Giocato su PlayStation VR2
La lineup di lancio di PlayStation VR2 si era ritrovata un po’ orfana di Switchback VR, il seguito spirituale di quel Rush of Blood che ai tempi del primo headset PlayStation ci aveva letteralmente fatto morire di paura attraverso un giro di giostra indimenticabile. Dopo quasi un mese dal suo rinvio ecco però giungere sugli scaffali virtuali di Sony l’ultima opera di Supermassive Games, che ci promette di sfruttare tutte le feature del visore in funzione di un orrore mai visto prima. Saranno riusciti a superarsi dopo qualche anno di distanza dalla VR?
Gli amici di Supermassive Games ci avevano stregato prima in flat con Until Dawn, e poi in VR con il sopracitato Rush of Blood, il sottovalutato Bravo Team e il discreto The Inpatient. Ero quindi curiosissimo di scoprire cosa avrebbero tirato fuori dal cappello dopo qualche anno passato a concentrarsi sulla serie antologica The Dark Pictures, che personalmente avevo amato molto meno, rispetto al loro esordio su PlayStation 4. Questo Switchback VR vede tuttavia la sua genesi lì, da quei quattro giochi che vivono di sensibilità, immaginari e sfumature estremamente diverse tra loro, pur condividendo tutti la matrice orrorifica. Va subito detto che se non avete giocato i prodotti dai quali Switchback VR prende il via non preoccupatevi: la cornice narrativa – oltre a risultare confusa e poco interessante – è qui soltanto un pretesto per spaventarvi a morte correndo su quei terribili binari a cui ci hanno abituati sette anni fa.
Switchback VR è sostanzialmente un FPS horror su binari, nel vero senso del termine. Ancorati a un carretto che seguirà un percorso prestabilito, quello che dovremo fare sarà sparare a tutto quello che si muove; dai mostri mutaforma che cercheranno di eliminarci in ogni modo, agli elementi dello scenario che andranno ad accrescere il nostro punteggio. Ed è proprio il punteggio l’elemento chiave per comprendere il design Switchback VR, poiché nonostante una longevità modesta, che si aggira attorno alle quattro ore (comunque tre volte il precedente capitolo) il nostro goal non sarà semplicemente quello di arrivare alla fine di ogni livello, ma riempire il più possibile un numerino che andrà a confrontarsi nelle classifiche globali legate a ogni scenario. È la struttura di ogni shooter che strizza l’occhio a un design più vicino al cabinato che al gioco da salotto, ma che saprà tenere impegnate per molte ore tutte le persone che si ritrovano nell’arcade game lontano dalle strutture paradossalmente più proprie di Supermassive.
Due livelli legati a ogni gioco della serie The Dark Pictures, della durata variabile tra i quindici e i venti minuti, ricchi di strade alternative, segreti, ed elementi che invogliano a rigiocarli più e più volte. Switchback VR vuole essere letteralmente un giro di giostra, e che fai, a Gardaland ci vai una volta e mai più? Il concept che sta alla base di questo, com’era di Rush of Blood, è proprio la volontà di proporvi un numero definito di attrazioni, da giocare in solitaria per aumentare le proprie statistiche del profilo, o da far provare ai malcapitati che si ritroveranno a casa vostra, scoprendo un nuovo modo di vivere l’orrore.
A proposito di orrore Switchback VR fa paura, soprattutto grazie a una quantità clamorosa di jumpscare gratuiti, ma non arriva assolutamente alle vette di Rush of Blood. Sarà che col tempo ci siamo abituati, sarà che l’immaginario di Until Dawn era decisamente più terrificante e originale, sarà che in Switchback VR si spara forse anche di più, rispetto al precedente capitolo. Nonostante la formula sia letteralmente ricalcata sul sopracitato, con tanto di movimenti della testa per evitare gli ostacoli e movimenti delle mani per ricaricare le armi, i livelli che compongono questo pastiche VR di The Dark Pictures sono un po’ meno tesi, un po’ più casinari, sempre e soltanto in funzione dello shooting. Anche Rush of Blood era in parte così, ma si prendeva i suoi tempi nel raggiungere la tensione necessaria tra uno scontro e l’altro, per restituirci i momenti d’orrore nel modo più efficace possibile. Qui questo succede soltanto in parte e in modo decisamente più sporadico e grezzo, forse anche a causa del fatto che si spara decisamente meglio.
Se Rush of Blood, con i suoi problemi di tracking e le sue sporcature nello shooting, non era certo la punta di diamante dell’FPS in VR, qui Supermassive – grazie anche al tracking inside out di PSVR2 – si sbizzarrisce, proponendoci scontri più vari e insistiti, ma anche più armi, che rispondono al nostro tocco con grande efficienza. I grilletti adattivi dei PlayStation VR2 Sense sono sfruttati qui meglio che nella maggior parte dei prodotti che abbiamo provato sull’headset, facendoci realmente sentire il colpo d’arma da fuoco che stiamo infliggendo al nemico. Forse a volte è anche eccessivo, e nei momenti in cui c’è tanto da sparare in successione potrebbe addirittura essere stancante, ma Switchback VR fa quello che deve fare un FPS: restituire la gioia dello shooting, a prescindere dal target al quale si sta sparando.
