Shadow Point – recensione e video recensione (Quest/Rift)

Giocato su Oculus Quest

Siamo all’interno di una vecchia baita di montagna, intorno a noi volantini e fotografie che sembrano provenire da almeno due decadi fa; un computer spento da anni, un silenzio inquietante. Siamo Alex Burkett, ed il nostro compito è quello di andare a cercare una bambina scomparsa molti anni prima all’interno di un misterioso osservatorio oltre la nostra posizione. Qualcuno oltre la porta ci scopre e ci incita a non proseguire, ma noi attiviamo la funicolare, saliamo senza batter ciglio e diamo inizio alla nostra avventura.

Il tono che emerge dai primi minuti di Shadow Point è quanto di più vicino al walking simulator più avanguardistico di questa decade, che riporta alla mente quel capolavoro di Campo Santo che porta il nome di Firewatch. Con una manciata di elementi ed un’atmosfera strepitosa, i ragazzi di Coatsink Software regalano un taglio netto tra realtà e finzione come pochi titoli Quest sono riusciti a fare, immergendoci in un racconto appassionante e supportato da un gameplay decisamente all’altezza.

Nei panni di un taciturno detective ed accompagnati dalla voce calda ed intensa di Sir Patrick Stewart, andremo ad esplorare un piccolo ma bizzarro osservatorio, che di lì a poco svelerà una serie di portali interdimensionali che ci porteranno in luoghi ancora inesplorati.

All’interno di queste aree si volgerà una storia che durerà più di vent’anni, facendoci ripercorrere la vita di una bimba intrappolata in un loop temporale che proveremo a fermare con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Il gameplay che muove le fila del racconto è quello del puzzle game più classico. Muovendoci attraverso diverse stanze, dovremo risolvere degli enigmi basati sostanzialmente su luci e ombre, che ci porteranno quasi esclusivamente a dover ricreare delle figure su una serie di quadri sparsi per i livelli.
Se di primo acchito la questione sembra semplice, ben presto vengono introdotte una serie di meccaniche di gioco piuttosto interessanti, che vanno dall’utilizzo di una lente che cambia il mondo circostante, fino al cambio repentino della gravità ogni qual volta si attraverserà una stanza.

Gli sforzi di Coatsink Software nel rendere varia l’esperienza hanno dato vita ad un prodotto apparentemente rilassato, che – nella pratica – si rivela uno dei titoli meglio ritmati di quest’anno, anche grazie ad una sapiente disposizione dei puzzle, che non risultano mai eccessivamente semplici o complessi. Se capiterà in più di un’occasione di fermarsi a ragionare su come proseguire, con un po’ di ingegno si arriverà presto ad una conclusione logica, ed è tutto merito di uno studio originale e preciso sulla meccanica principale di gioco.

Se Shadow Point funziona ad orologeria nei puzzle e nella narrativa, non è certo da meno l’elemento formale, con uno stile splendido e condito da un accompagnamento sonoro davvero eccezionale.
Camminare per le stanze dell’osservatorio è già un’esperienza di per sé, e l’hardware esiguo di Oculus Quest viene utilizzato con un’intelligenza davvero rara; vicina a quanto succedeva con lo splendido Journey of the Gods.

Proprio grazie alla sua ottimizzazione, il titolo di Coatsink Software funziona decisamente meglio sullo standalone di Oculus, che ci permette di muoverci in qualunque direzione senza l’intralcio del cavo e senza grosse rinunce sul fronte tecnico. Certo, su Oculus Rift il titolo regala una risoluzione maggiore, un antialiasing più marcato e qualche chicca in più; ma l’art direction è così forte e l’ottimizzazione così precisa che difficilmente preferirete l’esperienza su Rift a quella su Quest.

C’è da dire che, qualora non possedeste il visore senza fili di Facebook, il titolo rimane comunque estremamente godibile anche su un hardware wired, proprio perché la sua capacità di stupire ed emozionare rimane universale a prescindere dalla piattaforma.

La longevità, oltretutto, si attesta sulle quattro/cinque ore abbondanti; una durata decisamente allettante, considerato anche il prezzo budget a cui il titolo viene venduto. Se ne volete ancora, inoltre, potrete cimentarvi nella risoluzione degli enigmi secondari presenti in ogni mappa, e non necessari al completamento del gioco.

Se vogliamo dirla tutta, l’unico grosso problema del titolo inglese è che manca di un legame particolarmente forte tra la sua narrativa ed il suo gameplay. Il videogioco è un linguaggio che deve necessariamente parlare anche attraverso il suo gameplay, ed in questo caso risulta un po’ sconnesso dal discorso, a prescindere dall’elemento ludico. Se vissuto come un semplice puzzle game il problema risulta tutto sommato marginale; se si cerca invece anche un significato altro si poteva di certo far di più per rendere maggiormente coesa l’esperienza.

Shadow Point è un puzzle game story driven eccezionale, uno dei titoli sinceramente più intelligenti ed immersivi di quest’anno, a prescindere da dove lo si giochi. Gli sforzi dello studio inglese hanno portato ad un lavoro certosino sulle meccaniche di gioco, che risultano sempre interessanti ed appassionanti, nonostante non leghino in modo troppo esplicito con il racconto. Tolto questo innegabile difetto, l’opera di Coatsink Software è un’esperienza meravigliosa su tutti i fronti, indicata non solo agli amanti del puzzle game, ma a tutti quelli che cercano semplicemente un bel gioco.

Shadow Point è disponibile dal 21 Maggio 2019 al prezzo di 19,99€ su Oculus Store, compatibile con Oculus Rift, Oculus Rift S ed Oculus Quest.






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Alessandro Redaelli

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