Scrivere la recensione del nuovo headset Playstation, per me, era un po’ come scrivere l’opera magna di tutta una vita. Dopo anni di fatica e sudore spesi in funzione di opere minori, con il sogno sempre lì, ben visibile, di un hardware rivoluzionario, che riuscisse a far capire a tutti cosa è stata – e cos’è – per me la VR, alla fine PSVR2 è arrivato, e non è il visore che credevo di trovarmi di fronte. Lo dico subito: pensavo che il visore 2.0 di Playstation si sarebbe rivelato punto di rottura di un linguaggio che – dal momento della sua uscita – avrebbe parlato una lingua più comprensibile. Il turning point di una rivoluzione lenta ma costante, che avrebbe aperto le porte un po’ a chiunque verso un modo totalmente diverso di intendere il videogioco. E invece no, PSVR2 è una rivoluzione soltanto in parte, limitata ai visori console e alla cerchia dei prestige game, ma dimostra delle criticità che non lo fanno brillare al cento per cento come avrei voluto.
Premessa: come forse alcuni di voi sapranno, Playstation Italia ha escluso il nostro portale dalle anteprime e dall’hardware anticipato. Lo dico ora perché è un discorso doloroso che non voglio affrontare più, ma che oggi – dopo aver provato il visore – assume un significato ben preciso. Questo lo dico da una parte per scusarmi con voi, che ci supportate da sempre e che siete rimasti un po’ orfani di uno scambio preliminare, al contrario del pubblico di altre testate e altri creator; dall’altra lo dico invece per specificare che – nonostante tutto e da professionisti quali siamo – il nostro giudizio sull’hardware e i prodotti PSVR2 non verrà influenzato minimamente da quello che è successo nell’ultimo mese. Chiuso qui il discorso, dimenticatevene, come cercherò di fare anche io.
In ogni caso, quando il visore mi è arrivato a casa non stavo letteralmente più nella pelle. L’attesa mi stava divorando da settimane, e ho aperto lo splendido packaging del prodotto come un bambino apre il suo primo videogioco, sotto l’albero, a natale. Credetemi: emozioni così forti per l’arrivo di un prodotto sul mercato non ne ho mai provate, nemmeno con altri visori, nemmeno con singoli videogiochi. È l’entusiasmo che provava tutta la community della realtà virtuale nel mondo, specialmente per le specifiche che, su carta, vanta la periferica. Due pannelli OLED 2000×2040 HDR a occhio, con un refresh rate che va dai 90Hz ai 120, un campo di visione di 110 gradi, 4 camere per il tracking inside-out, un sensore per l’eye tracking e un inedito feedback haptico posizionato sul caschetto. Tutti elementi che andremo ad analizzare a breve, ma che a parole si ergono a dimostrazione di forza bruta sinceramente mai vista nel mercato consumer. Banalmente, a oggi, nessun visore presenta specifiche analoghe, e quelli che più gli si avvicinano hanno un prezzo superiore ai mille euro, ragion per cui PSVR2 poteva a tutti gli effetti diventare il visore per realtà virtuale definitivo.
I dubbi, però, spuntano fuori già al primo confronto con l’headset. Visivamente appagante, vagamente futuristico e in linea con il design di PlayStation 5 e i suoi accessori, PlayStation VR2 è un prodotto estremamente piacevole nel suo form factor e straordinario nella sua semplicità d’utilizzo, e di questo gliene va dato atto. Tutto questo, però, a un prezzo: una scocca inaspettatamente cheap. Se c’è una cosa che mi ha turbato subito di PSVR2 è stato proprio il materiale e la solidità dell’headset. Se PS5 e i suoi controller sembrano prodotti premium anche spogliati delle loro componenti interne, PlayStation VR2 si dimostra invece molto più “plasticoso”, molto giocattolone, andando un po’ in controtendenza con una componentistica interna di ben altra caratura. È comprensibile, d’altra parte seicento euro per una periferica con alcune delle feature più avanzate del mercato sembravano sinceramente pochi, e da qualche parte dovevano pur risparmiare. Si spera solo che questo “vestito” un po’ approssimativo non vada a dare problemi sul lungo periodo, che tra sensori di eye tracking e cavo integrato potrebbe diventare l’incubo dei centri assistenza Sony.
