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Edge of Nowhere: recensione (redux) e video recensione (PCVR)

Giocato con Oculus Rift S

Continua il nostro viaggio nelle retro recensioni, ovvero titoli usciti da ormai qualche anno, ma che ha ancora senso farvi scoprire; un po’ perché non ve ne abbiamo mai parlato in modo approfondito, ed un po’ perché su Youtube Italia nessuno se li è cagati. Questa volta tocca al magico Edge of Nowhere di Insomniac Games, titolo che avevamo in realtà già recensito testualmente al lancio, ma che – come molti prodotti – non ha nemmeno mezza video recensione in italiano sul web. In questa sorta di recensione “redux” andrò quindi a riproporvi in parte il mio vecchio testo, visto però dagli occhi di cinque anni di realtà virtuale, analizzando anche come è invecchiato il titolo nel 2020, e se ha ancora senso recuperarlo. Buttiamoci quindi nei ghiacciai gelidi e lovecraftiani di Edge of Nowhere.

Insomniac Games è una software house che non ha certo bisogno di presentazioni. Entrata nel cuore degli appassionati dalla quinta generazione di console grazie a titoli come Spyro the Dragon e Ratchet & Clank, i nostri hanno recentemente sfondato critica e pubblico con i loro titoli su Spiderman, ma non prima di essersi fatti un giretto in realtà virtuale. La software house americana decide infatti di dedicare il suo 2016 alla produzione di tre esclusivi per Oculus Rift, affrontando generi e approcci completamente diversi tra loro. Il titolo che andremo ad affrontare oggi è fondamentalmente un action-adventure a tinte horror in terza persona da giocare seduti, basato esclusivamente sull’utilizzo dell’headset, affiancato ad un controller tradizionale; oggi parliamo di Edge of Nowhere.

L’avventura si apre su Victor Howard, il nostro protagonista, che giunge alle soglie dell’Antartide. L’obiettivo di Victor è di far luce sulla scomparsa della fidanzata Ava e, di conseguenza, recuperarla da una curiosa spedizione di cui si son perse le tracce. Le cose iniziano fin da subito con il piede sbagliato, poiché l’aereo su cui il protagonista viaggia viene abbattuto da una forza misteriosa. Victor si salva per miracolo, ma nel suo viaggio alla ricerca dell’amata consorte, dovrà fare i conti con una forza sovrannaturale terribile e inaspettata.

Edge of Nowhere è un titolo strano, poiché tenta di adattare un genere che poco si presta all’unicità della realtà virtuale e che, a una prima occhiata, potrebbe non giovare delle peculiarità del mezzo; ma vi assicuro che non è così. Il nostro sguardo diventa in questo caso la macchina da presa che segue Victor, costringendo il game director Brian Allgeier a lavorare in modo peculiare su linguaggio e inquadrature, sacrificando chiaramente la varietà dei punti di vista. La scelta del punto di vista limita oggettivamente le possibilità di storytelling nei momenti narrativi ma, paradossalmente, questi ultimi sono trattati in modo magistrale, ed ancora oggi il prodotto Insomniac ha davvero pochi rivali in quanto a grazia nella messa in scena. Dimenticatevi i video piattoni a sfondo nero, in questo caso lo studio americano si è sforzato di sfruttare realmente i trecentosessanta gradi offerti dal visore, presentando momenti estremamente efficaci anche al di fuori dell’effettivo gameplay, nonostante il solo utilizzo del pad.

Il gameplay è invece quello classico dell’action adventure post Uncharted, con grosse strizzate d’occhio ai Tomb Raider di Crystal Dynamics, ed una manciata di elementi rubati agli altri grossi esponenti del genere. In Edge of Nowhere dovremo arrivare dal punto A al punto B, passando per fasi esplorative, momenti più action e lunghe sezioni stealth; inframezzate ovviamente da sequenze totalmente narrative, che scandiscono dignitosamente il racconto. Oltre a comandare Victor con un pad tradizionale (o i touch controller, usati come joypad), potremo sfruttare finalmente l’headset per puntare fisicamente la torcia verso la direzione desiderata, facendoci luce nelle caverne più buie, e scoprendo un senso di immersione quasi inedito nella classicità del genere. Inoltre, la meccanica del puntamento a vista ci permetterà di mirare guardando negli occhi il nemico durante le sparatorie, rafforzando le sensazioni sopracitate e regalandoci uno shooting estremamente dignitoso nonostante i limiti dell’hardware. Tutti elementi che funzionano sorprendentemente bene e conferiscono carattere a un gameplay inevitabilmente semplificato in molti dei suoi aspetti, ma che riesce comunque a dire qualcosa di inedito nell’immenso parco giochi dell’action adventure.

