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Max Mustard | la recensione | Meta Quest

Giocato su Meta Quest 3

C’è una cosa su cui tutti noi appassionati di realtà virtuale siamo d’accordo: Astro Bot Rescue Mission è uno dei più grandi videogiochi non solo dell’ambito VR, ma di tutto l’ultimo paio di generazioni. Il platform di Team Asobi era riuscito a tirare così in alto l’asticella del genere che sostanzialmente nessuno, da allora, è riuscito ad avvicinarsi a quel livello, nonostante qualche timido tentativo. Toast Interactive, veterani della realtà virtuale con il loro Richie’s Plank Experience, tentano quindi il tutto per tutto: realizzare il loro personale Astro Bot, in esclusiva temporanea su Meta Quest, e presto in uscita anche su PSVR2 e PC.

L’antefatto narrativo di Max Mustard è sostanzialmente lo stesso del sopracitato capolavoro PlayStation: una serie di piccoli omini colorati vengono catturati da un malvagio professore, e starà a noi – livello dopo livello – andare a recuperarli tutti. Sul fronte ludico, inoltre, la formula è anche qui la stessa: si esplora uno stage alla ricerca di tutte e tre le creature nascoste, si accumulano quante più monete possibili, si evitano le trappole e si sfrutta qualche tool che è possibile utilizzare con le nostre stesse mani.

Se l’idea di base è infatti quella di un tipico platform in terza persona, in cui comandare il nostro alter ego attraverso la levetta analogica e i tasti dei motion controller, ogni tanto ci toccherà utilizzare in prima persona dei gadget necessari al superamento del livello. Non sono molti, e la loro funzione si limita prevalentemente all’eliminazione di nemici e ostacoli, o all’attivare delle speciali ventole che muoveranno qualche piattaforma, ma è sempre bello assistere a un’ibridazione così riuscita e piacevole di due modi di giocare apparentemente lontani, ma profondamente vicini. 

In ogni caso, un gioco di questo tipo non è niente se non ha dalla sua almeno due elementi fondamentali: mobilità e level design. Rispetto al primo elemento, Max Mustard ci restituisce un gameplay veloce, soddisfacente e discretamente preciso, come ci aspettiamo sempre da un platform di questo tipo. Siamo più o meno dalle parti di Lucky’s Tale, un po’ meglio di Ven, ma comunque ancora lontani dai comandi millimetrici e stratificati di quel grande capolavoro sopracitato, esclusiva del primo PlayStation VR. Il team, d’altro canto, è piccolo, e non ci si potevano aspettare elementi così raffinati come quelli propri soltanto dei team first party dei grandi colossi del gaming. Ed ecco perché mi spaventava molto di più il secondo elemento: il design dei livelli. Miracolosamente, invece, i percorsi e le trovate legate all’evoluzione dei singoli stage, in Max Mustard, funzionano davvero molto bene. Ci sono livelli dritti composti esclusivamente da salti e scontri, quelli in groppa a un carretto, quelli in cui le piattaforme compaiono e ricompaiono a ritmo di musica; insomma, c’è tutto quello che ci si aspetta da un prodotto completo in termini di varietà, con addirittura qualche boss a terminare i singoli atti.

Ecco, se proprio c’è da trovare un difetto nell’impanto ludico, questo è rappresentato proprio dai boss. Quelli di Astro Bot: Rescue Mission erano creativi, originali, divertentissimi e straordinari da guardare; quelli di Max Mustard sono formulaici, non particolarmente stimolanti e piuttosto mediocri in termini visivi. Un altro dei difetti del titolo di Toast Interactive è infatti legato alla sua componente tecnica. Non frantendetemi: il gioco è grazioso, più di altri che hanno provato a fare la stessa cosa, ma ha due problemucci su cui non sono riuscito a sorvolare fino in fondo. Il primo è che a livello di varietà visiva non siamo assolutamente dalle parti del gioco a cui si ispira, anzi. Si vede che il team ce l’ha messa tutta per restituire più vibes possibili lavorando su palette cromatica e colori degli asset, ma alla fine della fiera – ahimé – i quaranta livelli che compongono Max Mustard suonano un po’ tutti uguali. Il secondo problema è legato alla piattaforma: perché a quasi sei mesi da Meta Quest 3 escono ancora prodotti pensati nello specifico soltanto per Quest 2? Un aggiornamento della risoluzione per l’ultimo standalone di Meta arriverà tra qualche tempo, ma ora, al lancio, dobbiamo pupparci una versione che è chiaramente nata per lo scorso visore standalone, che oggi ci fa storcere un po’ il naso in termini di pulizia e ricchezza generale dell’immagine. Non dico che sviluppando esclusivamente per Quest 3 il risultato sarebbe stato completamente diverso, ma magari avremmo avuto un gioco più vicino a quella che sarà la versione PCVR e PSVR2 di prossima uscita.

Peccato anche per la colonna sonora, un po’ anonima e decisamente dimenticabile, molto distante da quella straordinaria e ineguagliabile di Astro Bot: Rescue Mission.

Ok, ci sono quindi delle cose che Max Mustard fa più o meno uguale ad Astro Bot e delle cose che fa decisamente peggio. Ma c’è qualcosa che fa effettivamente meglio? Sì, ed è il lavoro sulla progressione. Siamo abituati ormai da decenni a raccogliere monete su monete dentro a platform che non ci offrono poi grandi premi, una volta ottenute in gran quantità. Max Mustard fa invece una cosa molto intelligente: ci permette di comprare degli upgrade per il nostro personaggio, proprio con la valuta guadagnata in game. Vien da sé che ci verrà molto più spontaneo andare a raccogliere ogni singola moneta nascosta nella mappa, proprio per portare il nostro alter ego al livello successivo, che sarà qundi in grado di sconfiggere i nemici con le fiamme del suo jetpack, effettuare mosse speciali e volare per più tempo. Sono piccoli upgrade che migliorano e modificano il gameplay, e che rendono il titolo di Toast Interactive a suo modo unico, nonostante un impianto un po’ grezzo, tipico degli studi che – purtroppo – non hanno accesso ai grandi budget legati alle realtà più ricche.

Max Mustard è uno di quei giochi come ne vorremmo almeno una dozzina all’anno, e siamo invece costretti ad accontentarci di un singolo prodotto ogni quattro stagioni. È un platform pulito e grazioso, che raccoglie l’eredità di Astro Bot e che tenta di aggiungere anche qualcosa di personale a una formula già perfetta di per sé. Si vede che è un gioco piccolo e fatto con poco e non tutto funziona esattamente alla perfezione, ma avercene di Max Mustard, tanto che forse – tolto l’apripista – può serenamente posizionarsi in un’ipotetica top five dell’intero genere.

Max Mustard è in uscita il 21 marzo al prezzo di 29,99€ su Meta Quest 3 e Meta Quest 2.






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Alessandro Redaelli

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