Giocato su Meta Quest 2
Vi dico sempre che in realtà virtuale abbiamo bisogno di giochi semplici, chiari e immediati, che si muovano necessariamente in parallelo con un linguaggio che soffre moltissimo a ogni accenno di noia o frustrazione. Con Into the Radius VR, titolo d’esordio di CM Games, ho cambiato – in parte – idea. Dopo una lunga fase di early access velato e un esordio su Quest 2 non esente da difetti, andiamo oggi a scoprire un titolo che ha finalmente trovato la sua dimensione, aggiornamento dopo aggiornamento, diventando uno dei migliori survival game di tutto il mercato VR.
Avevo provato Into the Radius poco più di due anni fa, alla sua prima uscita su PC. L’ispirazione a Stalker e a un’estetica sovietica Tarkoviana era chiara fin da allora, così come la volontà di restituire all’utente un’esperienza nuda e cruda, tipica del videogioco più hardcore che non vuole scendere a compromessi. Ne ero affascinato, ma la mancanza di un tutorial chiaro e una pulizia che lasciava ancora molto a desiderare mi fecero desistere dal continuarlo. Oggi, dopo l’uscita su Quest 2 a settembre e dopo un corposo aggiornamento arrivato questo ottobre, ho deciso di cimentarmi definitivamente nell’opera di CM Games, scoprendo in realtà un prodotto sorprendente da tutti i punti di vista, che qualsiasi appassionato di realtà virtuale dovrebbe quantomeno provare.
La narrativa che muove le fila del racconto non è così chiara, come vuole la tradizione letteraria e cinematografica a cui il prodotto si ispira. Siamo un sopravvissuto a una catastrofe nucleare che si risveglia in una zona non ben identificata del mondo, e che si ritrova in una sorta di base abbandonata che ci farà successivamente da casa. Qui, per qualche ragione a me ancora ignota, avremo accesso a un terminale che ci andrà a restituire una serie di missioni divise tra prioritarie e non prioritarie. Entrambe ci richiederanno quasi sempre di recuperare questo o quell’altro oggetto all’interno del mondo di gioco, per poi riportarlo nell’hub e guadagnare una ricompensa in denaro, utile per acquistare armi e tool, potenziare le nostre bocche da fuoco e così via. La differenza tra le due tipologie di missioni è che le prioritarie porteranno avanti la narrativa, e con lei i progressi nella main quest; mentre le seconde serviranno soltanto a rimpolparvi le tasche di quattrini, da spendere poi all’interno della base.
Se vi sembra un game loop semplice avete ragione, ma soltanto in minima parte. La vera anima di Into the Radius non è infatti soltanto quella da loot shooter in cui uscire, recuperare oggetti e ritirarsi nell’hub, ma è soprattutto legata all’elemento survival. Partiamo dal loadout: il vostro alter ego avrà a disposizione diversi slot su tutto il corpo in cui inserire oggetti di varia natura, avrete a disposizione uno zaino estremamente capiente dentro al quale inserire tutto quello che trovate, e potrete addirittura mettervi qualcosa in una tasca laterale, sempre a portata di mano. L’elemento legato all’organizzazione del loadout è fondamentale per due motivi: il primo è che dovrete stare molto attenti a quello che vi porterete sul campo di battaglia, onde evitare inutili sprechi di spazio che potrebbero rendervi fin troppo lenti; mentre il secondo è l’organizzazione dei materiali. Questo perché Into the Radius è un gioco che fa del realismo il suo elemento principale, e senza una buona organizzazione finirete per morire dopo pochi passi dal vostro spawn sul campo.
Quando parlo di realismo, parlo della necessità di inserire manualmente i proiettili dalla scatola al caricatore; parlo di pulire la vostra arma da fuoco con spray, spazzolino e tool improvvisati per non farla inceppare; parlo dell’essere costretti ad acquistare gli agganci specifici per la vostra arma relativi agli attachments che troverete o che andrete ad acquistare. Insomma, un elemento che si avvicina fortemente al concept che sta alla base di Escape from Tarkov, e che vi costringerà a fermarvi frequentemente in nascondigli di fortuna, per effettuare un check necessario di tutti gli elementi in gioco, mettendovi anche in situazioni molto pericolose. Ma quali sono i pericoli di Into the Radius? Difficile elencarli tutti.
