Playstation VR2 è oramai alle porte. Il nuovo visore di Sony, in uscita presumibilmente intorno a marzo dell’anno prossimo, andrà a sostituire un hardware che – nel bene e nel male – ha fatto la storia di un linguaggio giovane e dal futuro brillante, che ci ha regalato, dal 2016 a oggi, una qualità media delle sue produzioni davvero fuori scala. Per festeggiare l’arrivo di Playstation VR2, e il pensionamento del primo – immortale – Playstation VR, andiamo a ripercorrere le tappe più importanti della sua storia, focalizzandoci su delle esclusive che rischiamo, in un futuro prossimo, di vedere sparire per sempre.
Playstation VR esce il 13 ottobre del 2016, dopo anni di attesa per un hardware che avrebbe dovuto rivoluzionare l’industria del videogiochi. Con un prezzo di quattrocento euro per il solo visore, più l’aggiunta di eventuali move controller e camera, il visore Playstation veniva lanciato per una fetta di mercato molto specifica: quella disposta a spendere lo stesso prezzo della console per una periferica ancora inesplorata, di cui nessuno conosceva ancora potenzialità ed eventuali criticità. La lineup di lancio, che vantava titoli quali Batman Arkham VR, Until Dawn: Rush of Blood, Rigs, Here They Lie e pochi altri, venne quasi totalmente ignorata, in favore di una pubblicizazione forse eccessiva di Playstation VR Worlds, che veniva venduto anche in bundle con il visore.
Playstation VR Worlds era una sorta di collezione di cinque mini esperienze, atte a far comprendere all’utenza le potenzialità del nuovo hardware di Sony: un po’ come gli intramontabili dischi demo della prima Playstation. C’era dentro un’esperienza subaquea con gli squali, una corsa in autostrada su una tavola di legno, una sorta di Pong 3D, quel London Heist che è successivamente diventato Blood and Truth e – infine – Space Odissey: un’avventura FPS a bordo di un mech nello spazio. Ed è proprio da quest’ultimo che dobbiamo partire per capire cosa è andato storto durante il lancio di Playstation VR.
Tolto London Heist e Space Odissey, le altre tre esperienze di Playstation VR Worlds vennero prese dalla community proprio come simpatiche demo; tecnicamente molto indietro rispetto ai pannelli 4K che iniziavano a farsi spazio nelle case dei videogiocatori, ma comunque accettabili in quanto esperienze usa e getta per provare il visore. London Heist fu invece molto apprezzato, ma venne criticato per la sua estrema brevità, rispetto a quello che un prodotto del genere sarebbe potenzialmente riuscito a fare. Space Odissey, invece, fu l’inizio della fine. L’unico gioco fantascientifico presente nella lineup di Playstation VR Worlds era infatti un’avventura a bordo di un grosso robot pilotabile attraverso il Dualshock 4, con cui potevamo muoverci liberamente attraverso lo stick analogico, esattamente come in un videogioco tradizionale. Nessuno aveva ancora sentito parlare di motion sickness, di opzioni per il comfort, di abitudine alla realtà virtuale. Il risultato fu che la maggiorparte delle persone che provarono Space Odissey scoprirono la chinetosi, che gli fece passare totalmente la voglia di giocare in VR.
Non aiutarono alcune delle uscite di rilievo dello stesso periodo: RIGS sembrava pensato apposta per far star male i giocatori; Here They Lie aveva un sistema di movimento giustamente mai più riutilizzato; Driveclub VR è tutt’ora il gioco di auto in realtà virtuale peggiore in termini di comfort. Dall’altra parte avevamo giochi pensati con più criterio, come Batman Arkham VR, che soffrivano però di una longevità a cui il pubblico console non era abituato. Un vero disastro, che ha portato la realtà virtuale – e PSVR – a finire velocemente nell’oblio del mainstream.
Fortunatamente, però, qualcuno ha continuato a crederci, ed ecco che già durante la stagione succesiva sono usciti i grandi capolavori. Da Resident Evil 7 fino ad Astro Bot: Rescue Mission, da Wipeout fino a Statik, da Farpoint a Firewall: Zero Hour. Grandi capolavori usciti solo e soltanto sulla piattaforma VR di Playstation, e che purtroppo soltanto in pochi sono riusciti a giocare, a causa di un preconcetto nato soltanto dall’inesperienza dei team di sviluppo.
