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Meta Quest 3: la recensione

Il Meta Quest 3 è un visore davvero straordinario. Sono passati tre anni dall’uscita del Quest 2, il visore per realtà virtuale che ha fatto innamorare grandi e piccini di questa incredibile tecnologia. È un visore che si stima abbia venduto più di dieci milioni di unità nel mondo, superando addirittura Xbox, e insegnando a chiunque cosa vuol davvero dire il termine “Next Gen”. Il prezzo era estremamente competitivo e l’offerta ludica abbondante, mancava solo raggiungere uno standard più alto sul fronte della quality of life e della fedeltà grafica. Ed è proprio qui che ha puntato Meta, oltre che su una mixed reality che potrebbe darci enormi soddisfazioni nel prossimo futuro, battezzata su un visore che non ha davvero da invidiare niente a nessuno. Che siate esperti di realtà virtuale o neofiti che si avvicinano per la prima volta a questa tecnologia tenetevi forte, perché questa è la recensione di Meta Quest 3 che stavate aspettando.

Cos’è, intanto, Meta Quest 3? Per chi fosse totalmente a digiuno di realtà virtuale, il nuovo visore di Meta è sostanzialmente una console standalone pensata esclusivamente per realtà virtuale e realtà mista. La realtà virtuale immerge chi ne sta usufruendo dentro a uno spazio immersivo a trecentosessanta gradi, facendolo interagire con ambienti ed elementi che non esistono nel nostro spazio fisico, un po’ come in Ready Player One. La realtà mista, invece, integra elementi digitali dentro al nostro ambiente circostante, aggiungendo però oggetti, persone e schermate al suo interno; esattamente come succede in titoli AR da smartphone come Pokemon Go.

Con il Meta Quest 3 si possono giocare centinaia di videogiochi nati espressamente per questo visore, senza bisogno di un computer, di una console o di uno smartphone; si può entrare in uno dei molti metaversi disponibili a oggi e conoscere persone, si possono guardare film dentro a enormi sale cinematografiche, o piazzando un grosso schermo dentro a casa vostra; si può lavorare al proprio PC aggiungendo più monitor; si può imparare a suonare il pianoforte attraverso la realtà mista, o giocare l’infinito catalogo di videogiochi VR per PC collegandolo al proprio computer. In realtà virtuale, e nello specifico con Meta Quest 3, si possono fare davvero una quantità infinita di cose, e se vi avvicinate per la prima volta a questa tecnologia sappiate che il grado di stupore si gonfierà a dismisura di giorno in giorno, ogni volta che scoprirete una nuova feature del vostro headset.

Se invece conoscete già la realtà virtuale, e venite magari dall’iterazione precedente dello standalone, sappiate che Meta Quest 3 vi offre sostanzialmente due cose in più: una qualità visiva superiore, e una serie di app e videogiochi pensati per la realtà mista, che fino a oggi credevate impensabili.

Partiamo dal form factor e dalla comodità dell’headset. Il Meta Quest 3 è sensibilmente più piccolo del Meta Quest 2. Non che il peso sia particolarmente differente, anzi, parliamo addirittura di pochissimi grammi di scarto, ma una volta indossato scoprirete subito una vestibilità ancora più aggraziata e più in linea con quella offerta dal suo competitor più temibile: il Pico 4. Il Quest 3 si presenta meravigliosamente bene, attraverso un bianco brillante che ricorda quasi i prodotti Apple per appeal e presentazione, ma esce ancora – nel suo setup di serie – con una fascia elastica un po’ cheap per l’aggancio alla testa.
Da qualche parte bisognava pur risparmiare, e se cercate un aggancio più comodo e confortevole avrete sicuramente già ordinato il cinturino elite proprietario o un altro headstrap di terze parti da Bobo o Kiwi Design, ma se la vostra intenzione era quella di spendere giusto giusto i soldi del visore, potreste ritrovavi ancora una volta, in parte, delusi. 

