioni di Netflix e Prime Video che troviamo oggi su Quest. Qual è quindi la differenza? La differenza è che con gli altri visori possiamo fare quella cosa lì, ma maluccio attraverso le app ufficiali, e con qualche passaggio di troppo con i software di terze parti; con Vision Pro, invece, ci basta aprire Disney Plus, scegliere un ambiente e far partire un film. La bellezza di Disney Plus sta poi anche nei dettagli. Se deciderete di guardare un film dentro alla Marvel Tower, ad esempio, sui titoli di testa l’ambiente passerà a una modalità notturna estremamente suggestiva, che aggiunge immersività all’intera esperienza. Rimane il problema della compressione, percettibile ma accettabile sui film in 2D, mentre – per ora – ancora un po’ troppo sporca sulla fruizione di contenuti 3D, che potrebbero tuttavia riprendere piede nel tempo proprio grazie alla spinta di un visore come questo.

Sempre a proposito di contenuti, l’headset di Apple offre – tra le varie esperienze – anche dei piccoli corti in 3D che si integrano con l’ambiente da far esplodere il cervello. Encounter Dinosaurs dimostra non solo quanto sia fedele l’integrazione tra reale e virtuale, facendo letteralmente entrare un dinosauro dentro casa vostra, ma dimostra anche quanto quel pannello sia letteralmente ciò che di più definito abbiamo mai visto nella vita. Anche l’audio, in questo senso, è davvero eccezionale, molto simile alla qualità delle AirPods Pro e decisamente migliore del già ottimo audio di Meta Quest 3. E ovviamente è tutto integrato nel visore, senza la necessità di mettersi delle cuffie. Interessante poi la presenza di una serie di app che potrebbero diventare uno standard dentro a settori lavorativi molto specifici, come quella che ti permette di “aprire” un modello 3D 1:1 di una Ferrari o di un motore. È un piccolo assaggio di un futuro non troppo lontano, che dimostra però quanto Apple Vision Pro possa diventare, nel tempo, uno strumento di lavoro paragonabile al PC o allo smartphone.

A tal proposito, forse il miglior utilizzo che è possibile fare a oggi del Vision Pro è proprio legato al lavoro. Sostanzialmente, prevede che continuiate a usare un Mac, che però si aggancia in automatico al visore per restituirvi uno schermo estremamente più grande, posizionabile ovunque nella vostra stanza. Se vi sembra una sciocchezza, pensate a chi lavora con un MacBook Air da 13 pollici, che ha oggi la possibilità non solo di avere uno schermo più grande senza sacrificare spazio in casa, ma anche di aggiungere, intorno al proprio cono visivo, altre tab direttamente dal Vision Pro. Sul Mac non è possibile creare più schermi virtuali a partire da un unico monitor attaccato alla macchina, ma attraverso l’headset di Apple possiamo avere il nostro unico monitor virtuale di fronte, per poi aprirci Safari da un’altra parte, magari Telegram di fianco, e un blocco note vicino alla tastiera. La nostra postazione di lavoro diventa quindi un vero e proprio spazio multitasking, che ci permette di rimanere concentrati su ciò che stiamo facendo senza cambiare device, e senza più la necessita di aprire diverse applicazioni su un’unica finestra. Il risultato è sorprendente, soprattutto se il proprio lavoro necessita di tenere d’occhio più elementi durante la realizzazione di un singolo output.

L’unico problema di lavorare per molte ore con Vision Pro, oltre che il peso dell’headset sulla lunga durata, è la batteria. Come anticipato, il visore di Apple ha optato per una batteria esterna che ha una durata media di due, tre ore scarse. Certo, se la nostra postazione di lavoro è in casa possiamo serenamente collegare la batteria a una presa della corrente, in modo da non scaricare mai il visore, ma se decideremo di andare a lavorare, ad esempio, in un bar o in uno spazio condiviso, la necessità di avere sempre una presa della corrente vicino potrebbe rivelarsi un problema. 

La batteria non è invece un problema per le nuove possibilità offerte dalla lettura in tempo reale dello spazio, che ci permette di muoverci liberamente e addirittura andare in giro, fare la spesa, andare a berci un caffè. Ora, io questi meme che girano ultimamente in cui vediamo persone in metro con il Vision Pro con sotto della musica drammatica e un grande testo che cita “dove andremo a finire” non li capisco. Mi sembrano nascere da una mentalità vecchia, che probabilmente pensava la stessa cosa quando si iniziavano a vedere la gente china sul proprio smartphone in metropolitana. Non faccio parte di quella categoria, ve lo assicuro, ma ammetto anche che – personalmente – non andrei mai per strada con un Vision Pro. Potrebbe essere perché non è ancora una cosa socialmente accettata, potrebbe essere perché non so sinceramente cosa può darmi a oggi rispetto a uno smartphone, o forse, più probabilmente, potrebbe essere perché credo che con un passthrough che non ha ancora raggiunto una fedeltà 1:1 potrebbe semplicemente essere pericoloso. Magari tra qualche anno noi tutti andremo in giro con un visore AR che avrà sostituito lo smartphone, l’apple watch e così via, ma quel giorno, probabilmente, non è oggi. Di fatto Apple Vision Pro nasce per una fruizione da casa o da ufficio, prevalentemente da seduto o fermo dentro a un piccolo spazio circoscritto, tanto che molte delle app, una volta riconosciuta la posizione, ti impediscono di uscire di più di un metro rispetto al punto di ancoraggio iniziale. È straordinaria però, in questo senso, l’analisi in tempo reale dello spazio, tanto che se deciderete di occludere totalmente la vostra stanza reale in favore di uno spazio digitale, quando vi avvicinerete a un muro, a un tavolo, o se una persona si avvicinerà a voi, vedrete questi elementi in trasparenza apparire gradualmente dentro alla vostra area. Straordinaria anche la possibilità di ancorare le finestre nello spazio che rimangono lì, fisse per sempre e a prescindere da quello che farete con il visore. È un grande passo in avanti rispetto al guardian, oramai un po’ demodè, di Meta Quest e analoghi, perché non ha bisogno che gli si indichi manualmente qual è il vostro spazio: Apple Vision Pro lo conosce già.