Vengono aggiunte poi una manciata di meccaniche basate sui tool: pistole elettriche, strumenti a infrarossi e così via. Queste ultime esistono in funzione di alcuni brevi sezioni puzzle non particolarmente ispirate, ma atte ad aumentare la varietà generale del prodotto, che funziona meglio quando si spara, ma che ha sporadicamente qualcosa da dire anche nei momenti che si discosta dallo shooter nudo e crudo.
In realtà, è inutile girarci intorno, uno dei grossi problemi per cui Switchback VR non fa così paura è molto semplice: tecnicamente non sembra un gioco PSVR2. Vi assicuro che se mi avessero messo in testa il caschetto a occhi chiusi avrei detto “oh, comunque il primo PlayStation VR, in fin dei conti, ancora tiene”. L’impatto visivo è letteralmente identico a quello di Rush of Blood sul primo headset di PlayStation, e forse anche peggio; con una risoluzione un filino più alta, ma con lo stesso grado di aliasing sugli elementi più medio-distanti. Ed è imperdonabile, soprattutto perché texture, modelli e illuminazioni non sono assolutamente in linea con quello che può offrire la piattaforma, o che banalmente ci ha già offerto con Horizon Call of the Mountain, Gran Turismo 7 o Resident Evil Village, che – tra l’altro – offrono una libertà d’azione decisamente superiore. È stata una grande delusione, ritrovarmi con uno dei titoli che più attendevo sulla piattaforma corrente e scoprire che poteva benissimo uscire anche sul visore precedente. Il dubbio ce l’ho, che Switchback sia stato sviluppato con il primo PSVR in testa, per poi essere adattato al nuovo headset quando Sony ha chiesto a tutti di fermare i lavori sul vecchio hardware, in attesa del nuovo.
L’unico dubbio in merito è che Switchback VR sfrutta l’eye tracking in modo interessante; non quanto avrei voluto o quanto mi aspettavo, ma comunque lo fa. Sostanzialmente, durante alcune sezioni del gioco, ogni qual volta sbatterete le palpebre – involontariamente o non – alcuni specifici nemici si muoveranno o compariranno all’improvviso di fronte a voi. È una meccanica estremamente divertente, che avrebbe lasciato spazio a una maggior esplorazione da parte di Supermassive, ma che comunque, nel suo contesto, lavora in modo più che discreto. Peccato che invece il rumble dell’headset non venga sfruttato a dovere, mentre poteva contribuire a costruire un’atmosfera che convince soltanto a metà.
Lasciando da parte la tecnica, la direzione artistica vera e propria è qui un po’ confusa; a volte efficace e terrificante, a volte moscia, blanda e poco ispirata. Penso ad esempio ai livelli tratti da House of Ashes: decisamente sottotono rispetto al resto, e che presentano delle creature che sembrano letteralmente degli asset comprati a buon mercato sullo store dell’engine. Ripeto ancora una volta perché dobbiamo ricordarcene: Rush of Blood non era così, ed ogni suo elemento era originale, creativo e spaventoso, come d’altronde dev’essere un prodotto dritto, scriptato e “avvolgente” come poteva essere Switchback VR. Ci sono tanti elementi grezzi, poco lavoro sul proporre una messa in scena memorabile e, in generale, veramente poca voglia di osare: un controsenso rispetto alle possibilità offerte da PlayStation VR2
Farà piacere sentire invece che il gioco presenta una traduzione completa in italiano, anche nel doppiaggio, come d’altronde ci ha sempre abituato Sony con le sue esclusive. Sul fronte del motion sickness, invece, Switchback VR si rivela discretamente accettabile un po’ da tutti, tolte un paio di sezioni un po’ più hardcore basate sulla rotazione dei binari. È un prodotto adatto più o meno a tutti, magari non indicato come primissimo gioco, ma se state giocando in VR dal lancio di PSVR2 potete serenamente permettervelo.
Switchback VR è un buon FPS horror, che ci regala momenti spaventosi e scontri esaltanti, ma che soffre anche di una direzione artistica non eccellente, una creatività più contenuta rispetto a Rush of Blood e soprattutto un comparto tecnico al limite della sufficienza. Se avete amato le altre opere di Supermassive o cercate un horror su binari adatto un po’ a tutti sicuramente Switchback VR saprà offrirvi delle sane ore di divertimento e terrore; se invece cercate il nuovo Resident Evil Village VR, o le vostre aspettative sono molto alte, magari aspettate un attimo e recuperatelo a prezzo scontato.
Switchback VR è disponibile dal 16 marzo 2023 al prezzo di 39,99€ solo su PlayStation VR2.
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