La questione della vestibilità, ahimè, è molto personale. C’è chi trova il Quest 2 comodissimo e il PlayStation VR 2 scomodo come la morte, e chi viceversa (come ad esempio io), per cui risulta davvero difficile darvi un’opinione assoluta rispetto a quanto possa risultare comodo sulle vostre teste. Dal canto mio, ho trovato la fascia leggermente migliore di quella di Quest 2, ma altrettanto scomoda sul lungo periodo. Per una partita di mezz’oretta quasi non si sente, ma se deciderete di giocare almeno un paio d’ore potrebbe invece finire per stringervi troppo sulle tempie, portandovi a un discreto mal di testa dovuto esclusivamente alla pressione dell’headset. Ripeto: chi gioca in realtà virtuale da anni è abituato ad acquistare cinturini diversi da quello base, spendendo anche più di un centinaio d’euro per le varianti con più optional, ma chi si ritrova per la prima volta a confrontarsi con la VR credo debba sapere fin da subito che no: la versione base di Quest non nasce decisamente nella sua forma migliore.

Al di là del cinturino, comunque, la dimensione più contenuta dell’hardware fa sì che la testa vi pesi decisamente meno verso il basso, come succedeva invece con il Quest 2, rendendo Quest 3 – potenzialmente – uno dei visori più comodi attualmente presenti sul mercato.

Sul fronte costruttivo, torna finalmente il regolatore di IPD direttamente sul caschetto, che vi permette di regolare in un attimo la vostra distanza interpupillare, con un range molto simile a quello di Quest 2, ma decisamente più preciso proprio in virtù della fluidità nella regolazione. Uguale anche lo spazio nella mascherina per chi porta gli occhiali, per cui non avrete alcun problema a utilizzare montature di piccole o medie dimensioni in compagnia del vostro headset. Tuttavia, come sempre per chi porta gli occhiali, vi consigliamo di acquistare delle lenti graduate a parte da agganciarci direttamente sopra, di cui trovate già un po’ di video sul canale e qualche link in descrizione.

Tolta la questione comodità, una volta messo in testa il Quest 3 ci accorgeremo immediatamente di un enorme passo in avanti sul fronte puramente visivo.
Al contrario del Quest 2, che montava due lenti fresnel, il Quest 3 monta due lenti pancake di altissima qualità. Questo vuol dire che, intanto, l’immagine che vi ritroverete davanti sarà sempre a fuoco, a prescindere da come lo mettete, e poi vuol dire colori più brillanti e definizione percepita più alta. Per farvi un esempio: PlayStation VR2 propone delle lenti fresnel decisamente meno entusiasmanti, tanto che se il visore non viene posizionato perfettamente rispetto ai vostri occhi, potreste rischiare di vedere poco e niente, se non una discreta serie di artefatti intorno al punto centrale. Su Quest 3 questo non succede, e la bontà delle lenti ci fa innamorare ancora una volta del suo squisito spirito plug and play, proprio di uno standalone che non necessita di troppo tempo per il setup, prima di giocare.

Rispetto al pannello, poi, Quest 3 monta due display con una risoluzione del 30% superiore all’unico schermo che era presente su Meta Quest 2. Questo vuol dire percepire un incremento decisamente maggiore rispetto a quello proposto dai meri dati su carta, facendoci esperire sostanzialmente la definizione percepita su un visore come l’HP G2: uno degli headset più definiti in assoluto sul mercato.

Molto buoni anche i contrasti, anche se ovviamente mancano i neri propri dell’OLED. Come al solito: o fresnel con OLED, o pancake con LCD, e a ‘sto giro Meta ha scelto ancora una volta la seconda strada. Parliamo comunque di un pannello sicuramente più brillante e contrastato rispetto a quello di Quest 2, che non raggiunge la qualità del suo collega montato su Quest Pro – anche per la mancanza del local dimming – ma a cui comunque si avvicina in maniera abbastanza inaspettata.

