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Storia del futuro: Oculus, la Realtà Virtuale ed il suo creatore Palmer Luckey…

Avete mai avuto la sensazione di desiderare un libro e di voler fare di tutto per leggerlo? Appena ho scoperto l’uscita del libro “History of Future” di Blake J. Harris, mi sono precipitato a compralo. L’attenta analisi fatta dall’autore mi mostrava aspetti veramente inediti che avevo vissuto in prima persona con l’emozione di aver comprato il visore DK2 ed il Rift CV1. Scopro che la Multiplayer Edizioni già aveva tradotto e pubblicato il grandioso “Console War” dello stesso autore. Inizio ad inviare mail per sapere se tradurranno anche “Storia del futuro” e mi rispondo che ci stanno lavorando. Non riesco a resistere, mi conosco, cerco Andrea Cassini su Facebook e lo contatto per sapere a che punto siamo sulla traduzione e pubblicazione. Gentilissimo mi risponde e mi mette in contatto con l’editore. Mi chiedono se ho voglia di dare un’occhiata al testo. Impazzisco dalla gioia ed in due giorni mi bevo 560 pagine di puro brivido. E rivivo quella incredibile sensazione di quando ho “indossato” per la prima volta il DK1 ed ho detto: “Ok, la Realtà Virtuale è qui, adesso ed è mia!”.

Questa intervista è il “dulcis in fundo” di questa girandola di emozioni che il libro, la gentilezza di Multiplayer Edizioni ed Andrea Cassini mi hanno regalato!

Grazie di cuore di averlo fatto!


Domanda iniziale, oserei dire obbligatoria: prima della traduzione avevi sentito parlare della Realtà Virtuale? Te ne sei mai occupato? L’hai provata? Quale è la tua impressione?

Io faccio parte di una generazione, di poco precedente a quella del fondatore di Oculus Palmer Luckey, per cui la VR era già un “esperimento fallito”. Ho vissuto soltanto in retrospettiva l’esplosione d’interesse per la realtà virtuale tra anni ’80 e ’90, insomma. Occupandomi di cultura videoludica, oltre ovviamente a essere un appassionato fruitore di videogiochi, devo dire che l’idea di un mondo virtuale totalmente immersivo è passata in secondo piano rispetto alle caratteristiche di profondità che i videogiochi erano già in grado di offrire su altri piani: l’interattività, il coinvolgimento emotivo, le possibilità narrative, la sfida tecnica. La “rivoluzione virtuale” di Oculus, sulle prime, mi lasciava scettico: mi sembrava un passo difficile da compiere, e forse non necessario. Chiaramente era un parere dipendente dalla mia visione limitata, perché invece chi si occupava da vicino del settore aveva intuito che la VR avesse potenzialità persino superiori a quelle che si immaginavano decenni fa, come la capacità di cambiare per sempre il tradizionale aspetto videoludico e spingersi al di fuori di esso. Ho avuto modo di provare una versione del Rift e me ne sono accorto in prima persona. La sfida resta portare questa tecnologia al grande pubblico, che è poi il fulcro della storia narrata nel libro, ma sembra che si stia già delineando un vincitore.

Parlaci del tuo lavoro di traduzione sul libro: quanto è stato difficile? Quale parte è stata più complessa da tradurre? Hai dovuto fare qualche compromesso per far capire meglio il lettore italiano?

È stato un lavoro delicato, senza dubbio, ma piacevole e trascinante perché lo stile di Blake J. Harris, oltre a essere preciso e scorrevole, trasmetteva tutta la passione dell’autore per l’argomento. Le operazioni di “compromesso”, in un certo senso, le aveva già compiute lui bilanciando gli aspetti più tecnici — come le descrizioni delle componenti hardware e delle nuove soluzioni tecnologiche adottate da Oculus — con la parte più prettamente narrativa, che sembra quasi un romanzo per come mette in scena le vicende umane dei membri di Oculus. L’aspetto più complesso è stato senza dubbio quello di rendere in italiano i termini tecnici e le sezioni più lunghe dedicate alla tecnologia — come quella in cui Oculus si appoggia a una ditta esterna per affrontare il problema del motion blur — per permettere la comprensione anche al lettore meno esperto, senza tuttavia scontentare gli addetti ai lavori.

