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Baldur’s Gate 3 | la recensione | PC, PS5

Dopo 90 ore di gioco, due corposi aggiornamenti e un mese passato a leggere guide, curiosità e conversazioni sui forum, posso dire di conoscere intimamente forse un decimo di quello che Baldur’s Gate 3 ha da offrire. 

L’opera di Larian Studios, terzo capitolo dell’influente saga basata su Dungeons & Dragons, è niente meno che monumentaleÈ uscita (su PC) da poco più di un mese, ma terrà occupati gli appassionati di giochi di ruolo per decenni. 

Secondo ogni possibile metrica è già un classico. Ma è quell’esperienza perfetta e sconvolgente che stavamo sognando?

Baldur’s Gate 3 arriva a 23 anni di distanza dal secondo capitolo della serie iniziata nel 1998 da Bioware, ma condivide buona parte del proprio DNA con l’altra serie sviluppata da Larian Studios, Divinity, in particolare Divinity: Original Sin 2, un capolavoro assoluto che nel 2017 ha ri-definito il panorama degli rpg isometrici contemporanei.

Dopo 3 anni di early access, durante i quali è stato possibile esplorare il primo atto del gioco, e dopo 6 anni di sviluppo, Baldur’s Gate 3 si è finalmente rivelato nella sua smisurata, magnifica, interezza. 

Mettendoci nei panni di un avventuriero rapito da una razza di esseri interdimensionali – intenzionata ad assimilare e dominare tutti gli abitanti del continente di Faerun – Baldur’s Gate 3 ci permette di esplorare una serie di gigantesche e dettagliatissime mappe densamente popolate, incontrare e reclutare compagni di viaggio, affrontare battaglie in campo aperto, organizzare missioni segrete, pianificare rapine e omicidi, conversare con gatti, cani e orsi (e magari andare oltre la conversazione), aiutare bambini smarriti e guerrieri codardi, sfidare demoni e dei e ballare sotto la luce della luna.

Basato completamente sulle regole della quinta edizione di Dungeons & Dragons, Baldur’s Gate 3 propone un sistema di esplorazione libero: ci si muove in tempo reale lungo le mappe e si interagisce con il mondo in base alle statistiche del nostro personaggio e a una serie di lanci di dadi – espliciti e dichiarati quando, per esempio, si tenta di scassinare una serratura o disinnescare una trappola, o nascosti, quando il gioco deve decidere se ci siamo accorti o no di quel misterioso pulsante sulla parete.

Il sistema di combattimento, invece, a differenza di quello dei capitoli precedenti sviluppati da Bioware, è completamente a turni, e si avvicina molto a quello di Divinity Original Sin 2. Per di più, è possibile entrare nella modalità a turni anche quando non si è ingaggiati in combattimento, per gestire in modo più metodico una sezione stealth o per fuggire da una cripta piena di trappole.

La combinazione di questi sistemi garantisce al giocatore una libertà forse mai vista in un gioco di questo genere. Soprattutto nel primo atto, che purtroppo si è rivelato il più curato da questo punto di vista – ma su questo torneremo più avanti – è davvero possibile affrontare ogni situazione in una miriade di modi diversi. Davanti a ogni problema possiamo decidere di usare la forza bruta, o adottare un approccio furtivo, o persuadere il nostro avversario ad allearsi a noi, o seminare zizzania tra i suoi sottoposti. Possiamo avvelenare il vino, far crollare statue, tirare frecce nascosti dall’oscurità, ingannare e distrarre, e tradire patti firmati col sangue. Possiamo rubare chiavi o scassinare cancelli, o raggiungere punti inaccessibili semplicemente volando – se ne abbiamo la facoltà – o lasciandoci cadere da grandi altezze, ovviamente dopo aver consumato la giusta pozione. 

Possiamo decidere di aiutare, salvare, punire o raggirare più o meno qualunque personaggio incontriamo durante i nostri viaggi, e molte delle scelte che faremo in questo senso determineranno non tanto l’andamento della trama principale, quanto quello delle storie secondarie – che sono comunque accavallate tra loro e sovrapposte e formano un intrico ricco e complesso in cui ogni elemento influenza in qualche maniera il successivo.

E anche durante i combattimenti, ovviamente, la quantità di variabili è pressoché infinita. Ogni personaggio, ogni classe, ogni pergamena, pozione o incantesimo, ogni elemento ambientale, e poi il posizionamento del party, e le statistiche sull’iniziativa… tutto contribuisce a rendere unico ogni scontro, un complesso e mutevole puzzle da risolvere ogni volta in modo diverso.

