Giocato su Oculus Rift S
Quando è stato annunciato un nuovo capitolo di Medal of Honor esclusivamente in VR, prodotto da Respawn Entertainment e distribuito da EA, eravamo tutti al settimo cielo. Che gioia poter finalmente mettere le mani su un prodotto AAA pensato per il mercato PC, magari con una bella campagna corposa, ricca di momenti scriptati al cardiopalma, come fossimo all’interno di un grande film d’azione. Poi le notizie, piano piano, sono iniziate a scarseggiare, EA non ha mandato codici alle testate giornalistiche ed è stato organizzato un piccolo evento review con pochi invitati, a cui ovviamente non eravamo presenti. Ed infine il gioco è uscito, in sordina, come se non fosse mai esistito. Grazie al nostro utente Emmedia75 che ci ha gentilmente regalato una copia del titolo e che ringraziamo di cuore, possiamo finalmente dirvi la nostra su questo titolo imperdibile su carta, ma su cui aleggia un’aria decisamente strana. Scopriamo insieme i pregi ed i difetti di Medal of Honor: Above and Beyond.
Questo inedito Medal of Honor in VR è ambientato, come da tradizione, durante la seconda guerra modiale, e ci mette nei panni di un soldato che – insieme a comprimari americani, inglesi e membri della resistenza francese – dovrà sconfiggere il regime nazista. Pazzesco, questa non l’avevamo mai sentita prima ma va bene, uccidere nazisti – come insegna Wolfenstein – è sempre divertente.
Lo ammetto subito: io sono letteralmente senza parole, e non nel senso positivo del termine. I primi minuti in compagnia di Medal of Honor mostrano immediatamente tutto quello che non bisogna assolutamente fare in realtà virtuale, e molto, molto peggio. Come fossero uno studio di sviluppo nato ieri, con zero know how nel mondo della VR, ed in quello del videogioco più in generale, Respawn ci costringe immediatamente ad assistere ad una serie infinita di cutscene in cui l’utente viene relegato al ruolo del semplice spettatore per decine e decine di minuti. Non sto scherzando, per almeno venti minuti abbondanti, in Above and Beyond saremo costretti ad osservare un discreto numero di personaggi orrendamente animati discutere tra loro, che tentano di instaurare un tono che non arriva mai e di cui, sinceramente, non frega niente a nessuno.
Intanto, però, iniziamo ad interiorizzare i problemi più palesi dell’opera targata EA, che non si limitano certo ad una narrativa estremamente prolissa e poco interessante. Come fosse un action cinematografico iper-dinamico, in Respawn hanno pensato bene di dividere la struttura ludica di Medal of Honor in moltissime micro-scene della durata dai due ai dieci minuti l’una, divise tra loro da schermate di caricamento infinite, e musichette irritanti che inizieremo ad odiare già dopo pochi minuti di gioco. Se concettualmente l’idea potrebbe aver senso, soprattutto in un mondo immaginario in cui non esistono schermate di caricamento e veniamo scaraventati da un luogo all’altro senza soluzione di continuità, all’atto pratico la trovata risulta insostenibile ed irritante, portando chiunque a noia dopo le ennesime tre cutscene di fila, divise a loro volta da sei schermate di caricamento.
Il secondo grosso problema ben visibile nell’immediato è invece l’elemento più spiccatamente tecnico. Medal of Honor Above and Beyond non solo è piuttosto brutto da vedere, tolto il colpo d’occhio di una manciata di sezioni, ma è anche ridicolmente pesante su un hardware che non riesce decisamente a stargli dietro. Tra i requisiti consigliati possiamo notare una 2080ti che stona terribilmente se confrontata sia al mercato di riferimento, sia all’impatto visivo che restituisce il prodotto. Su una 1080ti, i9 9900kf e 32Gb di Ram, mi è stato infatti impossibile mantenere il dettaglio al massimo ed un framerate dignitoso, facendomi viaggiare più o meno a metà di tutti gli slider presenti nelle impostazioni grafiche, nonostante un lavoro scandaloso su animazioni, pop-up delle texture ed effettistica generale. Non stiamo parlando di un indie realizzato da una sola persona, e l’impatto è comunque un filino meglio della media dei prodotti PCVR contemporanei, ma – a maggior ragione – le potenzialità sprecate dietro al progetto fanno ancora più male.
Ma è quando iniziamo a prendere le armi in mano, che anche quel briciolo di speranza che potevamo mantenere nel prodotto EA si sgretola in un batter d’occhio. Gli scontri di Above in Beyond, oltre a palesarsi attraverso un ritmo a dir poco ridicolo e spezzato ogni tre per due da momenti morti, risultano oggettivamente poco divertenti. Un feeling sfuggente delle armi, un level design che definirlo corridoio è un complimento, una difficoltà sbilanciata ed un IA al limite della truffa, rendono le gesta ambientate nella seconda guerra modiale più noiose che a leggerle in un libro di scuola elementare. Forse l’intelligenza artificiale dei nazisti è un discorso meta-videoludico che vuole sbeffeggiare i poco simpatici guerriglieri tedeschi eh, ma la battuta non arriva, e sparare a pedine immobili per ore ed ore mette soltanto grande tristezza.
