Quando il papà di Dark Souls Hidetaka Miyazaki ha annunciato Déraciné lo scorso E3, in molti hanno accolto la notizia con sospetto. I detrattori della realtà virtuale si sono sentiti in parte traditi per un titolo in esclusiva hardware apparentemente così importante, mentre i fanatici della serie più famosa di From Software speravano nel primo soulslike esclusivo per VR. Entrambe le categorie non si aspettavano tuttavia il tipo di racconto che Miyazaki voleva proporre attraverso un linguaggio ancora inesplorato, pregno di dinamiche e suggestioni inedite rispetto a quanto visto in passato.
Déraciné è un gioco pieno di amore; amore per il videogioco, amore per il racconto contemplativo e amore per la sperimentazione. L’ultimo titolo di From Software, qui in collaborazione con Japan Studio, è un’avventura delicata e non sempre perfetta, ma in grado di coinvolgere il giocatore grazie alla poetica dell’autore e il coraggio della messa in scena.
Tentando di non svelare i punti cardine della trama, accenno soltanto al fatto che interpreteremo un misterioso spirito all’interno di un vecchio collegio, comunicando ed interagendo con i bambini che vivono al suo interno.
La storia si dipanerà tra una prima parte più convenzionale, in cui i ragazzi prenderanno consapevolezza della nostra presenza, e una seconda che approfondirà la linea più spiccatamente mistery della produzione. Inutile dire che la delicatezza con cui viene affrontato tutto il racconto è completamente propria dello storytelling orientale, capace di rendere efficaci scelte di scrittura e messa in scena facilmente fraintendibili o stucchevoli.
Il gameplay vero e proprio si presenta come una summa dell’avventura grafica e del walking simulator contemporanei, con elementi che ricordano alcuni dei più riusciti esponenti del genere. Da The Vanishing of Ethan Carter a Last Day of June, da Wilson’s Heart a The Invisible Hours; Déraciné fa consapevolmente proprie alcune delle meccaniche che più si sposano con l’esperienza VR contemplativa e crea un prodotto unico e inimitabile, che come tutte le opere simili farà fatica a trovare una risposta di pubblico univoca.
Una delle caratteristiche di Déraciné è la volontà di mantenere un ritmo congruente al racconto giapponese. Non siamo chiaramente dalle parti di Ozu, ma chi si aspetta un titolo d’azione in cui muoversi velocemente tra i corridoi risolvendo enigmi incalzanti rimarrà senza dubbio deluso.
Attraverso un sistema di locomotion a nodi estremamente riuscito ed uno schema comandi immediato e soddisfacente, Move alla mano dovremo vivere l’esperienza proposta da From Software diversamente da come ci sta abituando un mercato VR ancora fuori fuoco. Muoversi per le stanze della magione richiederà al giocatore di prendere familiarità con ambienti e personaggi, facendosi trasportare dai suoni e i colori che vivono – fermi nel tempo – nel mondo di gioco.
Una problematica meno soggettiva rispetto a quella del ritmo è quella legata alla narrativa sfilacciata tipica di Miyazaki. Se nei soulslike che tutti amiamo lo storytelling ambientale funziona e massimizza l’impatto che il contesto detiene sul giocatore, in questo caso l’autore giapponese si è dovuto sforzare di rendere più chiara e concisa l’esperienza, poiché Déraciné fa dello storytelling il perno intorno al quale gravita tutto il resto. Il risultato è imperfetto ma efficace e, grazie ad un finale meraviglioso e commovente, si fa perdonare alcune lungaggini e certi elementi narrativi eccessivamente fumosi. Il sopracitato finale, che arriverà in modo inaspettato intorno alle cinque ore di gioco, restituirà poi una rilettura del racconto, esternando il tema della circolarità del tempo tanto caro a Miyazaki; che qui torna più forte che mai, esplodendo letteralmente nell’ultimo atto.
Da non tralasciare l’aspetto tecnico. Per raccontare una storia che si muove attraverso i mattoni scoloriti di una stanza e le espressioni eteree di un personaggio immobile c’è bisogno di una grande direzione artistica. Chiaramente il titolo ha dalla sua anche questa, grazie ad un’impronta visiva curata e meravigliosa, che si esprime attraverso un’immagine a visore sempre sempre nitida e dettagliata. Chiaramente alcuni elementi si avvicinino per forza di cose più ad un titolo PS3 che ad un titolo PS4, ma visti i risultati strabilianti ottenuti durante questa generazione PSVR tutto (o quasi) è concesso. Da citare anche un doppiaggio in italiano competente, che fa il verso ad un’estetica anime in linea con l’operazione generale.
Il racconto di Déraciné è drammatico e tenero, contemplativo e ricco di umanità. E’ facile tacciare alcune scelte narrative di quel patetismo spesso esasperato in un certo tipo di drammaturgia orientale, ma scavando più a fondo scopriamo un approccio intimo e ancora inedito in VR. Il titolo di From Software non vuole sfidare il giocatore sul piano dell’abilità tecnica, ma su quello dell’interpretazione intellettuale ed emotiva, finendo per accontentare una fetta di pubblico e scontentarne senza dubbio un’altra. Se siete tra quelli che hanno capito che il videogioco è anche arte, cultura e comunicazione non potete perdervelo; se invece fate parte di chi accende la console per spegnere il cervello lì fuori è pieno di wave shooter. A me Déraciné rimarrà dentro per molto tempo, a voi la scelta.
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