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Song in the Smoke | la recensione | Oculus Quest, PSVR, PCVR

Giocato con Oculus Quest 2 in Air Link su PC

Vi dico la verità: i survival game non mi hanno mai convinto completamente in realtà virtuale. Da The Forest fino ad arrivare a Township Tale e Into The Radious, il genere ha sempre cercato di riportare dentro al nostro linguaggio meccaniche e strutture proprie del gaming su schermi flat, risultando il più delle volte estenuante nella gestione delle risorse, e nelle minuzie di gameplay. Troppe cose da fare, e trattate come se dall’altra parte dello schermo ci fosse una tastiera piena di shortcut, hanno sempre reso il genere inaccessibile e – il più delle volte – poco entusiasmante. 17-Bit esordisce invece nel mondo della realtà virtuale con un’avventura meravigliosa travestita da survival nudo e crudo, che non solo riesce a dare finalmente dignità al genere anche in VR, ma che si dimostra anche uno dei migliori prodotti mai sfornati dagli headset casalinghi. Signori e signore, preparatevi a comprare Song in the Smoke, perché di giochi così ce ne sono davvero pochi in una generazione.

L’opera di 17-Bit si apre con un uccellaccio a tre teste che sembra uscito dai peggiori incubi di Junji Ito, e che vi illustrerà – in maniera estremamente surreale – la prima, lunga, fase di tutorial. I primi minuti in compagnia di Song in the Smoke li passerete a imparare i rudimenti di un gameplay estremamente stratificato e – a una prima occhiata – poco accessibile, che si dimostrerà invece profondamente soddisfacente e straordinariamente immediato. Impariamo così a muoverci per il mondo di gioco, attraverso un comodo movimento libero accompagnato da un teleport necessario a raggiungere i punti più alti della mappa. Impariamo poi a craftare gli oggetti utilizzando i nostri tre utensili a disposizione; impariamo a costruire un falò, una struttura per l’essicazione e così via. Non dimentichiamoci poi della creazione di unguenti e pozioni varie, necessarie a non morire di freddo, o avvelenati da una carne non cotta esattamente a puntino. E, a proposito di carni, impariamo poi presto a cacciare, che sia con un arco o una grossa clava, per poi scuoiare le malaugurate bestie e ricavarne utili ingredienti per il nostro viaggio.

Vi sembra complesso? Lo è, non lo nascondo; ma è anche vero che ogni azione presente in Song in the Smoke risulta naturale come poche cose provate recentemente in realtà virtuale, e una volta interiorizzate tutte le meccaniche base offerte dalla produzione, vi muoverete per inerzia nella comprensione di tutte le piccole sfumature che compongono l’opera. Ve lo dice uno che, solitamente, si annoia al primo ostacolo apparentemente incomprensibile, e che fa dell’accessibilità uno degli elementi più importanti all’interno dell’opera videoludica.

Questa grande mole di elementi non risulta tuttavia gratuita o fine a sé stessa, ed è anzi l’elemento di supporto a un macro gameplay loop che funziona meravigliosamente. Proseguendo all’interno di una decina scarsa di mappe, il nostro obiettivo sarà sempre quello di trovare tre pietre luminose sparse per il mondo di gioco, per poi entrare in un sonno profondo che ci svelerà il modo preciso per proseguire nell’avventura. Che sia l’eliminazione di un animale speciale o il nutrimento di una creatura specifica, ogni obiettivo di fine livello saprà risultare nuovo e coinvolgente, dimostrandosi intellettualmente stimolante, senza dimenticare un’immediatezza di fondo che è quasi miracolosa, in rapporto a tutto quello che il gioco ha da offrire.

Ovviamente, come anticipato, non ci basterà correre alla ricerca delle pietre e dell’obiettivo di fine livello, ma dovremo fare i conti con le necessità e i bisogni del nostro alter ego. Il nostro protagonista avrà fame, sonno, sete e così via, e starà a noi – organizzando le risorse raccolte sul campo – evitare una prematura dipartita, tenendo costantemente d’occhio i valori che ci mantengono in vita.

Valori che, come nel più classico dei survival, non lasciano alcuno scampo a errori. Se infatti l’elemento più spiccatamente meccanico non risulta a conti fatti impossibile da comprendere anche a un neofita, la difficoltà di Song in the Smoke potrebbe mettere a dura prova anche i giocatori più navigati. Questo perché, oltre a presentare tra le mappe di gioco più pericolose e inospitali mai viste in VR, il titolo di 17-Bit presenta un sistema di salvataggio estremamente punitivo. Ogni volta che entreremo in una nuova area, dovremo prima di tutto creare un falò, completarlo con bastoni e pagliericci, e – soltanto da qui – potremo crearci il nostro personale checkpoint.