Per il resto sembra letteralmente di avere di fronte una versione moderna del primo PlayStation VR, da tutti i punti di vista. La forma, così come la vestibilità, rimangono infatti sostanzialmente invariate, così come alcune delle sue funzioni integrate nell’headset. Ritroviamo infatti qui il tasto posteriore per allargare il visore, la rondella di aggancio per stringerlo e il tasto inferiore frontale per avvicinare o allontanare l’HMD agli occhi. Si va ad aggiungere invece un’ulteriore rotella per distanziare le lenti l’una dall’altra, necessaria per far combaciare il centro della vostra pupilla con i due pannelli presenti al di là della scocca. Il tasto d’accensione si posiziona questa volta sempre nella parte inferiore anteriore, al posto di quel pezzo di plastica un po’ scomodo agganciato al cavo presente sul primo PSVR, che aveva lasciato spazio a una soluzione analoga sulla V2. A fianco a quest’ultimo troviamo un inedito microfono integrato, necessario sia per la chat vocale in multiplayer, che per tutti quei titoli che necessitano di un input audio attivo. E infine il tasto dedicato al passthrough (chiamato in questo caso see-trough), che vi mostra in un batter d’occhio la vostra stanza attraverso le telecamere sul visore; necessario, in un headset che si evolve dalla sua fruizione da divano, seduti, a quella in piedi, in roomscale. Comodissimo l’aggancio per gli auricolari direttamente sul visore, che vi permette infine di riporre le cuffie presenti nella confezioni in un apposito spazio sull’headset, sostituendo con una certa grazia le casse integrate che hanno contraddistinto le ultime generazioni di headset standalone. Queste ultime rimangono comunque molto apprezzate da una fetta della community, e sta a voi decidere se questo è di fatto un bonus o meno. Quelle da agganciare, in ogni caso, non sono sicuramente cuffie premium, ma auricolari dignitosi nel contesto dell’in-ear a basso costo, che isolano a dovere, ma che verranno sostituiti in tempo zero da chi ha determinate esigenze sul fronte del suono.
Passando momentaneamente ai controller, I nuovi PlayStation VR2 Sense Controller si presentano decisamente più solidi del visore, e propongono oltretutto una forma decisamente originale. Discretamente comodi e con tutti i tasti del DualSense posizionati sulle superfici, i Sense Controller sono un passo in avanti gigantesco rispetto ai Playstation Move che venivano utilizzati sul primo Playstation VR, ma – nonostante questo – soffrono di una manciata di difetti fastidiosi. Il grosso passo in avanti è il tracciamento, che avviene attraverso le camere posizionate sul visore, al contrario della telecamera che andava utilizzata con il vecchio headset, davanti alla TV. Questo vuol dire che il tracking si adatta finalmente agli standard di visori come Quest 2 e Pico 4, e vi da quindi la possibilità di sfruttare l’intero spazio di gioco, facendovi muovere liberamente in ogni direzione, dentro a uno spazio consigliato di almeno due metri per due. Di contro, questo form factor così estroso e ingombrante mostra paradossalmente il fianco a un’impugnatura un po’ piccola, che potrebbe risultare non troppo comoda per chi ha le mani grosse, e il tracciamento – quando messo un po’ alle strette – non risulta preciso come il sopracitato visore di Meta. Attraverso un’opzione situata in un sotto-menu delle impostazioni è possibile aumentare la precisione dello stesso, a discapito di un mirroring sul TV più piccolo e di una plausibile durata inferiore delle batterie, già di per sé abbastanza deludente.
Questo ci porta al vero, grande difetto dei controller: la batteria integrata dura circa quattro ore, decisamente meno di un DualSense e di tutti gli altri motion controller presenti sul mercato. Se per un utente che non ha intenzione di passare troppo tempo in VR questo potrebbe non risultare un grande difetto, per una persona come me, che riesce a immergersi in sessioni ben più lunghe della carica massima consentita, è invece un discreto malus. Non aiuta il fatto che la base di ricarica sia venduta a parte, a un prezzo di circa cinquanta euro, costringendovi – almeno in un primo momento – a caricare singolarmente i due controller attraverso due cavi USB C, di cui nella confezione ne è presente soltanto uno.
