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Pico 4: la recensione del competitor VR di Quest 2

Nel giro di pochi mesi, Pico si sta pian piano prendendo un mercato che Meta sta lasciando scoperto, a causa di un supporto a Quest 2 che sta iniziando a raschiare un po’ troppo il fondo del barile, facendoci sentire la necessità di un nuovo hardware proprietario. Pico – d’altro canto – dopo aver commercializzato in Europa il suo Pico Neo 3 Link soltanto pochi mesi fa, lancia questo mese il suo successore: un Pico 4 che sembra fare quasi tutto molto meglio, a fronte di un prezzo super competitivo, anche rispetto agli altri player del mercato. Scopriamolo insieme nella nostra recensione.

Pico 4 è sostanzialmente un competitor diretto di Quest 2, ma con una quantità di upgrade – almeno su carta – davvero eccezionale. A parte il processore, che rimane lo Snapdragon XR1 di prima generazione, com’era su Quest 2, Pico 4 ha 8Gb di RAM invece dei 6 del visore di Meta, una risoluzione di 2160×2160 invece che 1832×1920, lenti pancake al posto delle fresnel, pesa quasi la metà e propone un inedito passthrough a colori, piuttosto che il tradizionale in bianco e nero.

Insomma, un vero e proprio passo in avanti per i visori standalone, che vedono nel Pico 4 la loro nuova punta di diamante in termini di hardware e prestazioni, ma che mantengono ancora una grave mancanza, che andremo ad approfondire tra un po’. In ogni caso, dal punto di vista dell’hardware – e forse ancora di più dell’oggetto in sé – non gli si può davvero dire nulla.

Pico 4 è bello da vedere, molto più piccolo di Quest 2, dotato di un ottimo sistema di aggancio che va a dimenticarsi dell’orrendo strap di Pico Neo 3 Link, e prodotto con materiali molto più solidi rispetto alla plastica più cheap del competitor. Sembra davvero di star di fronte a un oggetto premium, con addirittura la mascherina per il distanziamento degli occhiali magnetizzata, che va a restituire un lavoro prettamente manifatturiero e stilistico che non ha eguali nel mercato contemporaneo.

Stupisce soprattutto un peso del solo visore (tolta la batteria posteriore) sotto ai trecento grammi, che rende Pico 4 davvero leggero e comodissimo da indossare, grazie a un bilanciamento perfetto, che fa percepire i 600gr circa totali dell’hardware molto più leggeri rispetto al competitor. È davvero impressionante cosa si riesca a fare con un semplice lavoro di disposizione del peso tra la parte davanti e la parte dietro, e Pico 4 fa questa operazione splendidamente.

Parlando dello schermo, risoluzione maggiore e lenti migliori si fanno sentire parecchio. L’immagine che fuoriesce dai giochi standalone già gustati su Quest 2 è qui più bella che mai, sicuramente non rivoluzionaria rispetto a ciò che abbiamo già vissuto, ma migliorata quanto basta per far sentire la differenza ai videogiocatori VR più navigati. Stiamo parlando di un cambiamento davvero millimetrico, di cui sicuramente un neofita non si accorgerà immediatamente, ma chi conosce la differenza tra lenti fresnel e pancake saprà sicuramente che god rays e amenità varie sono ora soltanto un lontano ricordo. Purtroppo il pannello rimane LCD, con i suoi neri poco profondi e le criticità che ben conosciamo rispetto a un Oled come si deve; che è il motivo per cui, in fondo in fondo, la differenza tra un pannello e l’altro non è poi così ingombrante. Non abbiamo dati ufficiali di Meta riguardo al FOV, quindi in questo caso la comparazione è difficile, ma mi è sembrato comunque paragonabile a quello di Pico 4; forse quest’ultimo è leggermente più ampio, ma davvero poca cosa.

A proposito delle lenti, splendida l’integrazione con la regolazione dell’IPD. Al contrario di quanto succede con Quest 2, Pico 4 permette di regolare la distanza tra le lenti direttamente dal software, andando a muovere uno slider che agisce su un motore agganciato alle lenti, e che ci permette di vedere in tempo reale la regolazione dell’IPD. La distanza minima rispetto a Quest 2 è ridotta, con 62mm minimi al posto dei 58 del visore concorrente; ma quella massima è aumentata, e arriva a 72 rispetto ai 68 di Quest 2. È bene specificare che Pico 4 permette comunque di scendere sotto ai 62mm lavorando sul software, ma essendo una funzione sperimentale quest’ultima non è consigliata nemmeno da Pico stessa.

