Introduzione
Chi ama farsi due risate, apprezza la lettura del disclaimer sui titoli Early Access, dove un appassionato agglomerato di buone intenzioni si sposa con ottimistiche date di completamento dei lavori. Tre titoli su quattro non vengono mai ultimati, e anche quei pochi che riescono ben raramente lo fanno in date vagamente prossime a quelle dichiarate. Fa quindi un certo scalpore quando un gioco, pur senza dare una data precisa, si dia una mossa con patch regolari e corpose. Dead Effect 2 non è ancora stato pienamente rilasciato, ma è di pochi giorni fa la beta che conclude la campagna. Lanciato con sei missioni, ogni tre/quattro settimane è arrivato regolare un aggiornamento con ulteriori sei missioni fino al raggiungimento delle ventiquattro totali.
Dead Effect nasce come gioco mobile su iOS e Android del 2013, titolo che ha avuto un certo successo (3 milioni di download) ma che ovviamente subiva importanti limitazioni per la piattaforma e l’hardware del periodo. BadFly Interactive, piccolo team di sviluppo della Repubblica Ceca, ha continuato alacremente a lavorare sul progetto rilasciando nel 2014 le versioni Windows e OSX, e nel 2015 un seguito con in iter analogo, prima mobile, poi computer e stavolta anche console, con una cadenza di uno l’anno. Bontà loro, senza alcun tipo di pubblicità rilasciavano l’8 giugno anche una versione VR, integralmente gestito da uno solo dei loro programmatori.
Il gioco
Dead Effect, ed in particolar modo il secondo episodio, ripropone la per nulla inedita storia che mischia fantascienza ed horror con uno stile che ricalca pedissequamente Doom 3: infiniti dedali di intricate costruzioni metalliche e tecnologiche, mostrume mutante per lo più antropomorfo, poca luce e tante armi. Sebbene l’impronta thriller ci sia, il gioco espone una suppongo involontaria vena trash, con alcune situazioni paradossali e comiche. Non parlo dell’autoironia di un Arizona Sunshine, ma di uno scienziato russo (Doctor Bielik) con un accento alla “ti spiezzo in due” tipico dei peggiori filmacci anni ottanta o della coordinatrice dell’operazione di rivolta (Danette, mettete via il cucchiaio) donna dall’elevatissimo quoziente intellettivo ottenuto con esperimenti genetici, occasionalmente vestita come una professionista del piacere dai capezzoli perforanti. Il più sano del trio è il buon Minikin, corpulento genio della meccanica con estesi danni cerebrali, che parla per monosillabi e versi risultando il più credibile ed umano dei tre. Il primo approccio è infatti surreale, perché c’è una storia e nell’introdurla viene subito presentato il peggio che il gioco ha da offrire. Storia che peraltro è anche discreta, con tante testimonianze testuali e messaggi da leggere.
Dead Effect 2 è uno sparatutto in soggettiva con forti elementi di ruolo. Il già citato Doom 3 certamente gli somiglia molto nell’aspetto, ma il gioco BadFly ha quello che al momento potrebbe essere il più esteso assortimento di armi, potenziamenti e abilità disponibile per realtà virtuale. Si inizia scegliendo la classe del personaggio, che incide sulle competenze iniziali ma è ampiamente rimodulabile, il quale può caricare una serie di armi ad una o due mani, da lancio o esplosive, un tot di munizioni più un inventario interagibile via tablet di oggettistica varia. Il personaggio è anche dotato di poteri psionici, che possono incrementare forza o velocità, scaraventare i nemici per aria, farli combattere tra loro o risucchiarne l’energia vitale, più una moltitudine di abilità fisse a rafforzamento delle proprie statistiche. Di armi ce ne sono una marea, ognuna delle quali potenziabile in più elementi, con slot di espansione, più oggetti rari o epici da ottenere in situazioni specifiche. Potrei andare avanti a lungo visto che questa lista non è esaustiva, se nel mondo del videogioco classico queste non sono delle novità, nessun titolo VR di tipo simile offre nemmeno la metà di queste caratteristiche. La campagna integrale dura una ventina di ore, ma ci sono numerose missioni opzionali e forti incentivi a rigiocare il tutto a livelli maggiori di difficoltà (nemici e premi sono in proporzione). Senza dimenticare il fatto che può essere eventualmente affrontato in cooperativa, e non manca nemmeno la modalità PvP.
