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Eli Roth’s Haunted House: Trick-VR-Treat | la recensione | Meta Quest TV

Provato su Meta Quest 2.

È Halloween. Il giorno dei travestimenti, delle zucche, dei dolci e del cinema horror. Magari avete invitato degli amici per una festa, o avete in programma una serata a tema coi vostri partner. Tirate fuori il visore e cercate una bella esperienza horror in realtà virtuale da condividere. Vi capita sotto gli occhi il nuovo prodotto di Meta, Eli Roth’s Haunted House: Trick VR Treat. Un film live-action con protagonista Vanessa Hudgens che è stato lanciato in anteprima su Horizon Worlds qualche giorno fa e che ora è disponibile su Meta Quest TV.

Sembra la scelta perfetta. Una produzione first party, diretta da un regista che il genere lo mastica da vent’anni e che ha all’attivo film come Cabin Fever, Hostel, Hostel 2, Il Mistero della Casa del Tempo. Tutti successi commerciali – e in alcuni casi anche di critica. 

Lo fate partire. Trenta minuti dopo, l’unica cosa che vi fa desistere dal chiedere un rimborso è che il film era disponibile gratis.

Ma cosa è andato storto? 

Innanzitutto, facciamo un paio di premesse

La VR è il medium perfetto per l’horror – per ovvi motivi: immersione, immedesimazione, fruizione. Siete al buio, separati dal mondo esterno, senza la distanza “di sicurezza” che vi può concedere un monitor o un televisore. E infatti i videogiochi horror in VR sono molti e sono spesso eccellenti. E quando non sono eccellenti, sono almeno – quasi sempre – efficaci. Il cinema invece ha sempre fatto un po’ più di fatica a ritagliarsi uno spazio in questo nuovo ambiente. Lo store è pieno di esperienze VR in full CGI, animate, a 360°, mentre di esperienze in live-action, cioè girate con telecamere e attori e set non virtuali ce ne sono pochine (se non contiamo i documentari, che sono invece spesso di ottima fattura). E l’horror in particolare sembra essere appannaggio di quei prodotti promozionali messi insieme dai reparti marketing in vista dell’uscita di film tradizionali, e che raramente colgono nel segno. L’esperienza VR di IT, quella di Nightmare, di The Nun. Etc. 

Ma insomma, perché? I motivi sono molteplici. Come spiega lo stesso Eli Roth nel backstage del film – che parte in autoplay quando arrivate alla fine – girare per la VR è difficile. Una visuale a 360° significa che non c’è modo di nascondere la troupe, le attrezzature, le luci. Significa costruire e allestire set completi, il che costa un sacco di soldi. Motivo per cui, per la sua Haunted House, il buon Eli ha optato per la solita, deludente, limitata visione a 180°. 

Ma non solo. I video a 360° (o a 180°) si possono girare con due metodi: monoscopici e stereoscopici. I primi sono realizzati con telecamere che utilizzano una singola lente per ogni sezione del campo visivo, per poi mettere insieme un’immagine che viene sostanzialmente proiettata su una sfera che avvolge lo spettatore. L’immagine è quindi piatta e non c’è sensazione di profondità. I secondi invece usano due lenti per ogni sezione del campo visivo, e creano l’illusione della profondità più o meno con lo stesso metodo dei film in 3D da vedere con gli occhialini. Il primo metodo è molto più economico e semplice da realizzare, il secondo costa di più e richiede molti più passaggi in post produzione. Indovinate quale ha scelto Eli Roth?

Ci ritroviamo quindi davanti a uno schermone gigante a guardare un’immagine piatta al cui interno si susseguono scene illuminate a giorno, con attori poco convinti, trucco e parrucco da recita delle medie e soprattutto ben poca tensione.

Ma ripercorriamo al volo la storia: un gruppo di ragazzini segue una ragazza vestita da fata fino alla porta di una villa che si dice sia posseduta. La casa si rivela effettivamente posseduta. Venite inseguiti, drogati (con le caramelle) e rapiti. E alla fine, colpo di scena, la ragazza vestita da fata era in realtà una strega.

Già, perché Eli Roth, invece che regalarci un bell’Hostel in VR, ha deciso – immagino in accordo con Meta – di girare un film per bambini (nonostante in teoria il Quest i bambini sotto i tredici anni manco lo potrebbero usare), finendo col proporre un prodotto che non ha un vero target e che soprattutto sfrutta malissimo le potenzialità della VR. 

Anche tralasciando l’aspetto cheap dell’intera operazione, dovuta sicuramente alla mancanza di budget, ma anche alla tendenza di Roth di replicare sempre l’estetica degli Z movie che gli piacevano da ragazzino, Haunted House non sembra un film pensato per il visore. Il campo visivo ridotto, l’assenza di stereoscopia, la messa in scena che non invoglia quasi mai a esplorare l’inquadratura, sono tutti peccati capitali del cinema in realtà virtuale. E sono tutti errori che commettono molti registi di cinema tradizionale quando fanno i loro piccoli esperimenti VR. 

Eli Roth e i suoi colleghi hanno ancora molto da imparare sulla realtà virtuale, ammesso che ne abbiano voglia. Haunted House, che in quanto prodotto originale Meta poteva davvero dare una scossa al genere, ne è la dimostrazione lampante. Il suo unico pregio? Almeno non fa come The Limit di Robert Rodriguez. Caro Robert, il montaggio frenetico, le inquadrature ardite e LA TELECAMERA A MANO nei tuoi film in flat possono essere elementi esaltanti, ma in VR l’unico effetto che ottengono è quello di farmi quasi vomitare sul tappeto.

Eli Roth’s Haunted House: Trick VR Treat è un fallimento sotto tutti i fronti (a partire dal titolo, con il suo dozzinale gioco di parole) e dimostra che il cinema commerciale di genere in VR ha ancora tanta, tanta strada da fare.






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Ruggero Melis

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