Decisamente maggiore anche il FOV, ovvero la porzione di spazio percepito dai nostri occhi che, su molti visori, ci porta al famoso effetto “maschera da sub”. Il FOV orizzontale, su Quest 3, si allarga finalmente a visori come il Pico 4, che avevano iniziato a offrire una visione un filo più allargata rispetto agli headset della prima ora. Non parliamo ancora di un FOV che va a coprire tutto il nostro campo visivo, come fanno ad esempio i Pimax, ma risulta comunque un compromesso perfettamente godibile per chiunque stesse cercando una visione un po’ più distesa. 

Incredibile il suono, che era già molto buono su Quest 2, ma che raggiunge qui picchi di volume sinceramente mai sentiti sulla precedente iterazione di Quest. L’audio di Quest 3 è forte e cristallino come mai l’ho sentito su uno standalone, e segna decisamente un ulteriore step sul fronte della riproduzione del suono attraverso gli altoparlanti direzionali nella fascia, senza alcun bisogno di cuffie. Cuffie che, ovviamente, potete comunque agganciargli attraverso una piccola porta jack posizionata sul lato destro.

Passando alle performance, il Meta Quest 3 – forte del suo chip XR2 di seconda generazione – offre una risoluzione nativa più importante, e una buona potenza di calcolo in più rispetto al suo antenato. Quest’ultima può essere (o non essere) sfruttata dagli studi di sviluppo per offrire ai giocatori un comparto tecnico più all’avanguardia, andando ad aggiungere dettagli, ombre, riflessi e così via. I genietti di Vertical Robot, ad esempio, hanno già aggiornato il loro Red Matter 2 in una versione esclusiva per Quest 3, e – amici e amiche – vi assicuro che è davvero uno spettacolo. Avendo giocato la versione PSVR2, che sfruttava l’eye tracking per aumentare a dismisura la risoluzione, non mi aspettavo grandi cose da questa nuova release, e invece la versione Quest 3 è sostanzialmente paragonabile a quella PSVR2 per risoluzione e colpo d’occhio. Chiaramente il visore di Meta non ha la potenza necessaria per lavorare in modo estremamente preciso su ombre, particellari e riflessi come fa il visore PlayStation, ma – nel contesto dello standalone – siamo (quasi) di fronte a un miracolo.

Anche altri giochi, come The Walking Dead Saints & Sinners dimostrano una personalità decisamente più marcata su Quest 3. Non stiamo parlando di una versione davvero paragonabile a quella PC, ma della massima espressione di una versione standalone: ancora un po’ povera sul fronte dell’effettistica e della mole poligonale, ma comunque un altro modo rispetto alle versioni precedenti. Eccellente anche la versione Quest 3 di Espire 2, di Hubris, di Into the Radius e di Zenith: tutti prodotti che giovano fortemente di un update specifico su cui gli sviluppatori hanno chiaramente lavorato con buona mano, chi più, chi meno.

Ho provato poi una buona quantità di titoli che non sono stati aggiornati a una versione per Meta Quest 3, ma che il visore va a migliorare attraverso un upscale automatico della risoluzione. Alcuni giochi sono visibilmente più definiti, come ad esempio l’ottimo Dungeons of Eternity, altri invece sembrano praticamente uguali alla loro controparte Quest 2, come ad esempio il miglior titolo della precedente generazione: Resident Evil 4 VR, che spero vivamente venga presto aggiornato.

In ogni caso, titoli in uscita che abbiamo già avuto modo di provare su Quest 2 come Vampire: The Masquerade o Assassin’s Creed VR non possono che migliorare ancora di più il loro comparto tecnico già eccellente, portando il nuovo visore standalone di Meta a un grado di fedeltà audiovisiva apparentemente vicino al gaming come lo conosciamo oggi, quantomeno su console portatili.