Tecnicamente il titolo fa la sua figura. Abbiamo già ampiamente ironizzato sul trio di personaggi non giocanti che mal nasconde il budget della produzione, ma il decoro assente per gli amici lo recupera con il bestiario. Orde di nemici, che siano zombie (in teoria membri dell’equipaggio infetti), militari, mostri più fantasiosi e temibili o tecnologici; su schermo c’è un sacco di roba che si muove senza fatica e con un ottimo dettaglio. Il level design fa ugualmente il suo dovere, il titolo è lungo e l’ambientazione sempre interna alla nave madre quindi con poche varianti, ma non si ripete mai proponendo scenari ben caratterizzati e distinguibili.
Comfort e implementazione
Dead Effect 2 VR è un porting, questo si nota ed è spesso fonte di problemi dal lato del comfort e dell’interfaccia. Al momento del lancio proponeva un movimento fluido ben fatto, con svariate opzioni di configurazione, il che è comprensibile essendo il gioco “flat” basato su una soluzione simile. Il teletrasporto offerto era invece del tipo dash, ovvero con balzo rapido in avanti alla Raw Data, cosa bella sulla carta ma che nell’implementazione specifica non risolveva affatto il problema del comfort, anzi lo peggiorava. In seguito alle lamentele è subito seguita l’opzione blink, ovvero lo spostamento istantaneo, che ha reso il tutto confortevole e pienamente giocabile anche se il teletrasporto risulta sempre piuttosto rozzo rispetto agli standard Valve.
L’interfaccia è complicata, perché interagirete con un sacco di elementi. Anche qui si sono avute modifiche rispetto alla prima versione, con un HUD meno invasivo, meno bug e compenetrazioni, sottotitoli più leggibili. Il gioco nelle sue molteplici opzioni prevede una raccolta degli oggetti e uso delle armi da totalmente automatica a totalmente manuale: troverete voi il giusto equilibrio, ma la prima è stata anch’essa oggetto di bug (quando ad esempio le munizioni cadendo finivano in dislivelli o dietro altri oggetti) e suggerisco di usare almeno quella semiautomatica, anche se pure in questo versante le cose migliorano versione dopo versione. Gli elementi bidimensionali, come i grandi menu, la mappa della nave, le schermate dell’inventario e dei negozi, usano i controller di movimento come puntatore e funzionano opportunamente.
Conclusioni
Rozzo ma efficace, Dead Effect 2 VR ha conquistato molti cuori essendo una esperienza ruolistica di inedita profondità in realtà virtuale, nonché l’unico sparatutto con un single player la cui longevità è misurabile in decine di ore. Il moderato apprezzamento della sua controparte flat fa poco testo, sia perché la forbice con gli standard qualitativi di FPS e RPG per monitor è ancora abissale, sia perché questa versione VR ne rappresenta un evidente miglioramento. Manca della pulizia delle produzioni maggiori, con bug e sbavature, ma compensa ampiamente con la copiosa sostanza.
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io per poco non vomitavo con lo spostamento manuale… motion sickness da rimanerci stecchiti.
Diciamo che si nota “a pelle” quando uno sviluppatore è sensibile al problema (o perché lui stesso affetto o perché fa della ricerca e test seri) e quando non lo è quindi ci fa poco caso. I BadFly decisamente appartengono alla seconda categoria.
Comunque usando la modalità blink e da quando è uscito dall’accesso anticipato anche il riduttore FOV (l’ho letto ma non l’ho rigiocato da allora) dovresti riuscire a trovare il tuo giusto livello per giocare serenamente, il gioco merita. Meglio sarebbe che la modalità di default fosse la più confortevole di tutte, e che sia l’utente consapevolmente (e magari avvisato) che si attiva dei movimenti più robusti e potenzialmente fastidiosi.