Le sezioni del controller che leggono la posizione della mano sono poi capacitive, il che vuol dire che l’hardware capisce più o meno come avete posizionato le dita, mostrandovi in-game delle posizioni preimpostate delle mani del personaggio. Non siamo ancora arrivati al tracciamento delle singole dita come succede su Valve Index, ma comunque – ripeto – i passi avanti rispetto alla precedente iterazione sono enormi. Dal punto di vista dei tasti, e quindi delle gesture, il più grosso problema sono invece L1 e R1, posizionati sul palmo della mano e che simulano la “presa” degli oggetti con uno switch on-off, al contrario di altri headset in cui la morbidezza dello stesso simula più fedelmente – e in modo meno faticoso – la stessa cosa. Anche qui ci si abitua, ma questa specifica scelta è forse la più incomprensibile.
Ma la vera domanda è: come si comporta questo visore all’atto pratico? Per chi viene dal primo PSVR il salto in avanti è spaventoso per risoluzione, fedeltà dell’immagine, tracciamento, velocità di utilizzo; per chi viene da Quest 2 sarà come ritrovarsi catapultati tre generazioni in avanti sul fronte del parco titoli, e per chi non ha mai utilizzato un caschetto di realtà virtuale… beh, in quel caso potrebbe farvi passare la voglia di giocare in qualsiasi altro modo. O Quasi. Mi chiedevo infatti se questo sarebbe stato il visore del riscatto, quello che avrebbe convinto tutti ad affiancare alle proprie macchine da gioco tradizionali anche un visore di realtà virtuale. Una risposta univoca è ancora difficile da trovare, ma un’idea generale me la sono fatta.
Quello che stupisce più di tutto, sia che siate abituati ad altri caschetti che no, è infatti la risoluzione e la fedeltà del colore. La prima, che si aggira intorno ai 4K complessivi, ci restituisce un’immagine pulita, vibrante, realistica. Merito di un pannello OLED che ci è mancato tanto sui competitor di questi anni, e di un inedito HDR, mai visto su un visore VR concorrente. Davvero, l’esperienza puramente visiva di PSVR2 è un qualcosa di clamoroso, quasi paragonabile a un discreto TV QHD, e che quindi si distanzia dall’immagine un po’ più arcaica e sbiadita che abbiamo dei videogiochi VR contemporanei. Il problema è che tutto questo ha un prezzo: comfort, artefatti e sweet spot. Il primo è figlio della costruzione un po’ povera dell’headset: le lenti – a seconda della dimensione del vostro volto – potrebbero toccarvi il naso, infastidendovi parecchio su sessioni particolarmente estese, soprattutto se portate gli occhiali. Gli artefatti e lo sweet spot sono invece figli delle lenti fresnel imposte proprio dall’OLED, che vanno allineate perfettamente al vostro sguardo, per non ritrovarvi di fronte a immagini sfuocate e discretamente sballate in termini di colori. E non sarà raro che vi succeda, soprattutto in quei giochi che vi costringono a muovervi molto, facendo un po’ ballare l’headset che avevate calibrato con tanta cura all’inizio della vostra partita. A tal proposito, PSVR2 si dimostra ancora poco adatto per quei giochi che richiedono un movimento insistente e insistito come Pistol Whip e analoghi, che è ancora oggi meglio giocare su Quest 2, e altri visori con uno sweet spot più ampio e pannello LCD.