Incredibile poi vedere finalmente il passthrough a colori. Una feature inedita, che non avevamo ancora visto in un visore per realtà virtuale commerciale, e che si dimostra un discreto passo di lato rispetto a Quest 2, presentando però una curiosa criticità. Nonostante il bianco e nero e la risoluzione, il passthrough di Quest 2 restituiva un senso di profondità quasi 1:1 rispetto alla nostra vista reale, rendendo i pochi titoli in AR presenti nel catalogo convincenti. Quello di Pico 4 – ahimè – va ad appiattire totalmente le distanze, restituendoci una visione che è quasi uno schermo flat spalmato su tutto il campo visivo. Non è un enorme problema, ma quando si tratta di utilizzare questa feature, di solito lo si fa per spostare oggetti o ritrovare la propria posizione nella stanza, e sarebbe stato quindi meglio restituire una visione con maggior profondità, piuttosto che a colori. In ogni caso il passthrough si comporta molto meglio che su Pico Neo 3 Link in termini di riconoscimento dello spazio di gioco, e non andrà a dimenticarsi della vostra stanza a ogni riavvio come succedeva con le iterazioni precedenti; da questo punto di vista, forse è addirittura superiore al visore di Meta.

Anche a livello di prestazioni siamo comunque avanti al prodotto di punta di Meta. Pico 4 fa girare tutta la sua libreria in modo eccezionale; molti dei giochi che ho provato giravano più fluidi della loro controparte Quest, e presentavano soprattutto dei tempi di caricamento decisamente ridotti. Probabilmente è merito dei 2GB di ram in più rispetto all’altro visore, o è frutto di un’ottimizzazione migliore rispetto a quanto fatto in passato, ma una cosa è innegabile: in questo senso Pico ha fatto dei passi da gigante. Sia chiaro: le differenze sono anche qui minime rispetto all’altro visore standalone preso in esame, e si limitano a mantenere un po’ meglio il framerate, lavorando in modo più soddisfacente con la riproiezione, o abbassando di qualche secondo l’attesa tra un caricamento e l’altro, ma in un mondo in cui il mercato standalone si muove a rilento, assistere a questi piccoli upgrade non fa sicuramente male.

Prima di procedere con l’analisi degli altri punti, apriamo una grossa parentesi sul software: un discreto punto di debolezza per Pico. Ora, negli ultimi mesi i titoli che stanno arrivando su Pico 4 (e Pico 3) sono moltissimi: da Demeo ad After the Fall, da RUINSMAGUS a The Walking Dead Saints & Sinners. Insomma, gran parte del parco titoli multipiattaforma già uscito su Quest e PCVR sta ricevendo o ha già ricevuto la sua conversione su piattaforme Pico, e questo non fa che accrescere il valore di un brand che si sta facendo strada con le unghie e con i denti in un mercato quasi monopolistico. Il parco giochi di Pico 4 è ampio e diventa sempre più ampio giorno dopo giorno, ma – ovviamente – manca delle esclusive Quest 2, e quelle fanno male. Non avere la possibilità di giocare a Resident Evil 4 VR, Echo VR, Tales from The Galaxy’s Edge, Lies Beneath e Journey of the Gods, vuol dire perdersi gran parte del meglio che può offrire un visore standalone oggi, a prescindere dalla qualità dell’hardware. È anche vero che Pico ha iniziato ad annunciare e pubblicare le sue prime esclusive, con quel Just Dance VR marchiato Ubisoft che è diventato il primo vero cavallo di battaglia del visore, e quel porting di Immortal Legacy: The Jade Cypher che funziona effettivamente molto bene anche in standalone. Speriamo che nel tempo Pico inizi a macinare esclusive come lo ha fatto Meta negli ultimi sei anni, andando a dare valore a un hardware che – effettivamente – se lo merita.

Riguardo al sistema operativo siamo di fronte a un OS sicuramente migliorato molto rispetto a sei mesi fa, ma che dimostra ancora un po’ i limiti di un software poco rodato. C’è tutto quello che serve in un OS legato a un hardware VR, ma il posizionamento di alcuni menù e la stabilità generale lasciano ancora un po’ a desiderare. Sicuramente è un fronte su cui Pico continuerà a lavorare nel tempo, e sicuramente entro fine anno l’impatto del software cambierà radicalmente rispetto alla sua versione attuale, ma la distanza rispetto ad altri suoi colleghi – a oggi – è ancora evidente.