Un po’ meno entusiasmante invece la batteria, che – dopo averlo provato a lungo – sembra durare un filo meno del Quest 2. Parliamo comunque di un paio d’ore, ma laddove sul visore precedente erano due ore abbondanti, in questo caso si arriva a malapena a due ore scarse. Probabilmente il problema è legato a una maggiore potenza di calcolo e al passthrough sempre attivo durante i giochi in MR, ma nulla che non si possa risolvere con un cinturino con batteria, che dovrebbe – nel peggiore dei casi – raddoppiare, quanto meno, le ore di utilizzo.

Dispiace per l’assenza dell’eye tracking e di un pannello OLED, che avrebbero – in modo rispettivamente diverso – aggiunto ancora più spessore al colpo d’occhio generale dei prodotti su Quest 3, ma parliamo sempre di una console che vuole – come da tradizione nell’ultima decade – effettuare un passaggio fluido dall’una all’altra piattaforma, senza scombussolare più di tanto i piani dei developer e le aspettative dei giocatori.

A proposito di potenza, inoltre, ne giova profondamente anche il sistema operativo, adesso estremamente più veloce e reattivo rispetto a quello di Quest 2. Un elemento semplice, come quello del download dei giochi, è ora infinitamente più reattivo; i menù non si piantano mai; ogni volta che si seleziona una delle opzioni disponibili dall’OS la risposta è sostanzialmente immediata. È quasi un paradosso parlare di velocità di quattro schermate dentro a una tecnologia che ci offre uno sguardo avveniristico sul futuro, ma evidentemente Quest 2, soprattutto dopo gli ultimi aggiornamenti, non riusciva più a star dietro a un flusso di lavoro che si è evoluto davvero troppo nel tempo

Sempre parlando di sistema operativo, con Quest 3 la nostra home diventa… la nostra casa. Sembra una battuta, ma è così: piuttosto che portarci dentro a un ambiente virtuale ricostruito, Quest 3 – di default – utilizza il nostro spazio di gioco per farci navigare nello store, nella libreria e nelle impostazioni. È un segnale figlio della sua natura che inizia ad approcciare la realtà mista, e su cui Meta sta iniziando a puntare con una certa insistenza

La visione del mondo circostante con Quest 2, attraverso le sue camere, era scandalosa. La definizione era bassissima, mancavano i colori, e le distorsioni rendevano praticamente impossibile utilizzarla, se non per spostare una sedia o un oggetto ben visibile mentre indossavamo il visore. Con il Quest 3 le cose cambiano, e il mondo intorno a noi è decisamente più definito, a colori e con molte meno distorsioni dovute al processing delle camere. Questo vuol dire che guardare il nostro spazio circostante attraverso il Quest 3 è come guardarci intorno attraverso un paio di occhiali? Assolutamente no, la qualità è ancora quella da smartphone di qualche generazione fa, la grana è decisamente importante e la definizione lascia ancora a desiderare. Tuttavia, una volta accettata una tipologia d’immagine che potrebbe addirittura migliorare col tempo attraverso aggiornamenti software, la realtà mista di Quest 3 è sufficientemente utilizzabile, e ci permette addirittura di leggere un messaggio sul cellulare, o di scrivere un testo al PC.

La grande differenza di Quest 3, rispetto a Quest 2, è infatti la possibilità di poter godere di esperienze in MR come mai prima d’ora. Giochi come Drop Dead: The Cabin, Yuki, Espire 2 e molti altri hanno integrato, già dal giorno del lancio, modalità esclusive per realtà mista, che risultano (a volte) davvero sorprendenti.

Ognuna di queste app si basa fondamentalmente sul tracciamento esatto della vostra area di gioco. In automatico il visore riconosce spazi e superfici con una velocità sorprendente, che vi traccia la stanza senza che voi dobbiate fare niente. Se volete, potete dirgli che quell’apertura sul muro è una porta, e che quell’ostacolo vicino alla parete più stretta è un letto, ma sono piccolezze non necessarie (almeno per la maggior parte dei giochi) per utilizzare in serenità la MR.

