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BONELAB | la recensione | Quest 2, PCVR

Giocato su Meta Quest 2

Tre anni fa Stress Level Zero cambiava le regole della realtà virtuale con Boneworks, un’avventura physics based brillante e piena di idee: l’Half Life della VR prima di Alyx. C’era dunque un hype smisurato dietro a questo Bonelab: spin-off multipiattaforma tra PCVR e Quest 2, che doveva spingere al limite l’hardware dello standalone di Meta e portarci finalmente, anche sul caschetto bianco più in voga tra i videogiocatori, il tripla A che tutti stavamo aspettando. Bonelab è un prodotto con tante di quelle idee che non mi viene in mente nessun altro titolo VR che gli si avvicini nemmeno di striscio, ha un’estetica mozzafiato, delle musiche incredibili e dei momenti altissimi, ma è anche un gioco che – paradossalmente – non funziona. Scopriamolo insieme nella nostra recensione.

Bonelab si apre nei panni di un contadino che sta per esser giustiziato. Riusciamo a salvarci per miracolo, e veniamo catapultati in un dungeon pieno di zombie, scheletri e soldati futuristici, che dovremo eliminare con una quantità di armi e possibilità fuori di testa. Dopo un incipit eccezionale, ci ritroviamo poi in un hub: la vera anima di Bonelab. Qui potremo decidere quali delle svariate attività presenti nel gioco intraprendere: un’arena composta da wave sempre più aggressive, delle corse parkour in ambienti variegati, livelli a tempo, mondi sandbox, un bowling in scala 10:1 e così via. Una quantità di possibilità pressoché infinita, che lascia anche spazio alla continuazione della campagna iniziata nell’incipit, alla quale potremo accedere attraverso un metodo delirante e anti-intuitivo a dir poco.

Quest’ultima, composta da qualche decina di livelli e dalla durata complessiva di circa quattro ore, andrà fondamentalmente a mettere insieme tutte le meccaniche presenti nei mini-giochi dell’hub, con l’aggiunta di un’interessante possibilità mai vista prima. Da un certo punto della campagna in poi infatti, attraverso un tool posto sul nostro braccio, potremo cambiare tra più avatar in qualsiasi momento: ognuno dei quali con le proprie abilità specifiche. Avremo quello forte, quello veloce, quello alto; ognuno ci darà la possibilità di risolvere i puzzle ambientali a suo modo, facendoci sviluppare infinite possibilità, via via che la campagna andrà ad aprirsi a livelli sempre più complessi.

Se da una parte l’idea è straordinaria, dall’altra Stress Level Zero non imbastisce dei puzzle così raffinati da richiedere realmente lo switch tra i personaggi, che verranno utilizzati soltanto attraverso le loro abilità più basiche. Ecco quindi che posti di fronte a un muro troppo alto, piuttosto che sfruttare la fisica del gioco e le sue possibilità, ci andremo semplicemente a trasformare nell’avatar più alto, scalando lo stesso muro in un batter d’occhio; così come andremo a utilizzare il personaggio più imponente per liberarci dei nemici, piuttosto che cercare e conservare le armi migliori della mappa. Un errore di game design piuttosto grossolano, che non mi aspettavo dagli autori e dalle autrici di giochi meravigliosi come Boneworks, Duck Season e Hover Junkers.

Bonelab sembra un po’ la realizzazione ultima di tutti i feedback e le richieste di una mandria di videogiocatori impazziti; senza un focus ben preciso, senza un game design ragionato. L’opera di Stress Level Zero sembra un collage di cento mondi di VRChat, tutti diversi tra loro e senza un filo conduttore, che assecondano questa o quell’altra necessità di un’utenza che non sa chiaramente quello che vuole, e che gode semplicemente dell’elemento sandbox figlio di Blade & Sorcery e prodotti analoghi. È stato davvero un colpo al cuore realizzare che Bonelab è stato chiaramente pensato più come una piattaforma per creare contenuti altri, che come un prodotto per chi ama il videogioco in quanto tale, ma ogni elemento del prodotto di Stress Level Zero conferma questa infausta tesi.

