Asgard’s Wrath – recensione e video recensione (Oculus Rift)

Prima del loro esordio in realtà virtuale grazie ad Oculus con Ripcoil, non è un caso che i ragazzi di Sanzaru Games abbiano passato un decennio nella produzione di seguiti e remastered di grossi franchise console. Ancora meno, stupisce il fatto che una delle ultime rimasterizzazioni a cui hanno lavorato è proprio la trilogia di God of War, saga a cui i nostri si sono chiaramente ispirati nella realizzazione del loro primo, vero, blockbuster: Asgard’s Wrath.

Nei panni di un giovane dio capace di tramutare gli animali in possenti macchine da guerra, agiremo sotto l’ala protettrice di Loki, in un pastiche che mischia in modo affascinante gran parte della mitologia norrena, scontrandoci con location e personaggi ben saldi nel nostro immaginario collettivo.
Il nostro alter-ego sarà inoltre capace di impossessarsi di qualunque essere umano, ed è per questo che inizieremo ad agire nei panni di cinque personaggi chiave che muoveranno le fila dell’avventura; per poi tornare alla nostra vera forma ogni qualvolta ne avremo la necessità.

Arrivando direttamente dalla trilogia di Santa Monica e da quel Marvel Power United che non è riuscito a far breccia fino in fondo, Sanzaru Games ha chiaramente sviluppato una certa sensibilità, vicina soprattutto al videogioco d’azione che gioca prevalentemente con il senso di scala.
Asgard’s Wrath si apre infatti con uno dei combattimenti più memorabili della storia della VR, buttandoci in medias res dentro ad un oceano in lotta con un gigantesco Kraken.
Il prologo svela subito l’aspetto più riuscito dell’ultima esclusiva Oculus Rift: quelle battaglie spettacolari e scriptate, non particolarmente ostiche sul fronte ludico ma davvero tre passi avanti rispetto a quello che abbiamo visto fino ad oggi.

Da qui inizierà quindi il nostro lungo viaggio, portandoci prima ad Aegir – locanda popolata da dei e guerrieri che si farà hub centrale – e poi nelle terre di Midgard, in cui inizierà la prima delle micro saghe proposte dal titolo. Qui, impossessandoci di una giovane guerriera, dovremo farci largo in questa pericolosa terra di mezzo, cercando a tutti i costi la nostra vendetta nei confronti di Tyr.

Fortunatamente non saremo soli, poiché grazie ai nostri poteri potremo trasformare gli animali in potenti alleati. Ogni minion avrà un’abilità specifica: dalla tartaruga capace di bloccare il fuoco alla rana in grado di raggiungere zone a noi inaccessibili; ma anche mostri dalla devastante forza distruttiva.
Il sistema legato ai companion funziona sia sul fronte del combattimento, in cui potremo sfruttarli per azioni difensive e offensive; sia, soprattutto, nelle fasi legate al puzzle solving, in cui ognuno di loro avrà un ruolo chiave nella risoluzione degli enigmi.
Chiaramente non tutti gli animali saranno disponibili fin dall’inizio dell’avventura, ma sarà possibile in qualunque momento tornare sulle terre già battute per sbloccare i segreti, recuperabili anche nell’endgame.

Gli animali sono inoltre l’unico elemento di continuity tra i diversi atti, poiché la struttura narrativa di questi canti nordici si rivela quantomeno bizzarra. Il protagonista rimarrà sempre il dio degli animali, ma ogni saga specifica ci metterà nei panni di un altro personaggio con i suoi poteri unici, dandoci la parvenza di cambiare gameplay ad ogni avventura; come stessimo giocando a diversi titoli di un unico franchise.
Se da una parte la pensata funziona, poiché arricchisce in varietà l’esperienza e rende ancora più gioiosa l’estasi della scoperta, dall’altra la rigida coerenza che ci si aspetterebbe da un prodotto tripla A risulta a conti fatti un po’ sfilacciata.

La prima problematica legata alla struttura è data sicuramente dal cambio di personaggio, poiché nel roster che offre il titolo ci sono personaggi oggettivamente più divertenti da utilizzare rispetto ad altri. Passare da un guerriero con un’ottima meccanica ranged ad uno dal combat system meno efficace può risultare seccante, consci soprattutto di doverci avere a che fare per diverse ore di gioco prima di passare al successivo.

Il secondo dubbio è invece molto più pragmatico. Ad Aegir sarà possibile craftare degli upgrade per il personaggio portando al fabbro determinati materiali; questi non sono particolarmente generosi nel drop, e per raggiungere il massimo livello saremo costretti ad effettuare qualche sessione di grinding, con la prospettiva di avere un guerriero pronto ad ogni evenienza. Nel momento in cui si abbandona il personaggio in corso tuttavia, il livello del nuovo ripartirà da zero, rendendo molto meno soddisfacente la ricerca del potenziamento poiché – ad un certo punto – saremo comunque costretti a ripartire daccapo. Discorso diverso per i companion, che mantengono invece tutte le abilità ed i potenziamenti che gli abbiamo insegnato, rendendo molto più utile il loro upgrade piuttosto che quello dei protagonisti.

