EYE OF THE TEMPLE arriva su Quest 2

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Una torcia, una frusta, un fedora e uno spazio di due metri per due per sentirsi come Indiana Jones. È quello che offre Eye of the Temple, l’avventura roomscale di Rune Skovbo Johansen che oggi approda su Meta Quest 2 a un anno e mezzo dall’uscita su Steam.

Ed era anche ora: Eye of the Temple sembra nato per un visore standalone, e non aveva davvero senso che fosse disponibile unicamente per le piattaforme PCVR. Perché? Perché è uno dei pochi titoli disponibili sul mercato a sfruttare in modo creativo e ingegnoso gli spazi casalinghi dei giocatori. Eye of the Temple vi richiede di giocare in piedi e di muovervi fisicamente nello spazio, ma non vi chiederà mai di fare più di due passi consecutivi nella stessa direzione. Eppure, grazie a un level design che concatena piattaforme in movimento, ascensori, carrelli e cilindri rotanti, vi darà l’impressione, alla fine di ogni sessione, di aver percorso chilometri

Il gioco in sé non è cambiato rispetto a quando abbiamo recensito la versione Steam, e potete ovviamente recuperare la recensione di Alessandro QUI. In sostanza, Eye of the Temple rimane un progetto portato avanti da un singolo sviluppatore, il finlandese Rune Skovbo Johansen, e forse va valutato come tale. Non si distingue certo per la confezione grafica, che diventa più accettabile in standalone ma che non fa gridare al miracolo, né per la visione artistica, che si conferma molto limitata, né per il puzzle design, che procede per accumulo senza intuizioni brillanti o meccanismi particolarmenti ispirati.

Il suo punto di forza resta la meccanica del movimento, che sul visore Meta guadagna una valanga di punti. Se la versione PCVR doveva per forza fare i conti con la varietà di connessioni possibili tra headset e computer – che nel migliore dei casi era airlink o virtual desktop e nel peggiore dei casi era uno scomodo cavo che rendeva sostanzialmente impossibile un gameplay agile e fluido – in standalone Eye of the Temple può finalmente brillare. Può diventare, per esempio, il titolo ideale da far provare ad amici, partner e parenti, anche lontano dal vostro router e dal vostro pc da gaming. E pur senza essere un capolavoro sotto nessun aspetto, può evocare sensazioni rare perfino per la realtà virtuale

Il senso delle proporzioni del gigantesco tempio che siete chiamati a esplorare è notevole, ed è amplificato all’ennesima potenza dal fatto che, alla fine dei conti, vi state muovendo davvero in quello spazio. Poco importa che nella realtà stiate sostanzialmente girando in tondo in un’area di due metri per due. Sia che si tratti di un avanzamento lento e metodico (un passo avanti e uno indietro) o più frenetico, con una serie di movimenti concatenati in rapida sequenza, avrete la sensazione di esservi avventurati in un ambiente nuovo e gigantesco.

Per quanto riguarda la performance e la giocabilità, segnalo che la semplicità della grafica permette ad Eye of the Temple di girare senza nessun problema su Quest 2, mentre lo spazio richiesto di due metri per due va forse calcolato con un po’ di generosità. Il mio spazio ad esempio soddisfa i requisiti, ma lungo tutto il perimetro è impossibile non imbattersi nella griglia del guardian, che rischia di spezzare la sensazione di immersione nell’ambiente.

Alla fine dei conti questa non è una recensione. Quella la trovate sul sito, realizzata dal nostro Alessandro per la versione steam. È un appello. Amici sviluppatori, fate più giochi come Eye of the Temple, fateli meglio, più belli, più stimolanti e fateli per i visori standalone. Sono esperienze uniche che hanno il potenziale di allungare ancora di più la distanza tra il gaming in VR e quello tradizionale.

 




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