Questo non vale soltanto per un design generale dispersivo e incomprensibile, ma anche per una fisica che funziona una volta su dieci, e soltanto in funzione di piccoli ed effimeri momenti di estasi pura. Se già in Boneworks la fisica non brillava per precisione, o per adattabilità alle possibilità offerte dal game design; in Bonelab questo stesso elemento risulta non solo impreciso e ingestibile, ma anche contributivo alla frustrazione di gran parte dei suoi momenti. Braccia che si incastrano, corpi che si muovono senza un motivo, scalate impossibili, compenetrazioni costanti. Per l’ottanta per cento del tempo giocare a Bonelab è un incubo che vi farà bestemmiare al padre eterno con una violenza inaudita e ingiustificata, tanto da renderlo in buona parte una delle peggiori esperienze mai provate in realtà virtuale.

Eppure, come si tenderà ad asserire sempre più spesso dal 25 settembre in poi, Bonelab ha fatto anche cose buone. Come anticipavo, il videogioco-evento della stagione ha davvero tante idee, che funzionano a singhiozzo e con alcune forzature da galera, ma che quando funzionano sprigionano un’estasi purissima, figlia del capitolo principale. Parlo di quei momenti in cui azione, musica e movimento si sposano in maniera miracolosa; quei momenti in cui attraverso una corsa ai ripari da decine di nemici riuscite a fare sei salti perfetti, accompagnando con grazia e adrenalina un level design impossibile; quei momenti in cui rimanete incantati a osservare un livello che sembra uscito da un bad trip collettivo, rimesso in scena con una cura maniacale.

E a proposito di messa in scena, Bonelab presenta un immaginario letteralmente incredibile, che rimescola – a partire dal pop e passando per lo specifico – una quantità di elementi propri del videogioco e del contesto nerd da far sbiancare una scrittrice di fan fiction in piena crisi ormonale. Tecnicamente poi – specialmente su Quest 2 – siamo di fronte all’ennesimo passo avanti fatto sullo standalone, che alla qualità generale di una perla rara come Red Matter 2, va ad aggiungere corpi in movimento, IA e fisica.

Se dal punto di vista del colpo d’occhio siamo a limiti mai toccati dallo standalone, sul fronte dell’ottimizzazione non siamo sicuramente dalle parti del sopracitato prodotto di Vertical Robot. Bonelab fa una fatica bestiale a mantenere il target-framerate dall’inizio alla fine dell’avventura, restituendo costantemente stuttering, rallentamenti e caricamenti continui, che vanno a compromettere tutto il playthrough. Non parliamo poi di quando si prova ad avviare una registrazione, ritrovandoci costretti a giocare a circa 10fps al secondo, e assistendo alla più grossa prova di forza che il nostro stomaco abbia mai sopportato.

È anche la questione motion sickness a farmi pensare che qualcosa sia andato storto durante lo sviluppo del gioco. Oltre alle problematiche note legate alla fisica, che rendono il titolo assolutamente vietato a chi soffre – anche leggermente – di chinetosi, alcune sezioni del gioco sembrano fatte apposta per far vomitare l’utente. Non parlo di momenti utili o impossibili da realizzare attraverso altri metodi, parlo proprio di intere sezioni disegnate intorno a tutti quegli elementi che letteralmente qualunque altro studio sviluppo evita come la peste da almeno cinque anni a questa parte. Conoscendo Stress Level Zero potrebbero far parte di un discorso meta-linguistico che va a parare chissà dove, ma la verità è che risultano semplicemente inconcepibili per un videogioco VR moderno, che rischia addirittura di allontanare il pubblico come è successo alla nascita della realtà virtuale commerciale.

Lascio stare poi altri problemi come il tracking ballerino, una struttura della campagna senza senso, l’enfasi sulle mod e una mancanza generale di attenzione all’utente inesperto: tutte problematiche che vanno ad affiancarsi a dei problemi nelle fondamenta davvero imperdonabili.

Bonelab è un videogioco imperdibile su carta, con una quantità di elementi eccezionali decisamente sopra la media, ma che presenta anche alcuni dei picchi più bassi mai visti dentro a un videogioco in realtà virtuale. È difficile valutare un prodotto accompagnato da una legacy di questo tipo, che fa tante cose male ma che mantiene comunque un fascino innegabile dentro ad alcuni specifici momenti, e che spinge con insistenza un hardware mai così sfruttato. È un videogioco per un pubblico che non esiste; un titolo che tutti pensano di volere, ma che risulta infine per nessuno, o per chi cerca semplicemente un sandbox folle e inconsistente, figlio di quest’epoca del nulla. La più grande occasione sprecata che ho mai visto in vita mia.

Bonelab è disponibile dal 29 settembre 2022 al prezzo di 39,99€ su Meta Quest 2 e su Steam.

 






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Alessandro Redaelli

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