È vero che dopo le prime due insostenibili ore, il titolo propone una manciata di missioni che superano per lo meno i cinque minuti, gli scontri si arricchiscono un filo e torna evidente la volontà di restituire un’esperienza varia sul fronte della messa in scena. Non che siano particolarmente meglio delle ore precedenti, ma dalla seconda macro-missione in poi, quantomeno, non avrete voglia di andare a picchettare sotto gli studi EA chiedendo indietro il tempo sprecato, ma, semplicemente, vi annoierete a morte.
Ed a proposito di tempo, Medal of Honor: Above and Beyond ha anche la spocchia della longevità, con una campagna infinita della durata di circa sette ore, che si poteva serenamente comprimere in tre, eliminando momenti morti, cutscene superflue e tempi di caricamento. Questo però mi fa felice, perché il titolo si erge a vera e propria risposta vivente a chi chiede a tutti i costi ore ed ore di gioco, senza capire che quelle ore vanno anche riempite di qualcosa. Scemi.
Anche sul fronte motion sickness c’è decisamente qualcosa che non va. Nonostante io sia abituato letteralmente a tutto, e riesca a giocare in free movement a qualsiasi titolo presente sul mercato per ore ed ore, Above and Beyond presenta degli errori grossolani in termini di comfort, che possono far soffrire di chinetosi anche i meno sensibili alla problematica. Macchine che vanno su e giù, movimenti insensati della telecamera, punti di vista assurdi; Medal of Honor fa di tutto per rendersi ingiocabile, addirittura anche su una problematica superata da oramai ogni studio.
Come se non bastasse, il tono dell’intera campagna mantiene un linguaggio anacronistico nei confronti di ciò che sta raccontando. Nel 2020, assistere ad uno sbarco sulle spiagge accompagnato da una musica trionfante, mentre decine e decine di uomini muoiono intorno a noi è davvero di cattivo gusto, e sembra quasi un’esaltazione del campo di battaglia, in cui – nonostante tutto – i soldati sono sempre eroi. È vero che da un titolo che si chiama “medaglia al valore” non ci si può aspettare una fine analisi della guerra e della psicologia dei suoi protagonisti, ma qui siamo veramente al limite del ridicolo.
Oltre alla campagna, Medal of Honor propone però anche il comparto multigiocatore, ed è qui che le cose iniziano un po’ a cambiare. Pur non presentando le finezze ludiche di Firewall: Zero Hour, l’immediatezza di Contractors o la fedeltà simulativa di Onward, le partite multiplayer di Above and Beyond possono risultare, per alcuni, discretamente divertenti.
Le modalità di gioco sono le solite, il feeling è quello dell’offline, ed il level design degli scenari non brilla particolarmente di luce propria, ma correre all’impazzata per un hangar tedesco sparando a tutto quello che si muove, restituisce una certa soddisfazione.
Attenzione, il multiplayer non vale assolutamente i sessanta euro richiesti per l’acquisto del gioco, ma se siete stati fregati in qualche modo e non potete più chiedere il rimborso, il multiplayer rimane una discreta consolazione.
Questo è Medal of Honor: Above and Beyond, un gioco single-player brutto, condito da un comparto multigiocatore mediocre, venduto a prezzo pieno da due studi che sono stati capaci di dar vita a grandi opere anche nel passato recente. La domanda sorge dunque spontanea: perché? Cos’è successo in casa Respawn che ha dato vita ad un disastro del genere? L’unica risposta che mi sono dato è che, visti i risultati poco felici della realtà virtuale negli ultimi anni, il budget di Above and Beyond sia stato piano piano ridotto con il passare del tempo, lasciando il team con un gioco ambizioso ma estremamente incompleto in mano, che è stato fatto uscire in fretta ed in furia per evitare altro spargimento di sangue. Il problema di Above and Beyond non è infatti soltanto che è un gioco brutto, ma che sembra una pre-alpha di un gioco potenzialmente brutto, buttato sul mercato senza nessuna logica, e che fa inoltre un grosso danno al medium di riferimento.
Se già infatti il pubblico medio è convinto che non ci siano titoli di valore in realtà virtuale, quando il casual gamer riconosce un franchise come questo e ne osserva il risultato, non potrà che ri-confermare le sue false credenze, facendo morire piano piano la realtà virtuale, soprattutto a causa di questi pre-concetti.
Medal of Honor: Above and Beyond è un prodotto ingiustificabile. Noioso, irritante, sbagliato; sono solo alcuni degli aggettivi che mi vengono in mente per descrivere un’operazione a dir poco offensiva nei confronti degli utenti VR, che sperano sempre che uno studio come Respawn si butti nella produzione di un prodotto analogo, salvo poi ricredersi ed andare a consolarsi con i prodotti più indipendenti. Insomniac Games e Ready at Dawn avevano dimostrato di saperci fare con la realtà virtuale, nonostante fossero abituati a prodotti flat di altro livello; ecco, Respawn ha dimostrato soltanto di non averci capito una mazza, realizzando – probabilmente – il peggior gioco in realtà virtuale mai pubblicato da un grosso studio.
Medal of Honor: Above and Beyond è disponibile dal 10 Dicembre 2020 al prezzo di 59,99€ su Steam ed Oculus Store, compatibile con HTC Vive, Oculus Rift, Valve Index e WMR.
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