Provato su Meta Quest 2
Cosa succede se una game designer tra le più importanti nella storia del videogioco decide di tornare al gaming dopo una pausa di vent’anni per adattare in VR un’avventura testuale del 1975?
Scopriamolo insieme nella recensione di Colossal Cave VR, sviluppato da Cygnus Entertainment e ora disponibile su Meta Quest 2.
L’originale Colossal Cave fu una delle prime avventure testuali su computer, un titolo tanto innovativo e influente da aver sostanzialmente favorito la nascita di interi generi videoludici. Senza Colossal Cave – e una manciata di altri titoli suoi contemporanei – non ci sarebbero i roguelike, le avventure grafiche, le visual novel.
Roberta Williams ha un posto altrettanto importante nella storia del videogioco: co-fondatrice di Sierra On-Line insieme al marito Ken, ha sviluppato titoli fondamentali come Mistery House, da molti riconosciuto come la prima avventura grafica della storia, e la serie King’s Quest, che ha aiutato a consolidare il genere.
Roberta si è ritirata nel ‘99, ma poco più di vent’anni dopo ha deciso di tornare al game development per un remake del gioco che l’ha fatta innamorare del gaming. A bordo del suo Yacht da 18 metri, Roberta si è messa a programmare – in solitaria, salvo poi essere affiancata da un team di trenta persone.
La sua versione di Colossal Cave, questa volta in 3D e in prima persona, viene rilasciata su PC, Switch, PS5, Xbox, e… Meta Quest 2.
Ed eccola qui, la versione VR di Colossal Cave. Roberta ha dichiarato che nella sua lunga pausa dallo sviluppo di videogiochi ha anche giocato pochissimo. Si vede. Colossal Cave è un titolo faticoso, macchinoso, ottuso e mai divertente. È piagato da diversi problemi, primo tra tutti quello di non essere stato minimamente pensato per la VR. Siamo infatti di fronte a un’avventura punta e clicca, in cui l’interattività propria della Realtà Virtuale è ridotta a zero. Da esploratori di questa misteriosa caverna, non siamo dotati di mani, ma di un cursore, con il quale possiamo solo, appunto, puntare e cliccare per interagire con oggetti e nemici – ma solo se siamo fermi: il cursore non funziona in movimento.
E a proposito di movimento: il gioco offre due opzioni per i controlli: una è la modalità classica della VR (ma attenzione: non c’è possibilità di associare il movimento della testa alla direzione che vogliamo prendere); l’altra è la cosiddetta modalità “Comfort”, la preferita da Roberta Williams e intesa per ridurre la motion sickness, in cui tutti i controlli per il movimento sono mappati sul Touch sinistro. La visuale è controllata dallo stick e per muoversi bisogna “accelerare” col grilletto e andare in retromarcia con il grip, manco stessimo guidando un furgone. Inutile dire che dopo dieci secondi in modalità comfort stavo per vomitare due pranzi e una cena e sono tornato immediatamente alla modalità classica: scomoda e legnosa, ma più accettabile.
Il gameplay di Colossal Cave è perfettamente in linea con alcuni tra i peggiori titoli punta e clicca degli anni ‘90 con puzzle impenetrabili la cui soluzione ha poco a che fare con l’intuizione del giocatore e più a che fare con la sua pazienza nel provare le più improbabili combinazioni tra gli oggetti nell’inventario fino a che non ci si imbatte in quella corretta. Ad esempio, per sconfiggere questo grosso serpente, impervio agli attacchi all’arma bianca, bisogna sguinzagliarli contro un uccellino. L’uccellino dovete averlo catturato in precedenza – grazie a un gabbia che dovete aver trovato nei tunnel (ma attenzione, a questi tunnel non potete tornare una volta scese le prime scale). Per catturare l’uccellino dovete avere inoltre intuito che è spaventato da un bastone che potreste avere (o non avere) nel vostro inventario, e che quindi dovete scartare prima di avvicinarlo. Come fate a saperlo? Beh, c’è scritto nel tutorial testuale opzionale all’inizio del gioco. Un capolavoro di game design.
Non voglio dilungarmi troppo sui problemi di Colossal Cave. È chiaramente un gioco fatto con amore da una persona che si è allontanata dal mondo dei videogiochi e che è rimasta ancorata a una concezione del gaming antica e – fortunatamente – superata. È inutile stare a sottolineare l’inadeguatezza del comparto tecnico e visivo, la scarsa coerenza del design di personaggi e creature, l’inutile complessità della mappa e la goffa implementazione di sequenze scriptate.
Non posso in tutta onestà consigliare l’acquisto di Colossal Cave, se non per chi è talmente nostalgico dell’originale da essere disposto a ignorare completamente il modo in cui il remake è stato realizzato. Ma anche in quel caso, potrebbe essere saggio optare per la versione flat, perché se c’è una cosa di cui sono assolutamente certo è che la versione per Quest non ha ragione di esistere.
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