È inoltre lodevole la libertà data al giocatore nell’approccio alle situazioni di pericolo, in cui è possibile decidere se farsi strada a suon di polvere da sparo, o se optare per un metodo più ragionato; sfruttando le numerose trappole sparse nella mappa di gioco o i punti deboli degli avversari. Il limite più grosso di Edge of Nowhere è senza dubbio una ripetitività del gameplay che se paragonata agli esponenti flat dello stesso genere lascia un po’ con l’amaro in bocca, ma è anche vero che vivere un’avventura come quella di Insomniac in realtà virtuale, vale potenzialmente più di dieci Marvel’s Spiderman.

Per quanto concerne l’impatto estetico, l’atmosfera di Edge of Nowhere è splendida ed opprimente, e ci trasporta di forza in un immaginario a metà tra Lovecraft e Giger in cui realtà, immaginazione ed elementi sovrannaturali creano un mix affascinante e coerente, che si fa punta di diamante dell’intera produzione. La storia inoltre, sebbene risulti un po’ derivativa, riesce a dimostrarsi interessante dall’inizio fino alla fine, soprattutto grazie al pathos dato da una messa in scena sempre impeccabile. È anche vero che gli ambienti di gioco risultano piuttosto limitati ed a tratti ripetitivi, sebbene spesso capaci di lasciar senza fiato, soprattutto nei momenti in cui la coreografia si fa più estrosa.

La solida art direction del titolo Insomniac è per di più supportata da una buona realizzazione tecnica, minata solo da piccole sbavature che non rovinano comunque l’esperienza. Su Rift S in particolare, assisteremo spesso ad un flickering della neve nelle zone più estese, che sebbene non infastidisca più di tanto, sporca una produzione altrimenti quasi impeccabile sul fronte del polishing. Abbiamo poi qualche texture in bassa definizione ed una risoluzione molto bassa per gli standard a cui siamo abituati oggi, e che non potremo modificare internamente al gioco poiché manca un menù dedicato alle opzioni grafiche. Sono piccole difetti che non levano troppo smalto alla produzione, ma che dimostrano ancora una volta il gap che si cela tra le produzioni AAA in VR e quelle tradizionali.

L’avventura si può concludere senza troppi problemi intorno alle tre, quattro ore; longevità probabilmente adatta al prodotto in questione, ma chiaramente inferiore a ciò che ci si aspetta da un blockbuster videoludico venduto quasi a prezzo pieno. È anche vero che erano altri tempi, ed oggi un prodotto che presenta la stessa longevità viene venduto ad un prezzo molto inferiore, ma dato che il titolo si porta oramai quasi cinque anni sul groppone, non è difficile trovarlo spesso a prezzo scontato.

Edge of Nowhere rimane un titolo meraviglioso, estremamente consigliato a chiunque cerchi un’esperienza diversa dai soliti prodotti per VR. L’opera di Insomniac farà sicuramente la gioia di chi cerca uno storytelling solido e un’atmosfera curata, ancora meglio se affascinati da un contesto lovecraftiano, che spinge forte sull’horror psicologico e qualche sporadico, ma azzeccato, jumpscare. Purtroppo il contributo della software house americana alla VR non ha oggi la stessa cadenza di quella che aveva al lancio dei visori PC, ma visti i risultati non vediamo l’ora di rimanere ancora stupiti da un loro prodotto originale. Il titolo è invecchiato bene, ed è indicato prevalentemente a chi cerca un’esperienza da PAD; ora aspettiamo soltanto un bel porting su Oculus Quest.

Edge of Nowhere è disponibile dal 6 Giugno 2016 su Oculus Store, compatibile con Oculus Rift.






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Alessandro Redaelli

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