Gal*Gun è una apprezzata serie nata su PS3 e Xbox 360, che ha visto un seguito (Double Peace) per l’ultima generazione di console approdata tempo dopo anche su PC. Un gioco atipico, ma con una trasversale schiera di sostenitori. L’idea che questa nicchia possa ben incrociarsi con gli appassionati di realtà virtuale è ardita, ma Inti Creates – gli sviluppatori del gioco – avevano già dato segni di interesse per soluzioni innovative inserendo il supporto per PlayStation Move. L’esperimento è riuscito e decisamente spassoso, sorprende che sia giunto nel mercato PC prima che su PSVR.
Gal*Gun VR non è una conversione diretta di uno dei due episodi già pubblicati. Non ha nemmeno lo spessore o il budget dei capitoli precedenti, ne’ viene pubblicato a prezzo pieno (come lo era al lancio per console) in un mercato come quello della realtà virtuale, dove tutto costa mediamente di più.
Trattasi di una sorta di sparatutto su binari, ove in questa edizione le “pistole” sono due: mano dominante arma ai feromoni, mano secondaria un aspiratore degno di Ghostbuster, utile per risucchiare i tanti demoni nascosti nel gioco. Del tutto accidentalmente, il turbinio farà sventolare le gonne come bandiere, e sempre per motivi fortuiti sarete dotati di cellulare per scatti arditi da qualsiasi angolazione, con bullet time integrato. I benpensanti saranno già in agitazione, ma infondo l’ipocrisia di considerare immorale un gioco come questo ma del tutto accettabile interagire con armi realistiche e corpi martoriati non merita ulteriori giustificazioni. Tra l’alto il gioco sprizza ironia da tutti i pori e raggiunge il suo picco di depravazione in una nutrita collezione di foto raffiguranti mutandine, che ogni buon giocatore di Gal*Gun sarà tenuto a produrre.
Il gioco soffre di due sostaziali problemi, tra loro connessi, che possono essere ignorati o avere un certo peso secondo i casi. Il primo, già citato, è il fatto che chi si aspetta i molteplici contenuti presenti nelle versioni “flat” si troverà invece di fronte a un prodotto più essenziale, svuotato da elementi narrativi e del tutto improntato all’azione. Il secondo è che questa essenzialità non aiuta a comprendere come il gioco vada affrontato, poiché la già citata definizione “sorta di sparatutto” sta molto stretta a questa versione in realtà virtuale, più che a quella su monitor. Problema corroborato dalla scarsa propensione di Gun*Gan a premiare o educare il giocatore, non potendo morire potrete vedere i livelli disponibili in meno di due ore, quasi senza comprendere ciò che vi viene chiesto di fare (completare tutti e 90 gli achievements mi ha richiesto una decina di ore abbondanti).
Gli elementi più unici e divertenti di questa versione in realtà virtuale hanno poco a che fare con lo spargimento di sangue, o per meglio dire di feromoni. Il gioco permette di fan innamorare ogni ragazza fissandola negli occhi da distanza ravvicinata (lovestruck) e l’operazione risulta pericolosa in quanto si è esposti e vulnerabili ai lati, ma anche altamente remunerativa in quanto siffatta conquista fa innamorare istantaneamente tutte le donne presenti. Ben al di là delle intenzioni originarie dei programmatori, essendo il lovestruck l’eccezione piuttosto che la regola, giocando in roomscale voi potrete muovervi, arrampicarvi o sdraiarvi (il vostro avatar ha la cattiva abitudine di fissare le studentesse da tombini, alberi ed ogni sorta di periglioso nascondiglio) per il solo piacere di conquistare con lo sguardo la malcapitata di turno. E non per il punteggio, ma per l’intimità che la realtà virtuale rende possibile, avere di fronte a voi degli occhi che vi seguono e un personaggio con una sua fisicità percepibile ha il suo valore e difficilmente vorrete rinunciarvi. Questo ed un riuscitissimo uso del cellulare, che avevamo già visto in Kingspray Graffiti, sottolineano bene come e perché giocare in realtà virtuale sia una esperienza differente. A patto, mi scuso per la ripetizione, di capire che tutto ciò sia possibile senza limitarsi al solo sparare.
Non vi è alcun movimento forzato di telecamera nel gioco, quindi è totalmente sicuro anche per i più sensibili. Sebbene non indicato nella pagina Steam, ci sono riscontri di una compatibilità anche per chi volesse giocarci con il monitor (ovviamente l’esperienza sarà diluita e morificata) per cui è probabilmente fruibile anche con il solo visore, senza controller tracciati.
Il malcelato entusiasmo non sorprenderà il lettore, il gioco è valido e soprattutto originale, mi ha parecchio divertito. Esplora la fisicità che la realtà virtuale permette, aprendo timidamente nuove porte, che un domani potrebbero vedere sparire le pistole (retaggio della sua genesi su schermo) in favore di voce, postura e gestualità. Per chi ama tratto e animazione giapponese, non è il primo bell’esempio in VR: abbiamo già apprezzato Project Lux e Airtone, tra gli altri, questo stile grafico si adatta perfettamente alla virtualità. Rimane tuttavia un prodotto di nicchia, non per tutti i palati.
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