C’è da dire che il passo avanti sulle lenti è comunque importante sia rispetto al primo PSVR che a visori come HTC Vive, che montavano delle fresnel molto più vetuste, piene di god rays oramai impercettibili. È un compromesso, anche qui, dovuto a un prezzo troppo basso per restituirci il visore definitivo, e con cui dovrete fare i conti se venite da visori che hanno eliminato gradualmente questo problema attraverso le loro più recenti iterazioni. Una problematica legata all’OLED è invece il mura, ovvero una sorta di grana fissa visibile nelle zone più scure nel pannello. Un risultato praticamente identico a quello di PSVR, da non confondere però con l’effetto zanzariera o altre amenità, non più presenti sul nuovo visore Playstation. È fastidioso? In un primo momento sì. Ci si fa l’abitudine? Dopo pochi minuti dal primo utilizzo. Il problema del mura potrebbe inoltre sparire nel tempo, dopo che il pannello ha superato almeno un centinaio d’ore, andando ad attenuare una grana che qualcuno vede più di altri. A voler trovare i difetti se ne trovano sempre, ma la magia della realtà virtuale è quella di immergerci in mondi nuovi e inesplorati, facendoci dimenticare non solo del mondo esterno, ma anche dei problemi dell’headset, presenti in qualunque HMD.
Anche perché, diciamolo, un’immagine definita e vibrante come quella che esce fuori da Horizon Call of the Mountain VR, Gran Turismo 7, e addirittura multipiattaforma come Moss e Tetris Effect non l’abbiamo mai vista. Qualcuno sì, con un visore PC di fascia alta e una GPU all’altezza, ma stiamo parlando di categorie diverse non solo di utenza, ma soprattutto di prezzo. Per 600 euro, più 550 euro di console, PSVR2 è – a livello tecnico – il meglio che si può sperare di raggiungere a oggi, e su questo non ci piove.
Inalterato invece, rispetto al primo PSVR, il campo visivo che vedranno i vostri occhi, e che quindi va a creare il solito “effetto tunnel” della realtà virtuale. Avvicinando le lenti al vostro volto tramite l’apposito tasto è addirittura possibile ampliarlo, ma attenzione, se portate occhiali con montature troppo grosse, questo non sarà possibile. Nessun problema con montature piccole e medie, che permettono l’utilizzo dell’headset senza alcun problema.
Splendida invece l’integrazione dell’eyetracking, ovvero il sensore interno che legge la direzione verso cui la vostra pupilla sta guardando. Questo è fondamentale non solo per il foveated rendering, ovvero la possibilità di far renderizzare il gioco al cento per cento soltanto nel punto in cui state guardando, risparmiando risorse e conseguentemente “migliorando” l’immagine, ma anche per le integrazioni singole sui giochi. In Horizon: Call of the Mountain, ad esempio, sarà possibile navigare i menù esclusivamente attraverso l’eyetracking, sbloccando una possibilità fino a oggi ignota, ma potenzialmente incredibile. Ancora il bello deve arrivare, e sono sicuro che The Dark Picture: Switchback sarà il primo a sfruttare come si deve questa nuova potenzialità. Non stiamo parlando di un modulo eyetracking come quello di Quest Pro, che permette addirittura la lettura dell’espressione, ma quello che c’è basta e avanza per permettere agli sviluppatori di tutto il mondo di giocare con una feature che potrebbe regalarci grandi soddisfazioni.
Il problema, in questo senso, è però la calibrazione. Ogni volta che passerete il visore a una persona, infatti, quest’ultima si troverà costretta a eseguirla nuovamente, forzandovi a uscire dal gioco, entrare nel menù apposito, e completare il procedimento. Non esattamente un’operazione velocissima, soprattutto se si ha fretta di far provare l’headset ad amici e parenti, in un contesto di convivialità. L’headset si cuce fondamentalmente sul suo fruitore, ma bisogna ricordarsi che la VR non è soltanto uno strumento di isolamento, ma anzi – al contrario – è spesso un momento di condivisione tecnologica che non va sottovalutato.
Premio alla feature più inutile dell’anno va invece – per ora – alla vibrazione dell’headset, che viene sfruttata soltanto per simulare pseudo-terremoti o eventi che abitualmente vengono simulati attraverso la vibrazione dei controller. Speriamo che questa venga integrata in modo più originale nei nuovi prodotti in uscita quest’anno, ma per ora risulta totalmente irrilevante.