Mi stavo quasi dimenticando di un elemento che per molti potrebbe essere addirittura un  vero e proprio selling point: gli spatial video. Di fatto si tratta di video in tre dimensioni che è possibile catturare sia attraverso il Vision Pro, sia attraverso un iPhone 15 pro. La grande trovata di questi video, che lavorano su un codec proprietario in grado di girare sia in flat che sul visore, è la possibilità di “aprire” il video ed eliminare i suoi bordi, percependolo quindi come una sorta di modello in tre dimensioni. L’effetto è davvero eccellente, tanto che l’headset di Apple potrebbe trasformarsi nel tempo anche in una semplice macchina dei ricordi, da rivivere in maniera semi-realistica, attraverso un senso di presenza raramente visto con i classici video a centottanta gradi.

Dedico anche due parole al gaming, nonostante non sia stato chiaramente conteplato da Apple e nonostante il Vision Pro non assomigli per niente a Meta Quest 3, in quanto a pubblico di riferimento e direzione del software. Però siamo su VR Italia, e qui si parla quasi esclusivamente di gaming, quindi mi sembra giusto ribadirvi quantomeno che no, con l’Apple Vision Pro non ci si può giocare. O quasi. Chiaramente non è possibile collegarlo ad alcuna console o al PC per l’utilizzo via Steam, lo store non è minimamente paragonabile a quello di Meta Quest e la mancanza totale di controller ci fa pensare che il Vision Pro non diventerà mai un punto di riferimento per gli appassionati di videogiochi. Tuttavia qualcuno ci sta provando, e sull’Apple Store sono già disponibili una manciata di giochi in realtà mista che dimostrano come delle potenzialità, il Vision Pro, le possa avere anche sul fronte del gaming. A oggi abbiamo una versione proprietaria di What The Golf?, Puzzling Places, Synth Riders, Fruit Ninja e pochi altri. Giochi che funzionano estremamente meglio nella loro versione Meta Quest, PCVR o PlayStation VR2, e che non risultano particolarmente divertenti se giocati attraverso il Vision Pro, ma la reattività dell’hand tracking, la lettura in tempo reale dello spazio e la bellezza del pannello mi fanno pensare che questo sia soltanto la punta dell’iceberg di un linguaggio che potrebbe essere esplorato anche qui con grande dignità. Succederà, forse, quando i visori Apple diventeranno alla portata di tutti, e allora per un publisher o un developer avrà senso investire anche nel suo store proprietario, ma – per ora – teniamo semplicemente gli occhi aperti: qualcosa, nei prossimi mesi, potrebbe succedere.

Apple Vision Pro, per ora, è stato lanciato esclusivamente negli Stati Uniti a un prezzo di 3500 dollari. Come abbiamo già detto è un prezzo importante ma giustificato, ma perché lanciarlo soltanto nel continente americano? Le teorie sono molte, e non credo abbia senso discuterle qui, ma vi basti pensare che se volete acquistare l’headset Apple oggi, dall’Italia, dovrete necessariamente fare un salto verso la costa più vicina – in questo caso New York – e andare a ritirarvelo manualmente, esattamente come abbiamo fatto noi. Ne vale la pena, prima del lancio europeo? No, a meno che non siate patiti estremi di tecnologia e i soldi da investire in una cosa del genere non vi pesano minimamente, potete serenamente aspettare l’arrivo di Vision Pro in Europa, magari con qualche aggiornamento in più e uno store più ricco.

La domanda ultima quindi è: quanto vale questo Apple Vision Pro? La risposta è molto semplice: 3500 dollari. La domanda più corretta di tutte è quindi: quanto valgono, per voi, 3500 dollari? Se la risposta è poco, allora il visore di Apple vi restituisce uno sguardo sul futuro straordinario, il pannello più avanguardistico che esiste a oggi sul mercato, una facilità d’utilizzo mai vista per un headset VR, AR, o Spatial Computing, in base a come volete chiamarlo. È un visore che, a oggi, vi permette di fare una manciata di cose, ma le fa tutte molto bene, e potrebbe addirittura finire per sostituire in toto alcune postazioni di lavoro che necessitano di più schermi o supporti per facilitare il workflow. Se invece la risposta è tanto, allora Vision Pro può esser serenamente ancora guardato da lontano, con la curiosità di capire a cosa ci porterà in futuro, e quali, dei suoi pochi ma straordinari elementi, vorreste trovare su visori di fascia più economica, e magari più votati al gaming. Se il vostro interesse è infatti legato esclusivamente ai videogiochi, ovviamente Apple Vision Pro non vi servirà a un bel niente, se non a sognare ciò che può diventare nel tempo la mixed reality di Meta Quest. In ogni caso, dal mio punto di vista, è un bene che un visore come questo sia entrato di forza nel mercato, perché è riuscito, e sta riuscendo, a incuriosire tutta una fetta di pubblico che era rimasta lontana da un concetto di intrattenimento a noi è caro, e che ognuno ha il diritto di vivere con l’headset che meglio rispecchia le proprie esigenze.






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Alessandro Redaelli

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