Le saghe hanno inoltre tutte, più o meno, la stessa struttura. Nonostante una prima occhiata al titolo possa ingannare, Asgard’s Wrath non è un open world, bensì un’avventura piuttosto dritta e scriptata composta da macro e micro aree. Ogni “arena” che compone l’orizzontalità di un livello avrà un suo personale checkpoint ed uno specifico puzzle da risolvere, che una volta affrontato sbloccherà l’arena successiva. Sia chiaro, il titolo di Sanzaru è davvero molto furbo nel nascondere questa struttura a metà tra un wave ed un’escape room, ma a conti fatti si tratta di un videogioco molto più vicino allo spirito di questi due generi che ad uno Skyrim qualunque.

Non che questo sia un male, ma la comprensibile scelta di dividere il tutto in micro aree si scontra poi con una riproposizione pedissequa di topoi legati all’RPG flat, che in VR funzionano così così. Tra tutti un inventario davvero poco immediato, indicatori e target non molto chiari, e dei tutorial eccessivamente lenti e tediosi.

Ma l’elemento più drammatico di tutta la vicenda è senza dubbio il combat system, prevalentemente meelee, con la possibilità di utilizzare magie ed alcune armi a lungo raggio.

Sappiamo bene che il combattimento all’arma bianca è una delle meccaniche più difficili da riportare in realtà virtuale, e lo dimostra la maggior parte del mercato. Titoli come il sopracitato Skyrim o Witching Tower replicano il button smashing tipico dei musou, limitandosi a farci agitare all’impazzata le braccia per eliminare un nemico; altri, come Blade & Sorcery, tentano invece di restituire un certo peso all’arma, facendo della fisica il vero perno centrale degli scontri. La verità è che entrambi non funzionano particolarmente bene, soprattutto i primi citati. Ce n’è invece uno che, recentemente, è riuscito a trovare la formula perfetta, in grado di unire elementi ludici interiorizzati dal core-gamer senza rinunciare ad azioni spettacolari e alla soddisfazione nell’esecuzione: Until You Fall. Asgard’s Wrath tenta in qualche modo di replicare la formula del titolo Schell Games, ma il risultato è goffo e sgraziato, ed il problema sta quasi esclusivamente nel bilanciamento della difficoltà.

Premessa: il titolo ha ben tre livelli di difficoltà, le cui differenze risiedono sostanzialmente nella gestione del contrattacco. Al livello minimo basterà colpire più volte l’avversario per abbassare la sua barra della vita; dal livello medio in su invece avremo la necessità di eseguire uno o più parry perfetti per distruggere gli scudi e poi accedere alla barra della vita. La notizia tragica è che le hitbox e le tempistiche legate a questa meccanica rendono a tratti ingiocabili alcuni scontri, che si dimostreranno spesso noiosi o finiranno con un game over frustrante, nonostante le nostre buone intenzioni.
Le cose si fanno ancora più complicate quando entra in gioco il nostro companion, che continuerà ad attaccare il nemico nonostante non gli faccia danno, facendoci perdere un sacco di tempo nell’attesa di un colpo adatto al parry. Di conseguenza, ad oggi, questa situazione rende piacevole giocare al titolo soltanto al livello di difficoltà più basso.

In questo caso, tuttavia, le cose si fanno fin troppo facili e assomigliano molto di più ad uno dei titoli sopracitati, in cui ci basterà agitare le braccia con la nostra spada per eliminare qualsiasi nemico ci circondi.

Di fatto il combat system risulta l’elemento più debole di tutta l’esperienza, nonostante ci siano evidenti margini di miglioramento che potrebbero aumentarne a dismisura l’efficacia, anche solo attraverso un aggiornamento software che ci auguriamo sia all’orizzonte.

Storia a parte invece per i pochi boss presenti, che come anticipato offrono invece meccaniche uniche, sicuramente più guidate nell’esecuzione ma anche più spettacolari nelle coreografie. Qui il titolo Sanzaru dimostra tutti i suoi punti di forza, facendo convivere divinamente un’impostazione tecnica importante, delle meccaniche sempre divertenti ed una sfida decisamente allettante.

Al di là dei passi falsi, muoversi nelle lande proposte dal titolo è sempre una gioia, anche consapevoli dei trucchi messi in atto per nasconderne i limiti. Il level design propone soluzioni originali di progressione, specialmente se si ha la voglia e la pazienza di affrontare le numerose side quest; il ritorno nelle mappe già esplorate con i nuovi companion regala invece quella grande soddisfazione da sindrome del completista; mentre la curiosità di vedere gli scorci che ci regalerà la prossima area rimane viva fino alla fine dell’avventura.

Anche sul fronte dei puzzle Asgard’s Wrath fa un buon lavoro, senza tuttavia inventarsi mai qualcosa di realmente geniale. Da questo punto di vista la macchina procede con il pilota automatico ma anche con una certa costanza, grazie ad un buon bilanciamento nella difficoltà e con un utilizzo marcato di tutti gli elementi di contorno.

