Giocato con Oculus Quest 2 ed Oculus Link
Quando giocai oramai quattro anni fa ad Organ Quarter rimasi sconvolto dalla bellezza straordinaria dell’opera di Outer Brain Studio. Da grande appassionato di Silent Hill, non potevo credere che qualcuno fosse riuscito a ricreare un immaginario paragonabile al capolavoro di Konami con un’impronta così personale e con mezzi così limitati. Organ Quarter era la quintessenza del genere horror, perfetto in ogni sua sfumatura, tanto che lo coronai come gioco dell’anno nella mia prima classifica per VR Italia, aspettandomi di lì a poco una consacrazione del team che non mai arrivata. I ragazzi di Outer Brain Studio nel frattempo hanno cambiato rotta, concentrandoci su un progetto flat che pare comunque promettente, ma è bene ricordarvi e ricordarmi un’opera quasi dimenticata ma fondamentale per tutti gli amanti dell’horror in VR. Per la serie retro-recensioni, rifacciamoci un tuffo in quel capolavoro del videogioco contemporaneo che è Organ Quarter.
Organ Quarter è un non luogo; un quartiere popolato da creature informi e mostruose che vagano disperate per le strade della città e dei suoi interni, attaccando senza pensarci quei pochi esseri umani rimasti tra le lugubri vie della città. Il nostro alter ego è uno di questi, ed a partire dal suo appartamento deciderà di fuggire da quel luogo inospitale e corrotto, facendosi strada tra una miriade di creature spaventose. Il protagonista non è tuttavia l’unico abitante rimasto in città, ed una manciata di altri comprimari aiuteranno – e confonderanno – l’eroe del racconto, quasi fossero fantasmi in cerca di risposte in una città che non appartiene più a nessuno.
La narrativa che muove le fila del racconto è confusa e criptica quanto affascinante ed irresistibile, tanto che il paragone con la sopracitata opera di Team Silent suggerisce una vicinanza all’opera di riferimento già durante le prime battute di gioco. Se narrativa ambientale e silenzi saziano già ampiamente la nostra voglia di vivere in prima persona il survival horror per eccellenza, i ben dosati dialoghi d’intermezzo sottolineano ancora di più la voglia di avvicinarsi ad un immaginario che non deve esporre ma suggerire, contribuendo ad un tipo di suggestione davvero raro nel mondo del gaming contemporaneo. Non che la sceneggiatura risulti in fin dei conti particolarmente brillante, ma fa sicuramente quanto basta per immergerci in un mondo che riconosciamo subito come vivo e pulsante; anche grazie alle parole dei comprimari e dei testi sparsi per il mondo di gioco.
Ma in un horror la narrativa conta tanto quanto gameplay ed atmosfera, ed è qui che Organ Quarter ci regala il meglio di sé. Sul fronte più prettamente ludico, quello che dovremo fare sarà sostanzialmente risolvere una serie di enigmi per sbloccare la macro area successiva, mentre cerchiamo di non farci ammazzare dalle creature deformi che popolano il mondo di gioco. Al contrario di una buona fetta di survival horror analoghi, in Organ Quarter potremo tuttavia rispondere al fuoco attraverso una scarsa ma sufficiente quantità di armi che troveremo durante il nostro percorso, le cui munizioni – ahimè – non abbonderanno mai. Grazie ad un genere che si presta meravigliosamente bene alla realtà virtuale, il titolo ci costringe quindi a non esagerare con i colpi esplosi, evitando il più possibile gli scontri ed affidandoci in modo fin troppo azzardato al nostro inventario. Quest’ultimo elemento funziona invece esattamente come in Resident Evil, con slot limitati che – una volta esauriti – ci costringeranno ad immagazzinare le risorse superflue all’interno dei nostri bauli. Queste preziose casse, insieme ad un televisore dal retrogusto Cronenbergriano, limiteranno dunque le safe house sparse con parsimonia all’interno dei livelli, dentro alle quali potremo tirare un sospiro di sollievo prima di restituirci alla mercè degli antagonisti.