Ovviamente nel tempo anche l’hardware concorrente è andato avanti, Meta Quest ha preso in mano gran parte del mercato, e i visori PC – grazie a titoli come Half Life: Alyx, Boneworks e i simulatori – sono continuati a uscire. Ma siamo realisti: da che mondo è mondo è Sony che muove il mercato videoludico mainstream, e abbiamo quindi assolutamente bisogno di lei per far rinascere questo grande linguaggio.
Playstation VR2, almeno su carta, vanta delle specifiche eccezionali. Un pannello incredibile, ottime lenti, grande ergonomia e feedback aptici sono solo alcuni degli elementi che rendono il nuovo visore Playstation un must-have per tutti gli appassionati di realtà virtuale; ma sappiamo anche bene come sia poi la lineup a comandare davvero le vendite, oltre che l’entusiasmo della community. Tra l’annuncio di Horizon: Call of the Mountain VR e Resident Evil Village VR sono sicuro che nel tempo PSVR2 sarà nuovamente in grado di regalarci i grandi capolavori di cui solo Sony è capace, e la conferma più grande l’abbiamo già avuta con la scorsa generazione.
Come anticipavo, Playstation VR ci ha regalato alcune delle più grandi esclusive VR della storia del medium; esclusive che rischiano di sparire per sempre. Il perché è presto detto: il sistema di tracciamento del nuovo visore è completamente diverso da quello precedente; ragion per cui se un gioco PSVR1 deve arrivare su PSVR2, lo potrà fare soltanto attraverso un lavoro di adattamento messo in atto dallo studio di sviluppo legato alla produzione. Rischiamo quindi di perderci molto; troppo, ragion per cui è il momento di ricordarci quali sono tutte le esclusive VR giocabili solo sullo scorso headset di Playstaton, per far in modo di non dimenticarci mai cosa è venuto, e cosa dev’essere necessariamente adattato sulla nuova piattaforma.
Partiamo dalle uscite più mediocri. Ahimè, anche Sony ha sbagliato, dando spazio – miracolosamente molto di rado – a prodotti che non si avvicinavano al livello qualitativo a cui ci aveva abituati. Sto parlando di giochi come Eden Tomorrow, Separation, Golem, Arashi: Castles of Sins, The Inpatient o il sopracitato Rigs. Titoli che non sono esattamente da buttare, e che anzi presentano delle idee interessanti che non vediamo l’ora di vedere sviluppate nel prossimo ciclo di prodotti PSVR, ma che non raggiungevano la qualità a cui ci aveva abituato il brand. La colpa, come ad esempio nel caso di Arashi, era però strettamente legata alle limitazioni dell’hardware, per cui – anche in questo caso – un’eventuale remastered sui visori della nuova generazione potrebbe scolpire tutti quei diamanti grezzi di cui non abbiamo goduto fino in fondo.
Abbiamo poi i grandi prodotti marchiati Playstation, che spaziano tra i videogiochi eccellenti e i capolavori del medium. Partiamo da quelli meno apprezzati dalla community, ma che risultano comunque titoli di gran valore, nel contesto del loro specifico genere. Bravo Team è stato uno di questi. Il titolo di Supermassive Games faceva una cosa e una soltanto, ma la faceva incredibilmente bene. Un cover shooter vecchia scuola a la “Time Crisis”, che si basava sostanzialmente sull’eliminazione di tutte le forze i gioco, facendoci muovere automaticamente tra una copertura e l’altra. Un concept semplice, ma che – soprattutto nei livelli più avanzati – era in grado di restituire tutta l’esaltazione dello scontro a fuoco simulato. Complice della sua riuscita è stato il Playstation Aim, l’unica vera periferica per realtà virtuale commercializzata da sony: un fucile fisico e tracciato, che andava a sostituirsi all’arma utilizzata virtualmente in game. Compatibile con Aim Controller abbiamo avuto anche Farpoint: una bella avventura d’azione con sfumature sci-fi piuttosto marcate, che ci metteva a confronto con una civiltà aliena poco amichevole, viaggi nel tempo e scontri al cardiopalma. Anche Doom 3 VR Edition, nonostante sia un porting che soffre dei molti anni portati sulle spalle, è davvero uno spasso attraverso la periferica di Sony, e chiude un modestissimo parco esclusive PSVR da giocare con Aim Controller, a cui si affianca soltanto Firewall: Zero Hour. Al contrario dei sopracitati, il titolo di First Contact Entertainment è stato uno dei prodotti più amati su Playstation VR; per chi parla il più grande sparatutto competitivo presente in tutto il mercato, a prescindere dalla piattaforma. Una sorta di Rainbow Six: Siege più immersivo, teso e divertente, che soffriva soltanto di un tracciamento discutibile – figlio dell’hardware – e dell’imposibilità di sfruttare il proprio spazio di gioco in roomscale. Fortunatamente il prossimo Firewall Ultra, su PSVR2, ci restituirà ciò che abbiamo sempre sognato.