Raramente è possibile sbarazzarsi senza sforzo di un nemico in Baldur’s Gate 3. Non c’è una singola mossa che può sbaragliare qualunque avversario, né una strategia che funziona in qualsiasi situazione a prescindere da chi e cosa è presente sul campo di battaglia. I nemici colpiscono duro e si muovono con metodo. Quasi mai regalano turni, e quasi mai tradiscono le proprie debolozze in maniera troppo evidente. Inoltre, a differenza del già citato Divinity, in Baldur’s Gate 3 per ricaricare completamente i punti vita del party e, soprattutto, per liberare nuovamente gli slot per magie e incantesimi, è necessario tornare al proprio accampamento, operazione che, oltre a costare preziose risorse, non può essere effettuata dappertutto, e costringe a essere particolarmente parsimoniosi e cauti nell’uso di risorse e abilità, soprattutto all’interno dei dungeon. 

Questa meccanica chiaramente non coglierà alla sprovvista chi già conosce D&D e le sue regole, ma influenza in modo piuttosto importante il gameplay complessivo e contribuisce ad aumentare il livello di sfida.

È difficile fare un inventario di tutto ciò che Baldur’s Gate 3 ha da offrire. Il primo impatto ha certamente il potere di lasciare a bocca aperta qualsiasi giocatore. 

Sotto ogni sasso, dietro a ogni scatola e al di là di ogni porta sembra possa nascondersi una nuova linea narrativa, un’area mai vista, un’arma che può cambiare le regole del gioco. Ogni NPC ha qualcosa da dire e si comporta in accordo con la propria razza d’origine e con le proprie convinzioni politiche e religiose, e con quelle del proprio interlocutore – che può essere il nostro personaggio principale o uno qualsiasi dei membri del nostro party. 

Non solo: tutti gli abitanti di Faerun sono costantemente aggiornati sul progredire della nostra avventura, e sono quasi sempre in grado di commentare le nostre gesta o proporci nuove missioni – coerenti con quelle che abbiamo già portato a termine. Avete un personaggio capace di parlare con gli animali? Ecco che queste dinamiche si estendono a scoiattoli, topi, cani, gatti, orsi e buoi. E molti di loro nascondono segreti e curiosità. Avete scassinato tutti i lucchetti in cui vi siete imbattuti, attivato tutti gli ascensori, esplorato ogni grotta? Beh chissà che quella parete di mattoni non sia in realtà un’illusione da dissipare e non nasconda un nuovo dungeon da affrontare, o che quella leva prima invisibile non sia la chiave per accedere a una nuova area ricca di tesori e sorprese.

Ma non sono solo le meccaniche e i sistemi di gioco a impressionare. Fin dalla prima cinematic – un trionfo di Computer Grafica che ricorda le cutscene all’avanguardia dei classici Blizzard – Larian mette in chiaro che il suo Baldur’s Gate non vuole essere solo dadi e fantasia, ma anche un prodotto tecnicamente superlativo.

Parliamo infatti di un gioco in grado di impressionare a tutti i livelli e da tutte le prospettive, a partire dalla classica visuale isometrica, che qui permette di ammirare lo straordinario level design e il lavoro certosino nella modellazione 3D di ogni elemento. Per poi passare ai character model, che sembrano usciti da un AAA in terza persona di massimo 8 anni fa e le cutscene in-engine che sono tante, tantissime, e messe in scena con grande cura e un certo senso per la spettacolarità. 

E non solo le cutscene: ogni singolo dialogo è completamente animato e presentato con cambi di inquadrature e interazioni complesse. Venendo da un titolo come Hogwarts Legacy, dove gli NPC, durante i dialoghi, fissano immobili il protagonista e muovono la bocca in modo robotico, Baldur’s Gate 3 sembra davvero arrivare da un altro pianeta.

Il primo atto, dopo un’introduzione-tutorial a bordo di una nave volante dalla quale dobbiamo fuggire, ci catapulta in una zona costiera di Faerun – un’area animata da una guerra tra fazioni, ricca di sentieri, cripte e grotte. È una sezione che il team di Larian ha avuto modo di rifinire e arricchire durante il lungo periodo dell’early access, e si vede. È quella che offre gli incontri più divertenti e intriganti – e a volte sinceramente esilaranti – e che richiede le soluzioni più creative da parte del giocatore. 

È quella in cui l’esplorazione riserva le maggiori soddisfazioni – entrando in una nuova area è difficile non provare quella sensazione di formicolio, quel meraviglioso senso di eccitazione che affiora quando ci si trova di fronte a qualcosa di sconosciuto e potenzialmente pericoloso. 