Il gameplay di Organ Quarter riesce nel miracoloso compito di risultare familiare ed originale allo stesso tempo, grazie a i piedi ben saldi nel classicismo del genere, ma facendoci riscoprire meccaniche oramai desuete all’interno di un linguaggio che non ha avuto ancora il tempo materiale di esplorarle. Nell’ambito del survival horror in realtà virtuale nessuno, Resident Evil 7 compreso, è riuscito a fare meglio di Organ Quarter, soprattutto grazie ad un utilizzo della stessa VR davvero impeccabile. Se la gestione dell’inventario e dei puzzle ambientali risulta di prima categoria, il vero colpo di genio dell’opera di Outer Brain Studio è invece la gestione della mappa. Come in ogni survival horror che si rispetti, troveremo le mappe dei luoghi visitati proseguendo con il gioco, ma le stesse non si aggiorneranno automaticamente una volta esplorata una stanza od incontrato un ostacolo. Al contrario, attraverso un buon numero di stamp avremo invece la possibilità di segnarci a mano direttamente in-game i luoghi già visitati, le porte chiuse, gli enigmi ancora irrisolti e così via, decidendo autonomamente il ritmo e le modalità della nostra progressione. Se questo vi sembra poco siete totalmente fuori strada, poiché anche soltanto l’elemento della mappa è quanto di più brillante si sia visto ad oggi in realtà virtuale, a prescindere dal genere; tanto che la stratificazione dell’operazione in toto risulta così profonda da riuscire a tirare in mezzo sia i neofiti che gli hardcore gamer, gli amanti dei giochi dell’orrore e chi cerca soltanto una bella avventura. Anche parlando di durata Organ Quarter fa un mezzo miracolo, proponendoci una campagna di circa sei ore, da giocare esclusivamente al livello di difficoltà massimo, che rende le sfide più ardue ma anche più coinvolgenti.
Shooting e puzzle – volutamente grezzi – restituiscono poi un feeling retrò impossibile da odiare, che si erge a ciliegina sulla torta di un impianto tecnico davvero da manuale. Dalla scelta delle texture alla palette cromatica, dalla modellazione di ambienti e nemici al lavoro sull’illuminazione: tutto in Organ Quarter restituisce un indefinibile miscuglio di sublime e corrotto che è raro non solo per il mercato della realtà virtuale, ma anche per quello del videogioco tradizionale. Anche i boss non sono da meno, e se propongono meccaniche uniche sul fronte del gameplay, stupiscono prevalentemente per una messa in scena quasi oltraggiosa, che non vedremo l’ora di vivere e rivivere in attesa di trovare un prodotto che possa anche soltanto avvicinarsi alla meraviglia proposta da Organ Quarter. Per non parlare poi di un accompagnamento sonoro da pelle d’oca; probabilmente l’original soundtrack più a fuoco che ho mai sentito nei miei ultimi dieci anni di vita.
Se il titolo girava poi bene sul mio vecchio Oculus Rift CV1, inutile dire che attraverso il pannello definito e prestante del Quest 2 – collegato al PC tramite link ufficiale – rende ancora più vibranti i colori malati della palette cromatica. Non sono un problema poi i neri, sorprendentemente profondissimi nonostante il pannello LCD, che lavora evidentemente di compensazione per restituirci l’oscurità di cui è pregna l’opera. Certo, innegabile il fatto che un paio di elementi sono comunque invecchiati, come la mancanza di uno snap turn o la possibilità di lavorare sul free movement soltanto seguendo la direzione del controller, ma sono piccolezze di fronte ad un’opera davvero monumentale. Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo troviamo poi sicuramente una manciata di bug che persistono dal day one, come la possibilità che il nostro personaggio si alzi un po’ troppo rispetto al livello del pavimento od un paio di elementi poligonali che potrebbero impedire l’avanzamento se presi in una direzione molto specifica; problematiche gravi ma in qualche modo superflue, che non rovinano certo l’esperienza di gioco, ma che sarebbe stato bello veder scomparire per sempre.
Ma sapete, in fondo, qual è la cosa più assurda di Organ Quarter? Il fatto che Outer Brain Studio sia una software house composta da quattro persone, che armate di buona volontà, cervello ed una campagna kickstarter andata dignitosamente, sono riusciti ad imporre una visione straordinaria a tutto il mercato, dando vita al miglior horror mai visto su un caschetto per realtà virtuale. Ahimè, come anticipato, i nostri non sono più a lavoro sulla realtà virtuale, e l’eventuale DLC con modalità arcade che doveva arrivare se la campagna Kickstarter avesse superato un determinato target goal non arriverà mai; ma vi invito tutto a recuperare questo pezzo di storia del videogioco anche soltanto per supportare Outer Brain Studio; ricordargli che non solo soli, che il loro lavoro è stato apprezzato e che non aspettiamo altro che un porting su Oculus Quest od un secondo capitolo; che – detto tra noi – sono in sviluppo.
Organ Quarter è un capolavoro; il miglior survival horror che ha mai messo piede nel nostro mercato e che risulta ancora ad oggi un prodotto imperdibile per chiunque ami semplicemente il medium videogioco. L’opera di Outer Brain Studio è una lettera d’amore a Silent Hill, a Resident Evil, a tutti quei titoli che hanno plasmato la nostra visione del videogioco e dell’immaginario legato alla paura, ed anche soltanto per questo andrebbe acquistato ad occhi chiusi. Speriamo che il team torni a lavoro sulla realtà virtuale, proponendoci un seguito od un prodotto inedito, perché di gente come loro – ad oggi – la realtà virtuale ne ha profondamente bisogno.
Organ Quarter è disponibile su Steam dal 20 ottobre 2017 al prezzo di 22,99€, compatibile con HTC Vive, Oculus Rift, Valve Index e WMR.
Riassunto:
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