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Doom VFR | la recensione | PCVR, PSVR

Giocato su Oculus Quest 2 in Air Link su PC

Alla fine del 2017 uscì Doom VFR, ovvero l’ultimo baluardo della realtà virtuale prima dell’inevitabile caduta, avvenuta nei due anni successivi. Il capitolo VR del più famoso franchise di ID Software aveva infatti l’arduo compito di far ricredere gli scettici, di convincere tutti quanti della bontà del nostro linguaggio preferito e – su carta – poteva sinceramente riuscirci. Purtroppo, a causa di un lancio vergognoso, questo sogno non si realizzò mai, e dovemmo aspettare l’arrivo di Oculus Quest per rivedere la realtà virtuale riprendere lentamente vita. A quattro anni dalla sua uscita, tuttavia, Doom VFR rimane un videogioco clamoroso, uno degli FPS più esaltanti di tutti i tempi, che merita di essere giocato e rigiocato a prescindere dal visore che abbiate in casa. Vediamo se vale ancora la pena lanciarsi a tutta velocità negli inferi, riscoprendo questa perla intramontabile della realtà virtuale!

Doom VFR era un gioco meraviglioso anche nel 2017, ma nacque sotto una cattiva stella per due motivi. Il primo era legato alle piattaforme di lancio: il Doom in realtà virtuale di ID Software era infatti giocabile soltanto su PSVR, con una risoluzione tutt’altro che cristallina e un lavoro sui comandi opinabile, e su PC, in esclusiva su HTC Vive. Questo perché Zenimax, allora in causa con Facebook, mise nel codice del gioco una serie di parametri che ne impedivano l’avvio su Oculus Rift, escludendo la maggior parte dell’utenza VR su personal computer. Il secondo problema era invece legato al sistema di locomotion. In Doom VFR ci si muoveva infatti soltanto attraverso un dash e un teleport, che facevano parte del game design stesso del gioco, ma che – ovviamente – non furono apprezzati dagli unici giocatori PC che avevano accesso al titolo. Insomma, un gran casino, ma necessario a comprendere il perché dell’insuccesso di un gioco altrimenti straordinario.

Giocato oggi con Oculus Quest 2 in air link, invece, Doom VFR sfoggia una pulizia strepitosa, un ritmo al cardiopalma e una cura per il dettaglio letteralmente fuori di testa. Il nostro compito, nei panni del consueto Doom Guy, è semplice: chiudere il portale infernale che sta devastando il mondo terreno, muovendoci tra basi militari e rovine antiche e facendo a pezzi tutto quello che si muove. Niente di più semplice, eppure a Doom è sempre bastato questo: un feeling delle armi come si deve e tanta carne da macello di fronte a noi.

A partire da un hub centrale, dovremo infatti muoverci per una quindicina di aree dalla bellezza ammaliante, sparando a tutto e a tutti, e recuperando di tanto in tanto le chiavi necessarie a proseguire nella missione. Quello che aggiungeva però Doom VFR alla formula non era tanto il cosa, ma il come. Per venire giustamente in contro a chi ancora soffriva del motion sickness dovuto al free locomotion, nel titolo ID Software ci si muoveva prevalentemente attraverso un teleport che andava ad alterare il tempo. Ogni qual volta iniziavamo il processo di teletrasporto infatti, il gioco andava a rallentare drasticamente il movimento delle creature circostanti, dandoci la possibilità di ragionare con più calma le mosse successive da eseguire. Andare a smorzare il ritmo velocissimo a cui ci ha abituati la saga sembra un controsenso, ma vi assicuro che la pensata funzionava meravigliosamente, e dà vita a un pacing assolutamente unico, che faceva brillare il suo game design. Perché parlo al passato? Perché dopo le cocenti critiche dell’utenza, Doom VFR ha implementato anche il free locomotion sulla fruizione via motion controller. Questo ha comportato un drastico cambio di gameplay, che lascia un po’ da parte la strategia, in favore di un azione – forse, e a tratti – ancora più esaltante, ma sicuramente un po’ meno originale e unica.

