Giocato su PSVR2
Bulletstorm VR è un gioco brutto, e la colpa è nostra.
Quando uscì Bulletstorm, nel lontano 2011, il mercato videoludico era tutta un’altra cosa. Eravamo ancora, in un certo senso, nel pieno di quell’epoca in cui il videogioco muscolare e iper-violento era ciò che i publisher andavano cercando, sicuri di ricalcare il successo di quel Gears of War, raramente eguagliato nel genere. Era un FPS dritto, scorretto e divertente; un gioco che non si inventava niente – o si inventava poco – ma capace di soddisfare le necessità di quello specifico periodo storico. A tredici anni di distanza il titolo di People Can Fly torna sotto un’inedita veste in realtà virtuale, ed è letteralmente quanto di peggio ci si possa aspettare da un prodotto VR.
Nel XXVI secolo i pianeti sono difesi dall’esercito segreto Dead Echo. Grayson Hunt, un ex membro delle armate confederate e ora pirata spaziale, decide di abbattere una nave ammiraglia dell’esercito, in cerca di vendetta. Qualche anno prima, infatti, la stessa Dead Echo l’aveva costretto a uccidere un giornalista innocente, e dopo aver scoperto la verità Gray inizierà a risolvere le cose a modo suo, senza nessuna delle forze in gioco dalla sua parte. È un racconto abbastanza semplice e stilizzato, quello di Bulletstorm, ma efficace abbastanza da giustificare la carneficina propria del suo design, e che ci viene raccontata attraverso lunghe cutscene piatte su schermo nero, come non vorremmo mai vederle in realtà virtuale.
Diciamolo subito: Bulletstorm VR è un prodotto gravemente insufficiente. Senza girarci troppo attorno, perché non ha senso dilungarsi sui difetti più plateali dell’operazione, il riadattamento in realtà virtuale di questo classico di due generazioni fa non è divertente, è pieno di bug e glitch che lo rendono al limite del giocabile, è bruttissimo da vedere e – cosa più importante – è un’operazione sbagliata alla fonte.
Non è divertente perché il ritmo è quello di un videogioco flat prestato a un altro linguaggio, perché il gunplay è piatto come poche volte ho visto nel mondo VR, perché anche quando siamo rincorsi da una ruota gigante, sopra un carro merci con in mano un gathling non siamo mai davvero ingaggiati da quello che sta succedendo. La colpa è in parte di una serie di sporcature che sembrano uscire dai peggiori tie-in degli anni ottanta, tra compenetrazioni, IA da riscrivere totalmente, animazioni sbagliate e così via. È quasi divertente vedere come dentro a Bulletstorm VR tutto ciò che ci si muove intorno sia sempre rotto, tanto che qualcuno potrebbe trovarlo addirittura un valore aggiunto, nel contesto di un gioco semplicemente noioso e poco stimolante. Potrei parlarvi per ore di come tanti elementi siano abbozzati o sgradevoli dentro a Bulletstorm VR, ma in questa sede voglio concentrarmi su un altro punto: il perché Bulletstorm non doveva diventare un videogioco VR.
Abbiamo visto, più di una volta, grandi videogiochi flat trasformarsi in grandi videogiochi VR. Resident Evil e Gran Turismo sono solo la punta dell’iceberg di un mercato che è riuscito ad aggiungere – attraverso la realtà virtuale – qualcosa in più a dei design che erano stati pensati per una fruizione tradizionale, dimostrando quanto, spesso e volentieri, uno specifico prodotto possa vivere attraverso più anime. Questo però, attenzione, non vuol dire che ogni videogioco si presti alla realtà virtuale.
Con l’uscita dell’Unreal Engine VR Injector in molti si sono cimentati nel modding dei più variegati prodotti flat realizzati in Unreal, cercando di farli funzionare in VR. Certo, alcuni partono, altri sono addirittura giocabili, ma nessuno di loro funziona come dovrebbe funzionare un prodotto VR nativo, o un prodotto riscritto – in qualche modo – per adattarsi a questo linguaggio. Questo vuol dire che non basta chiedersi quanto sarebbe bello Elden Ring in VR e piazzarci sopra una mod, ma c’è bisogno che un team esperto e consapevole prenda in mano Elden Ring, e lavori in funzione di rendere il suo design fruibile, godibile e infine soddisfacente in realtà virtuale. Questo ipotetico team lavorerà quindi su una serie infinita di elementi per far funzionare il gioco di From Software dall’interno di un headset casalingo: dovrà lavorare a lungo sulla locomozione, dovrà ripensare da zero il combat system, dovrà capire cosa integrare e cosa non integrare di quella user interface che funzionava così bene su uno schermo tradizionale. E dopo mesi e anni di lavoro, magari dovrà ammettere che no: il design di Elden Ring, in VR, non funziona. Magari parte, gira, qualcosa è godibile, ma l’esperienza – nella sua totalità – è compromessa rispetto alla sua fruizione originale.
Ora, in quel di Incuvo – che già non mi erano piaciuti con Green Hell VR – sembra abbiano pensato che Bulletstorm, in realtà virtuale, sarebbe stato fico, per poi buttare il codice originale dentro a un corrispettivo dell’UEVR Injector, sperando funzionasse tutto senza apportare grandi modifiche al design. E invece, dopo questo tentativo, non funzionava niente. E allora – in qualche modo – si sono messi a lavoro per migliorare questo e quell’altro elemento, cercando di dare un senso a una fruizione in VR che sembrava telefonata, ma che non solo non aggiunge niente alla sua versione originale, ma va paradossalmente a togliere qualcosa alla controparte flat. E quindi magari, dopo un anno di lavoro, i nostri si accorgono che comunque Bulletstorm rimane molto più divertente davanti a un monitor che attraverso un headset, ma ormai il lavoro è fatto, gli accordi sono stati presi e il publisher richiede il lancio. E quindi il gioco esce, ma non ha nessun senso di esistere.
E arriviamo quindi a noi: perché dico che è colpa nostra? È colpa nostra perché continuiamo a chiedere videogiochi VR a prescindere dalla loro funzione, dalla loro qualità, dal loro senso. Chiediamo che ogni videogioco esca in una doppia versione, o che i grandi titoli del passato arrivino in realtà virtuale soltanto perché Resident Evil 4, su Quest, funziona così bene. La verità è invece che no, i videogiochi non devono avere una doppia versione; i videogiochi devono essere pensati per quell’unica modalità di fruizione per cui è nato – o si è sviluppato – il loro design.
Bulletstorm VR è un gioco brutto, noioso e sbagliato. Bulletstorm, al contrario, è un gioco divertente, che – ancora oggi – è in grado di divertire grazie al suo gameplay velocissimo e i suoi personaggi sboccati e ineleganti. Di conseguenza, quale gioco volete giocare?
Bulletstorm VR è disponibile dal 14 dicembre 2023 al prezzo di 39,99€ su PlayStation VR2, Steam e Meta Quest.
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