Qual é la tua opinione sul libro di Harris?

Come accennavo, ho trovato trascinante e davvero puntuale il modo in cui Harris racconta la “rivoluzione virtuale” attraverso i lati umani dei suoi protagonisti, ed è impressionante pensare alla mole di interviste che ha realizzato per mettere insieme una storia così dettagliata. Attraverso la figura di Palmer Luckey, che è la vera stella del libro, Harris trasmette il messaggio che una passione potente come la sua può davvero cambiare il mondo, se se ne hanno le competenze, ma ci sono anche tanti lati oscuri che Harris non nasconde: la competizione tra le major videoludiche, le spietate leggi della finanza, l’ambiente stimolante ma ricco di ostacoli della Silicon Valley, e il rapporto problematico tra Oculus e Facebook che sconfina in questioni sociali e politiche.

Cosa pensi veramente del futuro della VR? Prenderà piedi o rimarrà di nicchia?

Credo che il dado non sia ancora tratto. L’appoggio di un colosso come Facebook, che ha acquisito Oculus, la dice lunga sulle potenzialità future della tecnologia, ma è altrettanto vero che dall’alto delle sue finanze Facebook può permettersi investimenti rischiosi ed eventualmente staccare la spina a un progetto non più remunerativo. Personalmente, credo che la VR avrà un’esplosione di popolarità semplicemente perché permette di realizzare un sogno che molti di noi condividiamo, e che adesso è finalmente accessibile. Se avrà un impatto duraturo o si rivelerà solo una moda passeggera, dipenderà molto dall’accessibilità dei supporti coinvolti (visori, smartphone) ma anche in caso contrario, sono sicuro che inciderà moltissimo quantomeno nell’ambito dei videogiochi.

Cosa pensi dei Mondi Virtuali Immersivi od ambienti virtuali sociali? Hai letto libri come Snow Crash, Ready Player One, Simulacron 3, etc ??

Li ho letti, credo che Snow Crash sia in particolare il più visionario e attuale, d’altronde Neal Stephenson è un maestro del genere e segnalo anche il suo ultimo romanzo Fall; or, Dodge in Hell, uscito a giugno e ancora inedito in Italia, dove ritorna proprio sul tema dei mondi virtuali proiettandoli nel futuro. Un dato che emerge con forza dal libro di Harris, e su cui Stephenson sarebbe d’accordo, è proprio la convergenza inevitabile tra mondi virtuali “tradizionali” e ambienti virtuali direttamente connessi ai social network. Similmente, nel libro si parla di come VR e AR (realtà aumentata) possano unirsi proprio in questo senso. Ormai non è più così fantascientifico immaginare che i social network ci dotino di dispositivi indossabili sempre più discreti tramite i quali vivere la realtà quotidiana con un “supporto” virtuale, ed è facile intuire che sia proprio quello che ha in mente Facebook. Il fatto che la prospettiva sembri inevitabile e la presenza dei social network sia già talvolta oppressiva, lo ammetto, mi suscita delle preoccupazioni. Sono più invogliato a pensare ai mondi virtuali immersivi come a un’esperienza principalmente videoludica, il che non vuole essere uno sminuirli, anzi. Mi ha fatto piacere trovare menzionato nel libro, tramite una citazione di Palmer Luckey che ne è un grande appassionato, l’anime Sword Art Online, che a mio parere presenta una delle storie più brillanti sul tema. Al di là della svolta drammatica della trama, c’è l’idea che i mondi virtuali possano essere mondi migliori del nostro in cui immergerci; una OASIS, come direbbe Ernest Cline in Ready Player One.

potete pre-acquistare il libro, disponibile dal 21 di Novembre, a questo indirizzo






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Enrico Speranza

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