Parlando sempre di sparatutto, questa volta in single player, impossibile non citare Until Dawn: Rush of Blood. Uno dei titoli di lancio di PSVR e tutt’ora uno dei rail shooter più divertenti, e al contempo spaventosi, della scorsa generazione. Un turbine travolgente di action velocissimo e jumpscare ben dosati, che non può che divertire ancora, a sei anni di distanza dalla sua uscita. A proposito di paura, Resident Evil 7 è quello che forse più di tutti ha dimostrato la forza con cui il genere può arrivare ai videogiocatori attraverso un headset, spaventando i milioni di utenti che l’hanno giocato attraverso questa modalità. Si parla di un 10% complessivo, rispetto alle vendite del gioco originale: un risultato straordinario. Slegandoci dall’horror, ma rimanendo in tema FPS, Blood & Truth è stata forse l’esperienza più cinematografica di tutto il catalogo VR del primo headset di Sony: una sorta di film di Guy Ritchie sotto steroidi, dal grande ritmo nell’azione, e capace di immergerci davvero dentro a una spy story comandata unicamente dalla nostra presenza.
Persino i tie-in sono riusciti bene, con quell’Iron Man VR di Camouflaj che è la perfetta sintesi di quello che dovrebbe fare il videogioco Marvel in un contesto analogo. Un’esperienza non perfetta ma divertentissima, capace di sfruttare i Playstation Move come pochi altri hanno fatto prima e dopo di lui. Playstation move che – facendo un piccolo inciso – Playstation si portava dietro dal loro supporto su PS3, e che hanno fatto da enorme collo di bottiglia nel tracciamento, che andava via via a svilupparsi attraverso gli altri player.
Ma è forse attraverso i generi meno scontati che Playstation VR è riuscita a fare le cose più interessanti dell’intera generazione. Astro Bot: Rescue Mission non è solo un platform, è il platform; se posso, il più grande platform della generazione, Super Mario Odissey compreso. Team Asobi è riuscita a plasmare il linguaggio con una grazia che mai avevamo visto prima, regalandoci un’esperienza indimenticabile, dalla quale è impossibile tornare indietro. Wipeout: Omega Collection è tutt’oggi il gioco di corse in realtà virtuale più incredibile che ha mai messo piede nel mercato, grazie al suo senso di velocità inconfondibile, un gameplay che sembra incapace di invecchiare e un impatto tecninco clamoroso. I puzzle game sono sempre andati a nozze con la realtà virtuale, e Statik è forse l’esempio più brillante che abbiamo mai visto. Trovare nelle limitazioni un punto di forza non è cosa da tutti, ma in Tarsier Studio sono riusciti nell’intento di sfruttare il Dualshock 4 in una maniera incredibile, imprigionando i nostri polsi dentro a una scatola a forma di pad, dalla quale dobbiamo cercare in ogni modo di liberarci.