In ogni caso ottima l’immediatezza d’uso, sia per quanto riguarda il sistema operativo di PS5 – ben superiore a quelli a cui siamo abituati sugli altri headset – sia per la velocità con cui è possibile configurare la stanza, anche in automatico, e passare alla visione see-through. Quest’ultima, in bianco e nero come quella di Quest 2 ma decisamente più definita e meno distorta, vi permette di controllare ciò che avete nella stanza attraverso le camere sul visore, dandovi la possibilità di spostare eventualmente gli elementi che vi ostacolano e, soprattutto, di infilarvi i controller con una velocità tale che il doppio tocco dell’ultimo visore di Meta vi sembrerà un po’ vecchio, una volta tornati a utilizzarlo.
Ciò che non vi sembrerà vecchio sul visore di Meta, invece, sarà l’utilizzo dello stesso in roomscale, poiché PSVR2 – ahimè – è ancora una volta legato a un cavo. Certo è uno, al contrario del groviglio incomprensibile che caratterizzava l’antesignano, ma sempre di un cavo si tratta, e chi è abituato all’utilizzo libero dei visori standalone senza fili potrebbe percepirlo come un discreto passo indietro. Volete la mia? Non è esattamente così. L’assenza del cavo ha fatto sì che la VR diventasse più popolare, più libera e immediata. Dall’altra parte i contenuti si sono dovuti adattare, presentandoci negli ultimi tre anni una miriade di titoli con una grafica non proprio all’avanguardia, o prodotti su PC che venivano poi giocati in wireless, con una conseguente compressione dell’immagine. Su PSVR2 abbiamo sì il cavo, ma il risultato di questa scelta ci permette di godere di esperienze letteralmente mai viste fino a oggi, con una qualità irraggiungibile in wireless. Mettici poi che, essendo un visore legato a una console, probabilmente PSVR2 verrà utilizzato il più delle volte da seduti, sul divano, di fronte alla console, per cui il cavo non risulterà decisamente d’impiccio. Ma vi dirò, grazie alla sua estensione, anche durante le sessioni di gioco in piedi, in full roomscale, non ho avuto problemi di alcun tipo, percependo la direzione in cui il cavo tirava e adattando il mio corpo molto velocemente alla giusta posizione. Certo, ero abituato a girarmi sempre con il mio corpo e ho dovuto riabituarmi a farlo più spesso con il thumbstick destro del controller, ma dopo un paio d’ore ci si abitua, e quello a cui ci si abitua è davvero uno spettacolo.
Forse dalle parole relative ai difetti dell’headset può sembrare che PSVR2 non sia un granché, o che non mi abbia soddisfatto in termini assoluti. E invece no: parliamo di un grande visore, con dei problemi che andavano necessariamente sottolineati, ma che ci regala comunque gioie a cui non assistevamo da tempo. A tal proposito, chi ha detto in queste settimane che il parco titoli di PSVR2 è ancora scarno merita letteralmente la galera. Almeno due anni. Non ho mai visto, e ripeto – mai, in tutta la vita – una lineup di lancio così impressionante com’è quella di PSVR2.
Al di là delle esclusive come il sopracitato Horizon, il meraviglioso Gran Turismo, l’indimenticabile Resident Evil Village, abbiamo poi una serie di remastered e di porting di qualità straordinariamente alta, che – spesso e volentieri – si giocano meglio qui che altrove. Parlo di prodotti incredibili come Thumper, Tetris Effect, Pavlov, Kayak VR, After the Fall, Dyschronia, Jurassic World Aftermath, Rez, Star Wars e altre decine di titoli meravigliosi, che qualcuno scoprirà per la prima volta qui, su Playstation VR2. Una libreria di lancio come questa ci fa dimenticare qualsiasi difetto delle lenti, qualsiasi problema dei controller, qualsiasi aspetto tecnico che non regge il confronto con la meraviglia offerta delle esperienze disponibili.