A tal proposito, l’app gratuita prodotta da Meta che dimostra le potenzialità di questa tecnologia è davvero eccellente. Sostanzialmente una piccola navicella vi distruggerà il soffitto, e voi dovrete catturare, attraverso un’arma futuristica, una serie di piccole creature che correranno all’impazzata per tutta la casa, arrampicandosi sui mobili e nascondendosi dietro ai vari elementi della stanza. Un esperimento davvero sbalorditivo; non tanto per la resa visiva mediocre dell’ambiente circostante, quanto per la fedeltà con la quale il Quest 3 traccia il vostro spazio, e ancora gli elementi virtuali senza un minimo di incertezza. Se la qualità visiva delle camere fosse al livello dell’occhio umano non riuscireste letteralmente a capire se ciò che sta succedendo intorno a voi è reale o meno, e questo è un passaggio a dir poco epocale per una tecnologia che vede qui la sua prima iterazione.

Manca l’occlusione degli oggetti, che finiscono sempre in primo piano rispetto alle vostre mani, ma in un prossimo aggiornamento – già annunciato – verrà risolta anche questa piccola pecca.

Anche i titoli di terze parti, come quelli già citati, funzionano molto bene, ma – giustamente – necessitano spesso di aree davvero troppo estese rispetto a quelle che solitamente possiamo permetterci in casa nostra. Non che lo spazio, al metro quadrato, non basti, ma è difficile avere in casa una stanza totalmente vuota, senza tavoli, sedie o mobili a fare da intralcio. Alcuni giochi fanno un buon lavoro nello sfruttare le dimensioni e le forme del vostro spazio, a volte anche in maniera totalmente inaspettata, ma di strada da fare per rendere i software alla portata di tutti, ancora ce n’è.

Inaspettato quindi, in questo senso, che nei giochi in MR ci venga ancora chiesto di definire uno spazio di gioco definito. Guardando ciò che abbiamo intorno a noi è abbastanza assurdo che il guardian, ovvero il muro virtuale di sicurezza proprio del visore di Meta, sia ancora necessario praticamente in tutti i giochi. Probabilmente è una questione che verrà risolta, o quantomeno raffinata, nel tempo, ma – per ora – rimane una discreta seccatura.

Tolto lo standalone e la MR, in moltissimi usano invece sfruttare i visori standalone per un esclusivo utilizzo su PC. Cosa vuol dire? Vuol dire che un visore come il Quest 3, e com’erano Quest 2 e Pico 4, si può collegare a un PC da gaming via cavo o via wireless, per giocare a centinaia e centinaia i giochi VR nati su computer, come il già citato Half Life Alyx, o capolavori un po’ dimenticati come Wilson’s Heart, Robo Recall, ed Edge of Nowhere. Il problema dei visori standalone usati su PC è che il collegamento via cavo è necessariamente un collegamento via USB, e quindi con compressione video, mentre quello via wireless dimostra pressoché gli stessi problemi, con in più il limite della banda Wi-Fi propria del visore.

In realtà, attraverso Virtual Desktop, sia Quest 2 che Pico 4 funzionano perfettamente, e per vedere della compressione bisogna giocare a titoli che presentano una quantità di dettagli microscopici sulla lunga distanza, come ad esempio Skyrim VR. La grande novità del Quest 3 è che lo sviluppatore di Virtual Desktop ha sbloccato un nuovo codec, esclusivo per questo visore, che rende letteralmente indistinguibile un’immagine giocata via wireless, da un’immagine giocata con un visore PC collegato in Display Port. L’AV1 è un codec allucinante; pesantissimo, tanto che necessita una GPU della fascia 40xx per essere utilizzato, ma di una fedeltà visiva davvero sbalorditiva. Giocare su PC in wireless attraverso VD, con Quest 3, non è più così diverso da giocare attraverso un headset cablato, ragion per cui chi stava cercando un visore economico e con un’ottima risoluzione per giocare su PC dovrebbe decisamente puntare sull’ultimo visore di Meta, a patto di avere una GPU all’altezza.