Torniamo al visore e, nello specifico, ai suoi controller. Rispetto a Pico Neo 3 Link, da questo punto di vista, è stato fatto un upgrade gigantesco. I controller di Pico 4 sono una via di mezzo tra quelli di PSVR2 e quelli di Quest PRO: piccoli ma avvolgenti, solidi, presenti. Dei controller belli da vedere e comodi da utilizzare, se non per un peso forse un po’ eccessivo, e sicuramente superiore a quello dei suoi competitor. Ottimo anche il tracking, che è fondamentalmente paragonabile a quello degli altri visori standalone presenti sul mercato, e che mantiene i soliti punti ciechi che siamo oramai abituati a evitare. Peccato per la necessità di due batterie AA a controller, che gli restituiscono un utilizzo un po’ meno immediato rispetto a quei controller che se ne fanno bastare una per mano.

Molto buono anche il prezzo, più basso dei suoi concorrenti. Pico 4 costa 429,99€ nella sua versione da 128GB e 499,99€ nella sua versione da 256GB, rispetto ai rispettivi 450€ e 500€ richiesti da Quest 2. Non è una differenza abissale, ma cinquanta euro possono pesare nell’ottica di un device che non ha fatto presa su quella fetta di utenza videoludica che guarda ancora con sospetto alla realtà virtuale.

Passiamo ora al più grande contro di Pico 4; o meglio, quel difetto che non me lo fa consigliare a scatola chiusa rispetto a Meta Quest 2, qualora voleste utilizzare il visore anche come device per PC.
Pico Neo 3 Link aveva tanti difetti, ma una cosa la faceva bene: l’integrazione con la PCVR. Grazie alla sua porta display port, il Pico Neo 3 Link era in grado di far girare gran parte della sua libreria PC con risultati eccezionali, diventando a tutti gli effetti un visore nativo, e facendoci dimenticare di compressioni e performance ballerine tipiche di un collegamento wi-fi al PC tramite router. Ahimè, Pico 4 abbandona la porta DP in favore di una singola presa USB-C, esattamente come il suo competitor diretto. Vien da sé che la fruizione di contenuti PCVR in wi-fi o via cavo soffre degli stessi identici problemi di Quest 2: artefatti, pulizia lontana da un visore PC cablato ed eventuali problemi di connessione. Pico ha già annunciato un dongle USB che dovrebbe andare ad avvicinare la qualità in wireless a quella col cavo, isolando la banda attraverso il suo device specifico e migliorando le prestazioni, ma ancora non sappiamo né come funzionerà, né quando verrà lanciato.

Un altro difetto importante di Pico 4 è l’audio. Il nuovo visore di Pico presenta le solite casse isolate nascoste dentro la fascia laterale del visore, esattamente come Quest 2. La differenza è che da una parte il volume dell’audio (sebbene molto migliorato sul fronte della pulizia rispetto alla versione precedente) è molto basso, e dall’altro non è presente un’entrata jack per le cuffie. Il perché di questa scelta mi è totalmente ignoto, ma la mancanza di supporto alle cuffie cablate rischia di rendere gran parte del parco giochi VR presente su Pico 4 molto meno immersivo rispetto a quanto non si possa ottenere con una bella cuffia sparata al massimo. Una scelta davvero incomprensibile. Certo, è possibile acquistare un adattatore usbc-jack, o attaccare delle cuffie bluetooth, ma sono entrambe soluzioni meno immediate del classico jack già pronto sulla fascia del visore, e in realtà virtuale – oggi – abbiamo bisogno di immediatezza.

Pico 4 si è dimostrato un visore standalone eccezionale nel suo hardware e nelle sue componenti, con un ottimo parco giochi, e un supporto paragonabile a quello di Quest 2 nel suo utilizzo su PC. Manca della porta DP, com’era il visore precedente, e dell’entrata jack, tanto che gli acquirenti che cercano un certo tipo di esperienza potrebbero scoraggiarsi all’acquisto. Tuttavia, lo slancio di Pico è in salita come non ho mai visto altri fare nello stesso contesto, e questo vuol dire che il bello deve ancora arrivare. Se avete un Quest 2 il passaggio non sembra ancora giustificato: vi ritroverete sostanzialmente davanti agli stessi pregi e agli stessi difetti, con qualche piccola miglioria e qualche piccolo malus. Al contrario, se non sapete che visore standalone acquistare e siete indecisi tra Quest 2 e Pico 4 la scelta incomincia a essere difficile, e dipende – anche qui – da quello che cercate da un’esperienza immersiva e portatile. In ogni caso Pico 4 è un enorme passo in avanti per Pico, che potrebbe – in un futuro non troppo remoto – riuscire addirittura a superare Meta nella gara sempre più affollata della realtà virtuale, sta poi a voi decidere da che parte stare.

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Alessandro Redaelli

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