Giocato su Oculus Rift S
Down the Rabbit Hole non è certo il primo adattamento videoludico del classico di Lewis Carroll. Tra i tanti, il più amato rimane senza dubbio quello di American McGee, che alla fine del secolo scorso aveva portato sugli schermi dei nostri PC la sua visione di Alice nel paese delle meraviglie. Premendo l’acceleratore sugli elementi più dark e disturbanti del capolavoro ottocentesco, l’Alice di McGee era riuscito – a modo suo – a regalare una ventata d’aria fresca sia all’opera di riferimento che al mondo dei videogiochi, risultando tutt’oggi il punto più alto mai toccato dall’adattamento. I ragazzi di Cortopia Studios, dopo il riuscito Wands, decidono di mettere le mani sullo stesso romanzo, reinterpretandolo però in chiave più fiabesca e leggera; questa volta in esclusiva per i caschetti di realtà virtuale.
Nel suo incipit, Down the Rabbit Hole racconta di una ragazza che, mentre è alla ricerca del suo animale scomparso, finisce inavvertitamente nella tana del Bianconiglio. Il tonfo farà sì che tutte le lettere di invito preparate per conto della temibile Regina di Cuori si sparpaglino nei luoghi più remoti del regno, caricando la nostra protagonista non solo del compito per cui è partita, ma anche della ricerca di tutti gli inviti scomparsi.
Seguendo le orme di Polyarc con il suo meraviglioso Moss, Cortopia Studios ci presenta un’avventura in terza persona in cui controlleremo la protagonista attraverso il joypad, mentre – con le nostre mani virtuali – la aiuteremo ad interagire con lo scenario. La struttura è grossomodo quella del famoso titolo sopracitato, ma alla stessa si aggiungono una manciata di meccaniche del tutto personali, che donano all’operazione un’identità molto specifica.
Prima di tutto viene a meno l’elemento action, con un gameplay totalmente dedito ai puzzle – molto semplici ma sempre piacevoli – ed una gestione del locomotion trattata in maniera piuttosto differente. Essendo tutti gli scenari profondamente interconnessi, non avremo quindi una visione circoscritta alle piccole aree che li compongono, ma potremo esplorare la mappa nella sua totalità in qualunque momento. Per spostarci tra i cunicoli che costituiscono il regno, dovremo quindi afferrare dei piccoli tronchi fluttuando tra un’area ed un’altra, mentre continuiamo a muovere il nostro personaggio attraverso il thumbstick sinistro.
Questo rende da una parte più interessante la struttura del level design, ma dall’altra meno accessibile ed elegante il prodotto, che potrebbe quindi essere causa di motion sickness per i meno avvezzi al genere.
Oltre ai problemi di accessibilità, c’è da dire che questa scelta risulta piuttosto scomoda anche agli stomaci più resistenti, costringendoci a resettare più volte la visuale attraverso il tasto dedicato nel corso di una singola sessione. Se su Oculus Quest il problema risulta più marginale, non avendo l’ingombro del cavo ed avendo invece la possibilità di muoverci liberamente, con un headset PC il problema si fa sicuramente più importante.
Efficace invece il modo in cui i dialoghi a scelta multipla ed alcuni puzzle sono implementati, con qualche stacco improvviso ad una visuale in prima persona, che ci permette di comprendere meglio gli spazi circostanti. Da qui ci verrà chiesto di risolvere qualche breve puzzle, spesso basato sull’inserimento di simboli sparsi per le mappe o sull’osservazione del mondo di gioco. Guardare le stanze più da vicino risulta sicuramente suggestivo, e fa apprezzare la cura per alcuni dettagli che i ragazzi svedesi si sono evidentemente sforzati di imprimere al prodotto.
A proposito di impatto visivo, Down the Rabbit Hole non risulta tuttavia un prodotto eccezionale sia sul fronte meramente tecnico che su quello artistico, che presenta una messa in scena piacevole ma spesso un po’ spoglia, e svela la natura portatile del prodotto. Non che l’immaginario risulti poco affascinante, ma se su Quest gli si può perdonare una generale mancanza di ricchezza estetica, su PC risulta più difficile scendere agli stessi compromessi.
Rispetto all’opera magna di Polyarc, in questo caso si dimezza anche la longevità, con un paio d’ore scarse necessarie a concludere l’avventura, a cui si può aggiungere serenamente un’altra ora per trovare tutte le lettere nascoste nel reame, ed arrivare così al vero finale del gioco.
Down the Rabbit Hole è un piccolo puzzle-adventure in terza persona piacevole ma un po’ freddo, che segue in parte il filone inaugurato da Moss, ma che manca della sua perfezione millimetrica nell’art direction e nelle meccaniche di gioco. L’opera di Cortopia Studios è senza dubbio indicata a tutti i possessori di Oculus Quest che cercano un prodotto analogo, in un mercato popolato principalmente da altri generi videoludici. Per tutti i possessori di un headset PC e Playstation VR invece, dipende da quanto siete disposti a scendere a compromessi rispetto ad un porting – piuttosto palese – di un’opera pensata per il caschetto standalone di Oculus.
Down the Rabbit Hole è disponibile dal 26 marzo 2020 al prezzo di 19,99 su Steam ed Oculus Store, compatibile con Oculus Rift, Oculus Quest, Valve Index, HTC Vive e WMR. L’uscita su Playstation Store è fissata per Aprile.
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