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Genotype | la recensione | Meta Quest

Giocato su Meta Quest 3

Sono passati molti anni dal momento in cui giocai al primo Metroid Prime su Nintendo GameCube, nel lontano 2003. Proprio in virtù dei miei ricordi, speravo di trovare in Genotype il degno erede delle avventure di Samus in realtà virtuale, dato che il prodotto di Bolverk VR Games sembrava esprimere chiaramente l’amore per l’iconico franchise di Nintendo. Esaminiamo quindi i pro e i contro di questo Metroidvania in realtà virtuale.

Il gioco ci metterà nei panni di Evely, una stagista presso una stazione meteorologica situata in Antartide. Durante una spedizione di routine, Evely cade attraverso il ghiaccio nei misteriosi laboratori della Snowdrop Initiative. Fortunatamente, verrà in nostro soccorso l’ultimo sopravvissuto umano della struttura: William, che ci guiderà nell’impresa di salvare l’intero pianeta.

L’inizio del gioco si rivela molto interessante, con una trama coinvolgente ed un ritmo di gioco piuttosto ritmato, facendoci acquisire fin dalla prime ore di gioco moltissime armi e tool utili all’interno della nostra avventura. E sono proprio le bocche da fuoco a nostra disposizione a rappresentare la caratteristica più interessante dell’intero progetto. Per affrontare nemici ed enigmi ambientali, infatti, dovremo utilizzare delle armi biologiche montate direttamente sulla nostra mano. Il rooster di armi a disposizione spazia dalle classiche pistole e mitragliatrici, ad armi che ci permettono di trasformarci in piccoli insetti capaci di passare attraverso condotti di ventilazione (proprio a la Metroid). La gestione dell’inventario è ben realizzata e può essere richiamata con un tasto, consentendoci di inserire medikit o armi secondarie, che si riveleranno utili durante i combattimenti. Come la maggior parte dei metroidvania, Genotype ha un sistema di salvataggio manuale tramite dei computer situati in specifiche aree, consentendo al giocatore di riprendere dal punto in cui ha effettuato l’ultimo salvataggio dopo ogni game over. Questa meccanica potrebbe far storcere il naso ai numerosi videogiocatori abituati ai salvataggi automatici, ma superato il primissimo scoglio riproverete l’ebbrezza e l’ansia tipica dei gioco di inizio duemila.

Dal punto di vista tecnico, il gioco presenta una buona quantità di dettagli poligonali negli ambienti, nei nemici e nelle armi, e riesce a sfruttare appieno le capacità di Quest 2. Peccato solo che gli utenti Quest 3 stiano ancora aspettando una patch che aggiorni il gioco sull’ultima macchina di Meta. Comunque, anche se nel momento in cui scrivo questa recensione non è ancora uscita nessuna patch, il gioco risulta sicuramente godibile.

Purtroppo, dal punto di vista artistico, il gioco soffre di una notevole ripetitività negli ambienti e nei nemici, con variazioni davvero minime. Questa mancanza di diversificazione è un vero peccato, poiché una maggiore varietà avrebbe contribuito a dare più ritmo al prodotto, soprattutto nella parte centrale del gioco.

Oltretutto, Genotype presenta alcuni problemi negli scontri con i nemici, che rappresentano il vero tallone d’Achille del gioco. Colpa di un gunplay che non fornisce al giocatore il giusto feeling dei colpi. Inoltre, la hitbox del nostro personaggio sembra essere più ampia rispetto alla corporatura del giocatore, il che porta a subire danni non preventivati, specialmente quando ci si scontra con i nemici che attaccano corpo a corpo.

In conclusione, Genotype dimostra un impegno evidente nel fornire un’esperienza Metroidvania apprezzabile, con una base solida, una trama piuttosto interessante ed un’ottima longevità. Tuttavia, le problematiche legate al gunplay, l’ampia hitbox del giocatore e la ripetitività degli ambienti e dei nemici tendono a sporcare un’esperienza che avrebbe meritato decisamente di più. Nonostante le imperfezioni, Genotype potrebbe comunque attirare gli amanti del genere Metroidvania, ma purtroppo non riesce ad esprimere il suo pieno potenziale. Pertanto, prima di immergervi in questa avventura, è importante tenere a mente tali difetti e ponderare se sia il gioco giusto per voi o meno.






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Lorenzo Vizzari

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