Non appena uscirete dall’hub vi ritroverete faccia a faccia con delle strane creature figlie delle radiazioni che hanno infestato l’area. Strascichi di quello che erano un tempo gli esseri umani, e che vi attaccheranno non appena entrerete nel loro campo visivo. A queste c’è un’unica soluzione: il caldo piombo delle vostre armi da fuoco. Pistole, fucili a lungo e a corto raggio, armi da taglio: gli strumento offensivi di Into the Radius sono moltissimi, e offrono un livello di personalizzazione forse mai visto in un prodotto in realtà virtuale, tanto da far quasi impallidire titoli di riferimento come Onward o Contractors. Lo shooting è volutamente macchinoso e soddisfacente, ma vi costringerà ad effettuare un refill dei colpi ogni tre o quattro target, facendovi dunque preferire – il più delle volte – un approccio marcatamente più stealth.
In ogni caso i nemici fisici non sono il solo pericolo del gioco. Sparsi per tutte le aree sono presenti anche dei globi semi trasparenti che uccidono chiunque gli si avvicini. Per evitarli, dovrete lanciare costantemente dei piccoli oggetti per svelarne la posizione: un meccanismo che poteva rivelarsi tedioso, e che invece funziona nel suo essere limitato ad aree molto specifiche, che necessitano di un percorso ben preciso. Troverete poi acque contaminate, strane radiazioni e altri elementi che non voglio svelarvi, se non per un’ultima – grossa – meccanica che sancisce le regole del gioco. Sulla vostra mappa sarà presente un grosso orologio con un timer, a cui inizialmente non darete grosse attenzioni. Una volta arrivato allo zero, tuttavia, il mondo di gioco andrà a resettarsi, teletrasportandovi oltretutto in una zona random della mappa. Questo vuol dire che tutti i nemici uccisi e il loot raccolto andrà a rigenerarsi, impedendovi di ripulire zone intere permanentemente, e restituendovi quindi una sensazione di pericolo costante dalla quale è impossibile liberarsi.
Into the Radius è questa cosa qui: un survival purissimo con un game-loop eccezionale, che vi terrà impegnati per una ventina di ore abbondanti, alla ricerca di questo o quell’altro oggetto dentro a un mondo ostile e violento, che riserva molte più sorprese di quelle che vi ho appena descritto. Tuttavia, mancando di un elemento narrativo particolarmente forte, tutto questo sarebbe stato inutile senza un contesto affascinante e convincente. Il titolo di CM Games becca anche questo, presentandoci un mondo di gioco dall’immaginario splendido, anche se non originalissimo, e restituendoci oltretutto un impatto prettamente tecnico eccellente su Quest 2. Di passi in avanti rispetto alla V1 su PC ne sono stati fatti tanti, ma mai mi sarei aspettato di trovarmi di fronte a un prodotto così pulito, realizzato e distribuito da un team appena nato e con poca dimestichezza con la realtà virtuale. Davvero chapeau, anche a proposito di un commento sonoro solido e inquietante, che difficilmente vi dimenticherete nel tempo.
CM Games ci restituisce inaspettatamente, e a poco più di due anni dal suo lancio, un survival game come ne avevamo bisogno in realtà virtuale. Hardcore e senza tregua, ma anche meraviglioso e immersivo come pochi, Into the Radius è il sogno di tutti quegli utenti che cercavano un prodotto realistico e punitivo, che strizza l’occhio all’horror più etereo, e che ci regala finalmente lo Stalker della VR che in molti stavamo aspettando. Se cercate un tipo di esperienza più immediata o scanzonata state assolutamente lontani dal titolo di CM Games, se invece ne siete incuriositi, o semplicemente vi stuzzica l’idea di uscire dalla vostra comfort zone, dategli assolutamente una chance.
Into the Radius è disponibile dall’8 settembre 2022 al prezzo di 29,99€ su Quest 2 e su Steam dal 20 luglio 2020 al prezzo di 27,99€
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