Potrebbe quindi capitarvi di fare un grosso pezzo della mappa, passare al livello successivo, trovare tutte le pietre, e infine morire di freddo prima di riuscire a creare il falò, per ricominciare dal salvataggio effettuato un’ora prima. True story, perché mi è capitato esattamente così. Questo risulta sì snervante da una parte, ma anche stimolante dall’altra, andando a creare una tensione che potrebbe farsi insopportabile durante le ore più buie e pericolose della notte, e sottolineando una verve horror che potrebbe sorprendervi quando meno ve lo aspettate.

A sovraccaricarvi di tensione non ci pensa soltanto un gameplay costruito a regola d’arte, ma anche un impatto visivo tra i più belli visti recentemente in circolazione. Giocato su PCVR attraverso Oculus Quest 2, Song in the Smoke presenta una direzione artistica da mascella spalancata, affiancata da una realizzazione tecnica oggettivamente eccellente, e un lavoro sul sonoro che immersivo è dire poco. Se la potenza dell’elemento stilistico e del suo immaginario si potevano evincere già dalle prime immagini rilasciate all’annuncio, è infatti nel comparto audio che l’opera di 17-Bit riesce a regalare alcune delle più grandi emozioni regalateci dalla realtà virtuale fino a oggi. Una colonna sonora centellinata ma azzeccatissima, un sound design di alto livello, un audio 3D che vi farà ruotare in continuazione, certi di esser circondati da grandi pericoli. Sul fronte tecnico e stilistico, Song in the Smoke è impressionate, e dimostra ancora una volta quanto una grafica stilizzata possa, e riesca, a restituire molto di più che una ricerca del realismo che poco si sposa con le possibilità hardware contemporanee.

Dopo un’oretta di gioco mi ero detto: “ok, è tutto troppo bello per essere vero, tra un’altra ora sicuramente finisce”. E invece no. E invece no perché Song in the Smoke non solo presenta un gameplay loop eccezionale, un impatto tecnico clamoroso e un immaginario indimenticabile, ma dura anche tanto quanto un’avventura narrativa tripla A. Nonostante tutto quello che ha da offrire, il prodotto 17-Bit dura circa una decina d’ore abbondanti, che saliranno a dismisura se vorrete potenziare al massimo il vostro personaggio e scoprire tutti i collezionabili nascosti nella mappa di gioco. Avete capito bene: dieci ore. E poi si dice che la realtà virtuale non è ancora in grado di offrire esperienze longeve.

Nonostante l’eccellenza di gran parte degli elementi di gioco, Song in the Smoke presenta anche una manciata di piccoli difetti. Innanzitutto è vero che le mappe sono molte, e molto estese, ma è anche vero che – almeno nella prima metà del gioco – si assomigliano un po’ tutte. Cambia un po’ l’illuminazione e qualche elemento stilistico, ma ci ritroveremo quasi sempre a girovagare per le solite foreste. Bellissime, eh, ma sarebbe stato bello scoprire una manciata di setup ambientali in più. Il secondo difetto, già anticipato, è che Song in the Smoke sa essere difficile, a volte anche troppo. Vada per i salvataggi poco presenti e per gli elementi survival senza compromessi, ma in un gioco in realtà virtuale perdere la pazienza è l’ultima cosa che deve succedere, e nel titolo 17-Bit – nonostante tutta la bellezza che ha da offrire – questo non sarà raro.

Sono difetti di poco conto se paragonati alla magnificenza dell’opera in generale, ma se vi aspettavate il perfect score, ahimè, sappiate che 17-Bit se l’è fatto sfuggire per un soffio.

Song in the Smoke è un titolo mastodontico, inaspettato, impressionante da tutti i punti di vista. Chi ama il genere survival non può assolutamente farsi scappare il miglior esponente che il genere abbia mai visto in realtà virtuale, mentre chi predilige le avventure si troverà comunque davanti a una sorpresa imprescindibile, capace di divertirlo per ore e ore. Non avevo aspettative enormi per l’opera di 17-Bit, ma sono rimasto stregando da un prodotto che dimostra cuore e coraggio come raramente mi è successo di vedere in vita mia, e un’operazione del genere non può che farci irrimediabilmente innamorare.

Song in the Smoke è disponibile dal 7 Ottobre su Steam, Oculus Quest e Playstation VR.

 






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Alessandro Redaelli

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