Chiaramente vi parleremo nei prossimi contenuti di tutti i prodotti disponibili a oggi su PSVR2 singolarmente, ma vi assicuro che anche alcuni prodotti che avevo già amato su altre piattaforme VR vivono qui di luce propria, quasi fossero nuove esclusive, che prendono il posto della loro controparte standalone, o addirittura PC. Non tutto funziona alla perfezione, e anzi giochi come No Man’s Sky o The Light Brigade soffrono di difetti visivi incomprensibili paragonabili alle versioni old gen, ma fidatevi quando vi dico che nei prossimi anni PSVR2 sarà il visore a darci più soddisfazioni di tutti in termini di offerta ludica.
Prima di passare alle considerazioni finali, un momento dedicato al nostro sponsor di oggi, che vi permette di vivere la realtà virtuale come mai prima d’ora. Zero Latency è una sala giochi VR con sedi in tutto il mondo che vi permette di giocare in multiplayer fino a otto giocatori insieme ai vostri amici in un’enorme stanza fisica, adattando lo spazio di gioco al mondo virtuale che state vivendo. È un qualcosa di incredibile; impossibile da replicare a casa con i propri spazi e i propri headset, anche perché da Zero Latency potete giocare soltanto esperienze proprietarie che non si possono giocare altrove, come il già disponibile Far Cry VR e Warhammer 40000: Space Marine, in uscita entro quest’anno. La grande novità di Zero Latency è però che dal 5 marzo inizierà il passaggio alla gen3, ovvero un nuovo sistema senza zainetti, in cui tutta la sala viene gestita in wireless. Attraverso una partnership con HTC, dalla riapertura di Zero Latency a Milano il 10 marzo potrete infatti giocare senza nessun cavo e senza nessun aggeggio complicato da indossare: soltanto l’HTC Vive Focus 3 custom di Zero Latency, e un grosso fucile tra le mani. Per prenotare è semplicissimo: andate su www.zerolatency-vr.it cliccate su prenota, scegliete il luogo, il numero di giocatori, il gioco, la data, il codice VRITALIA per avere un 10% di sconto sul totale (fino a fine marzo e solo nei weekend) ed è fatta! Mi raccomando: Milano, Via Bisceglie 74. Se prenotate dal 5 marzo potrete godere della nuova generazione di zero latency, come non avete mai visto prima.. Ah, e per chi diceva “se fosse a Roma andrei subito”, beh… aspettatevi una grossa notizia tra un paio di settimane.
Playstation VR2 è un visore difficile da valutare. Da una parte abbiamo un headset rivoluzionario rispetto al precedente standard Playstation, dall’altra un visore con dei problemi che definire “da principianti” è dire poco. Sono state fatte delle scelte e dei compromessi, e l’obiettivo è sempre quello di far salire sul barcone della realtà virtuale gli utenti che non ci si erano avvicinati fino a oggi. Il risultato non credo che sarà quello, se non per chi finalmente vedrà un impatto tecnico da tripla A anche nella controparte VR dei suoi franchise preferiti, e che potrebbe quindi avvicinarsi con minor sospetto a questo mondo, rispetto a quando la risoluzione dell’headset gli ricordava generazioni oramai lontane. È però anche una periferica che, se non compresa nei suoi elementi più basilari, può risultare respingente per l’utente più superficiale, a cui basta sedersi sul divano, accendere la Playstation e giocare all’ultima, chiacchierata, esclusiva di Sony. Se prima del suo arrivo ero convinto che PSVR2 si sarebbe erto a spartiacque nel mercato consumer, oggi, dopo averlo provato a lungo, non ne sono più così sicuro. Le aspettative, nel tempo, rimangono comunque alle stelle: per una buona parte Playstation VR2 è il visore che volevo, e sono sicuro che quello che ci offrirà a livello di contenuti non avrà eguali in questa generazione. Se venite da un contesto PC-centrico, non vi interessano i prestige game di Sony e avete già in casa il top di gamma nel vostro contesto, forse PSVR2 non ha niente da aggiungere alla vostra esperienza; se venite da Quest 2 o Pico 4 e cercate un visore tecnicamente più vicino al gaming “premium” fateci assolutamente un pensiero; mentre se siete nuovi della realtà virtuale e avete una PS5 non avete scuse: PSVR2 vi aprirà un mondo dal quale non vorrete mai più uscire.
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