A chi è venuto in mente, poi, di proporre un gioco di pesca basato su Final Fantasy XV? Chiunque sia questa persona merita un abbraccio. Monsters of the Deep: Final Fantasy XV è un gioco di pesca allucinante, visivamente incredibile, che riesce a far respirare al giocatore tutta l’atmosfera dell’amatissimo franchise di Square-Enix attraverso un genere che mai mi sarei aspettato così interessante. Il chill nel proprio cottage, le fasi di pesca pura, gli scontri con i boss: tutti momenti indimenticabili, figli di un prodotto che non ha trovato il supporto che avrebbe meritato. Deraciné è un altro titolo assurdo: una sorta di visual novel in prima persona, con un po’ di puzzle solving e un racconto che diventa sempre più opprimente, sempre più dark. Da Myiazaki non mi aspettavo altrimenti, ma l’unico titolo di From Software per realtà virtuale è una perla rara e preziosa, che va conservata con grande cura. Tutti che parlano di Walkabout Mini Golf, ma vogliamo parlare dello splendido Everybody’s Golf VR? Nonostante io non abbia mai amato il golf, il titolo di Clap Hanz mi ha tenuto occupato per decine di ore alla ricerca dello score perfetto, grazie a un’immediatezza delle sue meccaniche da manuale, e un comparto visivo eccellente.
Facciamo poi finta che Hitman VR non sia uscito su PC. Su Playstation VR, nonostante il solo supporto al Dualshock 4, lo stealth game firmato IO Interactive è in grado di sprigionare sensazioni uniche e mai provate. Ricorderò sempre il primo arrivo dentro a una discoteca berlinese, mentre il sole calava alle mie spalle. Un momento di pura estasi, impossibile da provare all’infuori della realtà virtuale. Anche Dreams, con le sue possibilità pressoché infinite, ci ha restituito una serie di mini esperienze a suo modo memorabili, oltre che la gioia di creare da zero il nostro personale mondo di gioco.
C’è poi chi è arrivato su Playstation VR in esclusiva temporanea per poi spostarsi anche su altre piattaforma, come lo splendido Fracked, il delizioso Winds & Leaves, il solidissimo Table of Tales: The Crooked Crown, l’imperdibile Mini Motor Racing X, il gigantesco Skyrim VR; o altri giochi minori come Dino Frontier, Stardust Odissey, Here They Lie, Wayward Sky, Mini-Mech mayhem, Tumble VR, Tiny Trax, How We Soar, Bound e Verti-Go Home.
Impossibile poi non citare tutti quei prodotti multipiattaforma che hanno comunque fatto la storia del caschetto di Sony: dal sopracitato Batman Arkham VR, fino ad arrivare a Moss, Paper Beast, Tetris Effect, Trover Saves the Universe, Five Nights at Freddy’s VR, The Walking Dead: Saints & Sinners.
Playstation VR ci ha regalato durante questi sei anni prodotti incredibili e indimenticabili, che rischiano di perdersi per sempre con l’arrivo della nuova iterazione dell’headset, ma che dobbiamo mantenere assolutamente nella memoria collettiva. Quello che ha fatto Astro Bot: Rescue Mission per il linguaggio della realtà virtuale, è la stessa cosa che ha fatto Super Mario 64 per il videogioco, Citizen Kane per il cinema, Guerra e Pace per la letteratura. Su PSVR abbiamo assistito al primo passo nella nascita dei mostri sacri del medium, quelli che chiameremo i Pac-Man della prima generazione. E nonostante nel tempo ci divertiremo attraverso pannelli sempre più definiti, nonostante l’evoluzione tecnologica ci porterà a vivere il videogioco attraverso periferiche sempre più immersive dobbiamo tenere bene a mente questo momento storico, e il momento che l’ha preceduto. Perché le grandi opere che ci ricorderemo per sempre sono spesso quelle che abbracciano i limiti tecnici della propria epoca, e che vengono riscoperte soltanto dopo molto tempo dal pubblico che è stato meno vigile durante la loro nascita. Tutto questo lungo testo per dire una cosa: lunga vita a Playstation VR, che si è merita la pensione dopo aver provato in tutti i modi a rimediare ai suoi errori di gioventù, che speriamo non vengano replicati dal visore nascituro. Sono sicuro che PSVR2 cambierà la percezione della realtà virtuale per molti, e che vedremo finalmente il salto generazionale che tutti si aspettavano dopo il primo tentativo di Sony, ma iniziamo a trattare il primo, vero, visore commerciale con il rispetto che merita: in fondo, stiamo parlando di una leggenda.
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