Rimane, fortunatamente, la necessità di utilizzare il teleport nei momenti più ostici, ed è inoltre fondamentale per far esplodere i nemici, e recuperare conseguentemente le loro risorse, una volta che li avremo tramortiti a sufficienza.

Al di là del suo sistema di movimento, comunque, il feeling delle armi risulta meraviglioso tanto quanto nel recente reboot della saga e il suo seguito, ma affianca una piccola, annosa, perplessità. Se il gunplay funziona sempre a meraviglia, fa un po’ strano impugnare le grosse armi con cui verremo a contatto con la sola mano dominante. La mano sinistra sarà infatti relegata alle sole granate, che utilizzeremo pochissimo, e che vanno a eliminare completamente il dual wielding o la presa dell’arma a due mani. Per essere un gioco nato principalmente sotto la stella di Playstation VR e del suo Aim Controller la scelta è comprensibile, ma rimane un po’ l’amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere su PC.

Se c’è una cosa su cui nessuno, però, può dir niente riguardo a Doom VFR è il suo impatto estetico. L’opera di ID Software ha l’esatto impatto della sua recente controparte flat, e risulta ancora più impressionante proprio in virtù della sua ritrovata velocità e della necessità di girare su due pannelli a novanta fotogrammi al secondo. Il mondo di Doom VFR è lurido ma magnetico, ed è in grado di stupire letteralmente a ogni stanza, a ogni cambio livello, a ogni piccolo dettaglio che compone il mondo di gioco. Specialmente nella seconda metà, quando scenderemo nell’inferno, vi capiterà facilmente di morire perché state osservando il mondo circostante, constatando quanto sia effettivamente impressionante trovarsi all’interno di un level design che quasi vi schiaccia da quanto è imponente. Roba così ne abbiamo vista ben poca, tanto che se avete un PC da gioco è letteralmente imperdonabile non avervi assistito.

La prima volta che ho giocato a Doom VFR, quando ancora il teleport era l’unica opzione, l’ho finito in circa tre, quattro ore. A questo giro, attraverso il free movement, ci ho messo esattamente la metà. Attraverso il teletrasporto il gioco era molto più punitivo, poiché vi costringeva a compiere moltissime azioni per sfruttare in modo intelligente il posizionamento, che vi portava – spesso e volentieri – facilmente al game over. Avendo ora la possibilità di combinare teleport e free movement, Doom VFR risulta invece oggi – paradossalmente – molto più facile. Non che questo sia necessariamente un male, basta aumentare a dismisura la difficoltà o privarsi volontariamente del free movement, e probabilmente la longevità tornerà a essere quella di un tempo, ma ricordatevi che la durata media non è chiaramente quella della controparte flat. Fortunatamente, recuperando una serie di collezionabili sparsi per le aree, è invece possibile sbloccare una dozzina abbondante di livelli bonus, che si rifanno ai due Doom originali, e che vi faranno rivivere alcuni dei livelli più iconici della saga. Un’operazione davvero niente male.

Doom VFR è un gioco meraviglioso, tanto quanto i due capitoli flat usciti recentemente. Certo; dura meno, il game design è più ripetitivo, mancano alcune delle finezze di cui siamo venuti a conoscenza nella VR recente, ma – mannaggia – quanto è fottutamente esaltante. Doom VFR è una pioggia di adrenalina, una gioia per gli occhi, un sogno che si avvera. Chiunque abbia un PC da gioco, ami gli sparatutto e non vuole perdersi una delle migliori esperienze che questa gen di realtà virtuale ci ha dato non deve in nessun modo farsi scappare il primo, e per ora unico, gioco VR originale di quella grande software house che porta il nome di ID Software.

Doom VFR è disponibile dal 7 Dicembre 2017 su Steam e Playstation VR al prezzo di 14,99€.






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Alessandro Redaelli

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