Dreadeye VR: la recensione

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Quando si parla di videogiochi l’Indonesia non è certo il primo paese che viene in mente, così come tutte quelle nazioni in cui il suddetto medium non è ancora riuscito ad affiancarsi ai suoi diretti colleghi nella struttura sociale del paese – o almeno non trasversalmente – Italia compresa. I ragazzi di Digital Happiness sono invece un bell’esempio di come la passione per il medium videoludico non abbia né tempo né luogo; partendo da un piccolissimo team e una manciata di idee, questi sviluppatori indonesiani sono riusciti a creare una saga di buon successo dove altri studi più grossi e competitivi hanno fallito, producendone addirittura uno spin-off per realtà virtuale.

Dreadeye VR è infatti il terzo arrivato di una saga iniziata con Dreadout, seguito poi da Dreadout: Keepers of the Dark; due titoli che partendo dalle basi del magnifico Project Zero di Tecmo e saccheggiando da vari esponenti del survival horror asiatico hanno riscosso un più che discreto successo tra gli appassionati. Digital Happiness è riuscita a regalare ai suoi utenti esperienze che, nonostante i limiti e l’evidente mancanza di budget, hanno inevitabilmente lasciato un segno sia nel cuore degli aficionados, sia nelle pagine del survival horror contemporaneo.

Tuttavia, Dreadeye VR si discosta fortemente da tutto ciò che Digital Happiness ha fatto in passato e nonostante il contesto in cui il titolo è ambientato sia lo stesso, con personaggi e riferimenti ricorrenti, il gameplay è questa volta andato incontro alle necessità del mezzo. Per il loro primo titolo VR, i creatori di Dreadout decidono quindi di puntare su un’esperienza audiovisiva fondamentalmente su binari, in cui tra una sezione di gioco e l’altra dovremo assistere a diverse scene scriptate senza poter interagire con l’ambiente, se non nell’hub centrale e in un paio di episodi specifici piuttosto riusciti.

Il gameplay del titolo, ci vede quindi impersonare i panni di uno sciamano indonesiano, detto dukun, di fronte ad un grosso calderone e con molteplici ingredienti a nostra disposizione. Al nostro fianco, un inquietante libro di stregoneria ci indicherà le formule esatte per evocare una serie forze maligne per un totale di sette piccole esperienze, che ci catapulteranno a loro volta nei ricordi di uno specifico personaggio e che dovremo guadagnarci seguendo alla lettera le indicazioni presenti sulla suddetta guida.

Se le azioni concesse dagli sviluppatori sono limitate (come da tradizione in questa first gen della VR), la varietà di situazioni è invece un grande punto a favore del titolo. Ogni incantesimo ci restituirà un setup completamente diverso dal precedente, sia come tono che come impatto scenografico, stuzzicando la curiosità del giocatore fino alla fine dell’avventura. Quello che dovremo fare una volta completati gli incantesimi, sarà assistere più o meno inermi e più o meno spaventati a ciò che ci si rivelerà di fronte, spesso senza nemmeno l’utilizzo delle mani virtuali; due di queste esperienze ci permetteranno tuttavia di avere un ruolo attivo grazie a delle divertenti sezioni di shooting, semplicissime nelle meccaniche ma funzionali ad arricchire la varietà di un prodotto altrimenti molto meno interattivo.

Nonostante la limitata interattività, gli incantesimi di Dreadeye VR sono soddisfacenti da mettere in atto, le storie che ci vengono restituite riescono ad incuriosire e spesso il senso di terrore costringerà i giocatori meno abituati a prendersi un momento di pausa tra una sezione e l’altra.

Tenicamente Dreadeye VR si difende oltretutto molto bene, superando i due capitoli precedenti della saga sotto praticamente ogni punto di vista. Alla tecnica si affianca poi l’ottima direzione artistica, che arricchisce l’atmosfera macabra che permea il racconto e valorizza un più che discreto utilizzo del motore grafico (questa volta Unreal Engine, a discapito del precedente Unity), facendolo finire di diritto tra gli horror VR più visivamente appaganti dell’anno, nonostante alcune evitabili sbavature di certi modelli poligonali.

Anche il comparto sonoro si comporta bene, con un sound design e delle musiche azzeccati ed inquietanti al punto giusto, segnando anche da questo punto di vista un netto miglioramento rispetto a quanto fatto in passato.

Dreadeye VR è un piccolo titolo, ma ad oggi probabilmente un must per ogni amante dell’horror, che ritroverà in questo peculiare spin-off della saga di Dreadout un’ottima gestione della tensione, un art direction valida e appagante, oltre che una manciata di jumpscare spesso telefonati, ma il più delle volte davvero efficaci.

Se volete approfondire, QUI l’intervista integrale ai ragazzi di Digital Happiness, in esclusiva per VR ITALIA.

Dreadeye VR è disponibile su Steam dal 28 Novembre 2017.

 




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