Molto simile, anche se un po’ migliorata grazie alla risoluzione nativa, la fruizione via Air Link, quindi il wireless integrato di Meta, che funziona di default senza installare app di terze parti. L’impressione rimane quella che Meta non sia particolarmente interessata a supportare la fruizione via PC, e che non dedichi quindi più molto tempo nell’implementazione di Air Link, ma chi già si faceva andare bene il software sul vecchio visore non rimarrà qui di certo deluso.

Molto simili a quelli del Quest Pro, invece, i controller, ora privi degli anelli di sicurezza che ci portavano però anche a farli scontrare tra di loro in più occasioni. A livello di tracciamento non cambia sostanzialmente nulla, ma i controller sono più piccoli, confortevoli e scevri da orpelli oramai inutili. Certo, personalmente gli anelli dei controller di Quest 2 mi facevano comodo per aggrapparli al volo con una mano durante evenienze molto specifiche, ma sicuramente mi abituerò serenamente anche a questi. La vibrazione mi è sembrata sostanzialmente la stessa di Quest 2, e la mancanza di tracciamento se si esce troppo dal FOV delle camere anche. Niente di più niente di meno, insomma. Da segnalare la possibilità di sincronizzare anche i controller di Quest Pro, qualora aveste bisogno di più precisione: controller che vi riporto a scoprire nella mia vecchia recensione di Quest Pro.

Arriviamo al discorso prezzo: per molti il vero muro d’ingresso rispetto all’acquisto di un visore come questo, sia che si venga da Quest 2, sia che non abbiate mai avuto un visore per realtà virtuale. Al contrario di un lancio a 350€, com’era avvenuto per Quest 2, il Quest 3 esce nella sua versione da 128GB a 550€, e nella versione da mezzo Tb a ben 750€. È un aumento più che discreto, dovuto sia all’inflazione, di cui ha sofferto anche il Quest 2, sia a una tecnologia effettivamente più avanzata rispetto a quella degli altri visori standalone sul mercato. Dopo averlo provato a lungo, mi sento comunque di dire che no: 550€ non sono assolutamente tanti per un visore di questo tipo, anzi, mi sembra ancora che Meta punti a vendere il suo hardware sottoprezzo per riuscire a sfondare finalmente nel mercato.

È anche vero che se vorrete portarvi a casa anche un cinturino elite, un paio di giochi e qualche altro accessorio potreste comunque arrivare a spendere più di 800€ per il vostro primo ingresso nella realtà virtuale, ma le alternative a oggi non ci sono, se non acquistare un Quest 2 a meno di trecento euro, per iniziare a capire se questa tecnologia fa effettivamente per voi.

Il Meta Quest 3 è un visore straordinario, e non mi aspettavo altrimenti. Il salto generazionale è evidente per quanto riguarda forza bruta, lenti, pannello e l’inedita mixed reality, e porta l’asticella della VR in standalone a un gradino ancora superiore rispetto a quella a cui eravamo abituati. Non stiamo parlando di una vera e propria rivoluzione: il Quest 3 rimane un headset che non offre nativamente esperienze al pari di Half Life Alyx, e la realtà mista non è certo indistinguibile da quella di un film di fantascienza, ma ritrovare un upgrade di questo livello dopo soli tre anni fa decisamente piacere, e mi fa tornare a sentirmi fiducioso verso il futuro di un’intera tecnologia. Se avete Quest 2 il passaggio è sinceramente consigliato, ma dipende tanto anche da quanto lo usate e da quanto siete disposti a spendere per un cinquanta per cento di qualità visiva in più. Se, al contrario, non avete ancora un visore per realtà virtuale cosa state aspettando? Correte su Amazon e portatevi a casa il miglior visore standalone disponibile a oggi sul mercato.






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Alessandro Redaelli

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