L’elemento ruolistico è invece relegato all’upgrade dell’equipaggiamento dei protagonisti e degli animali, con un certo peso dato alla raccolta ed al craft degli oggetti. Dall’hub centrale avremo infatti a disposizione due mercanti che ci permetteranno di unire gli oggetti ritrovati, acquistarne di nuovi e potenziare ciò che è già in nostro possesso. Nulla di più, nulla di meno. Siamo ancora molto lontano dalla profondità dei migliori esponenti del genere flat, ma è sicuramente un ottimo passo in avanti per quanto riguarda le produzioni originali only VR.

L’aspetto più glorioso che invece contraddistingue l’opera di Sanzaru Games è senza dubbio quello tecnico. Se sul fronte artistico siamo comunque su un ottimo standard, ma alla lunga il tutto risulta evidentemente derivativo, dal lato tecnico viene raggiunto un livello ancora inesplorato dalla realtà virtuale su PC. Complice anche un peso superiore ai cento Gigabyte, Asgard’s Wrath è davvero una gioia per gli occhi, con texture in alta definizione, modelli poligonali estremamente curati ed animazioni all’avanguardia, soprattutto se paragonate all’estensione del prodotto.
Aggirarsi per alcuni scorci lascia davvero a bocca aperta, e non è da escludere che possa causare qualche morte involontaria data dallo stupore, che ci spinge a voler osservare tutto da vicino nonostante l’azione a schermo.

Chiaramente per far girare un prodotto di questo tipo le richieste hardware non sono da sottovalutare. Avendo provato il titolo con un i7-4790, 32Gb di ram ed una 1080 Ti, ho riscontrato con mia grande sorpresa un certo stuttering a partire dai settaggi alti in su. Nulla di drammatico e sicuramente arriveranno correzioni software a breve, ma da possessore di un hadware high-end risulta comunque poco carino.

A proposito di dimensioni, il titolo in esame può rivendicare anche la longevità più estesa per un titolo VR originale. Non me ne vogliate, ma sono solito affermare che preferisco un titolo da due ore, ricco e conciso che un titolo da venti annacquato a forza. Asgard’s Wrath non mi ha fatto di certo cambiare strada ed ha invece rafforzato l’idea che chi chiede a tutti i costi una durata maggiore stia facendo soltanto un grosso danno all’industria. Il titolo dura tantissimo, intorno ad una ventina di ore, ma il ritmo di gioco è spesso strozzato da una volontà troppo integralista nel voler rubare a forza il tempo del giocatore.
Se una buona parte dell’avventura è giustamente relegata ai completisti; con segreti e missioni squisitamente opzionali e indirizzate soltanto al giocatore più esigente, andando dritti e affrontando soltanto la main quest ci troveremo comunque davanti ad una certa ripetitività. Togliendo una manciata di ore, fatte sostanzialmente di combattimenti sempre uguali ed alcuni puzzle un po’ prolissi, il titolo ne avrebbe guadagnato infinitamente nel ritmo e nella fruibilità.

Ogni saga ha al suo interno una manciata di enigmi unici, ripetuti per tutta la durata del capitolo in diverse varianti, così come una piccola manciata di nemici, ripetuti invece per tutta la durata del gioco.

Per proporre una durata del genere Asgard’s Wrath avrebbe meritato molta più varietà, magari anche solo con qualche modello e qualche moveset in più. Chiaramente questo avrebbe esteso a dismisura i tempi di sviluppo, ma avrebbe permesso ad Oculus di pubblicare un vero prodotto tripla A, paragonabile ad alcuni grossi esponenti del mercato flat. E invece i ragazzi californiani propongono comunque il loro blockbuster, all’apparenza enorme e ricco di sfaccettature, ma che vive sostanzialmente di trucchetti, che riescono comunque miracolosamente a tenere in piedi la baracca.

Non fraintendetemi: Asgard’s Wrath rimane un lavoro di alto livello; un prodotto necessario che tira innegabilmente in alto l’asticella dell’impatto tecnico e del production value in realtà virtuale. Se parlo di difetti ne parlo solo perché evidentemente lo sforzo produttivo di Sanzaru è accavallabile a quello di un prodotto flat, e come è giusto riconoscere i pregi di un prodotto che – come questo – ha tanto dalla sua, c’è anche bisogno dell’onestà intellettuale di riconoscere i limiti di un mercato quasi a fuoco.
L’ultima esclusiva Oculus è una buona avventura, che ogni possessore di Rift dovrebbe assolutamente provare per una lunga serie di motivi, ma che soffre ancora in parte di un attaccamento eccessivo al mercato flat e di una community vergognosamente caciarona a cui, purtroppo, viene data voce in capitolo.

Asgard’s Wrath è disponibile dal 10 Ottobre 2019 al prezzo di 39,99€, esclusivamente su Oculus Store, compatibile con Oculus Rift ed Oculus Rift S.






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Alessandro Redaelli

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