Qui gli intrecci di trama sono numerosi e stuzzicanti e le battaglie feroci ma gratificanti.

La costa baciata dal sole, le radure e i boschi sono ambientazione sublime per un setup che procede spedito ma che incoraggia le deviazioni.

Poi arriva il secondo atto, sotterraneo, buio e claustrofobico. Venti ore senza luce, in cui la trama prende pieghe eccessivamente melodrammatiche e in cui l’ambientazione opprimente rischia, alla lunga, di diventare deprimente. 

La narrazione si sviluppa con lentezza concentrandosi più su battaglie spettacolari e incessanti che sull’iniziativa del giocatore. 

Ma ne vale la pena, perché siamo diretti a Baldur’s Gate, la città che è meta agognata da tutti i personaggi che popolano i primi due atti del gioco, il centro nevralgico di questo mondo in guerra dove i sogni diventano realtà e dove ognuno può tornare finalmente padrone del proprio destino.

E l’arrivo a Baldur’s Gate – passando prima per il villaggio di Rivington – è senza dubbio uno dei momenti più significativi e memorabili della mia carriera da videogiocatore

La città è una rivelazione. Viva e vibrante come poche città videoludiche sono mai state, è un luogo vasto e straordinariamente dettagliato, dove riscopriamo il piacere di vagare senza meta, fermandoci a chiacchierare con gli abitanti per scoprire le loro storie – e per scoprire se hanno qualche missione da proporci. 

Dopo tante ore passate in disperati scontri all’ultimo sangue, è una gioia affrontare, con un ritmo più compassato, un’indagine per omicidio, o un caso di persona scomparsa, o frequentare i numerosi locali in cerca di fugaci piaceri. 

Le missioni, a Baldur’s Gate, tornano a essere varie e interessanti, e il gioco si apre a un’epica quieta e mondana.

Purtroppo è anche il luogo dove vengono a galla molti dei problemi che piagano il terzo atto di Baldur’s Gate 3. 

La cura estrema da parte di Larian nell’intrecciare ad arte diversi percorsi e strategie, che rendeva così speciale il primo atto, qui viene meno – anche se solo in parte. Non è raro trovare missioni che ci costringono a soluzioni violente e che non ammettono approcci più creativi.

La trama, che solo alla fine del secondo atto ha trovato i suoi villain – colpevolmente in ritardo – procede in modo piuttosto blando, con personaggi caricaturali e mai sorprendenti. Alcune delle linee narrative legate ai personaggi del nostro party arrivano a conclusioni che non posso che definire insoddisfacenti. E il finale, un’infilata di sezioni action il cui bilanciamento ballerino oscilla tra scontri tristemente facili e battaglie inutilmente complicate, risulta più faticoso che esaltante.

Questo non significa che nel complesso il terzo atto di Baldur’s Gate 3 non sia godibile, né che le sue innegabili qualità non siano abbastanza da controbilanciarne i difetti. L’opera di Larian è una pietra miliare del gaming contemporaneo, uno sforzo mastodontico capace di raggiungere traguardi sublimi e che – oltretutto – verrà modificata e migliorata nel tempo da un team che ha dimostrato una dedizione senza precedenti.

Ma non posso neanche ignorare il fatto che – per esempio – rispetto al suo predecessore spirituale – Divinity Original Sin 2 – Baldur’s Gate 3 scarseggia di personaggi davvero memorabili, e soffre di una scrittura tremendamente prolissa che non riesce quasi mai a elevarsi oltre a un generico linguaggio fantasy – e che ripercorre situazioni e dinamiche già viste.

Sia benedetta la barra spaziatrice che permette di accelerare i dialoghi, e sia benvenuta la fatidica domanda: perché in questo mondo fantastico, con il destino di interi popoli tragicamente in bilico, devo affrontare tre quarti delle conversazioni alla stessa maniera in cui affronto sgraditi vocali whatsapp da riprodurre a x2?

Baldur’s Gate 3 è senza ombra di dubbio un gioco epocale, per dimensioni, proporzioni, varietà e quantità di elementi. Visivamente sfarzoso, disegnato con amore e cura, è un parco giochi dove quasi tutto è possibile e dove un gameplay basato sul lancio di dadi da venti riesce a essere sinceramente emozionante. Pur soffrendo di una scrittura poco entusiasmante e di una trama mal strutturata e non troppo coinvolgente, rimane una delle uscite videoludiche più importanti degli ultimi anni. Finirlo una volta è stato a malapena abbastanza per recensirlo, ma per poterne davvero abbracciare la portata dovrò presto premere il temuto pulsante “new game”.

 






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Ruggero Melis

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