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Tennis League VR | la recensione | Meta Quest 2

Da quando giocavo al primo Virtua Tennis, a Top Spin e allo sconosciuto Tennis Master Series è passato molto tempo. Vent’anni, in cui però il tennis non è riuscito a ritagliarsi uno spazio nel mondo gaming paragonabile a quello di altri sport come il calcio, il basket, o lo skate. Ed è effettivamente uno sport difficile da rendere entusiasmante, quando lo si deve replicare su uno schermo piatto e con un controller. Ma con l’avvento della VR le cose sono cambiate, e in molti si sono cimentati nell’impresa di creare una simulazione degna di questo nome. Tra questi c’è Tennis League VR, sviluppato da AnotheReality, uscito poche settimane sullo store di Meta.

Tennis League VR si presenta subito con un’estetica che ricorda il classico Sega dell’era Dreamcast, con una grafica stilizzata dai colori brillanti.

Per iniziare, abbiamo la possibilità di personalizzare l’avatar del nostro tennista, scegliere lo schema colori della racchetta e poco altro. Poi, dall’hub principale, possiamo scegliere quali modalità provare: la carriera, durante la quale cercheremo di farci notare in piccoli tornei urbani per poi arrivare agli stadi gremiti (di robot, per qualche motivo) dei grandi Slam; la modalità arcade, che permette di divertirsi con simpatici ma estemporanei minigiochi e di far partire match amichevoli, e la modalità multiplayer.

La grafica è semplice ma funzionale, anche se soffre di un aliasing molto marcato, che non è sempre il massimo in un gioco in cui la differenza tra un colpo vincente e una palla fuori è spesso di pochi pixel. Le animazioni degli avversari sono purtroppo ridotte all’osso e non contribuiscono in nessun modo alla lettura della partita. Il nostro rivale levita a fondo campo e vaga verso la palla con movimenti abbastanza arbitrari, per poi colpirla con un movimento di difficile lettura.

La sezione tutorial, che serve anche per allenarsi, permette di imparare il movimento legato ai diversi colpi del tennis: il dritto, il rovescio, i colpi tagliati, il servizio, il topspin. Purtroppo è legata a un metodo piuttosto macchinoso, che richiede di ripetere ogni movimento dieci volte in modo perfetto attenendosi a una griglia molto precisa prima di poter effettivamente provarlo con la pallina. Non è un sistema privo di criticità, non ultimo il fatto che propone dei movimenti abbastanza scomodi da replicare – soprattutto con il controller del quest. Discutibile anche la scelta di basare molti degli esercizi legati al servizio su colpi “sbagliati”: il servizio non deve mai superare la linea di metà campo, quindi perché devo esercitarmi a spedirlo a fondocampo?

In partita possiamo scegliere tra due modalità: arcade e simulazione, ma in tutta sincerità l’unica grossa differenza che ho notato è che in modalità simulazione anche il lancio della pallina per il servizio deve sottostare alla fisica del gioco. È anche possibile scegliere tra il teleport e il movimento libero, ma scegliendo di attivare quest’ultimo si mantiene la possibilità di teletrasportarsi. Ognuno dei due metodi di movimento presenta delle problematiche.

Partiamo dal teleport: premendo A dopo che il colpo è partito dalla racchetta dell’avversario, veniamo posizionati nel punto ottimale per rispondere, mentre premendo B ci teletrasportiamo a rete, pronti a intercettare la pallina. È un sistema ben implementato, che permette di gestire l’intera partita basandoci sulla nostra personale efficienza nel colpire la pallina. Ma lascia da parte una delle componenti fondamentali del tennis, ovvero la strategia: non ci è richiesto di anticipare la direzione del colpo, non possiamo attaccare palle facili a metà campo e non possiamo ritagliarci una zona di comfort all’interno del campo per forzare degli scambi e costruire un ritmo nel palleggio. Tutto questo però può essere risolto con il movimento libero, giusto? Non proprio. Il movimento con l’analog stick offerto da Tennis League VR è purtroppo lentissimo e non permette di replicare davvero le dinamiche di una partita. Utilizzare unicamente il movimento libero è sostanzialmente impossibile, dato che sprint da una parte all’altra del campo non sono previsti, e può risultare davvero utilizzabile solo nel caso in cui, dopo esserci teletrasportati, volessimo aggiustare la nostra posizione per colpire con un dritto una pallina diretta verso il nostro lato debole.

Un’altra questione da considerare è quella dell’intelligenza artificiale: gli avatar nemici, come accennato sopra, fluttuano a fondo campo in maniera abbastanza illeggibile. Non c’è nessuna indicazione che il loro posizionamento influisca sulla loro capacità di raggiungere certi colpi, quindi la strategia da adottare, purtroppo molto semplicistica, è quella di mandare sempre la pallina verso il punto più lontano dall’avversario. In sostanza, l’aspetto tattico di una partita di tennis diventa assolutamente irrilevante e tutto si riduce, come già detto, all’esecuzione di certi movimenti. Il che può comunque essere divertente, intendiamoci.

E Tennis League VR è spesso divertente e una volta presa la mano con i controlli, può risultare un discreto workout, ma deve comunque fare i conti con un’altra serie di problemi, legati principalmente a due elementi: la fisica, e la pretesa di essere, almeno in parte, una simulazione. 

La fisica di Tennis League è, a essere generosi, abbastanza imprevedibile e incostante. I colpi in topspin sembrano obbedire alla gravità lunare più che a quella terrestre, mentre durante il servizio si ha a volte l’impressione di star colpendo una pallina rimbalzina con una racchetta di gomma. Dosare la forza dei colpi è spesso un’impresa: tocchi leggerissimi hanno l’effetto di un home run stile baseball e tocchi decisi fluttuano verso la rete come piume. 

Per quanto riguarda invece l’aspetto simulativo sorge un altro problema. Il tennis prevede diversi modi di impugnare la racchetta quasi per ogni colpo. Il servizio e i colpi al volo si effettuano con l’impugnatura continental, che permette di colpire la pallina di piatto, mentre per diritto e rovescio si adottano una varietà di impugnature diverse, a seconda di quanta rotazione si vuole imprimere al colpo. Con un controller Quest non è ovviamente possibile replicare queste impugnature, ma Tennis League VR impone comunque di eseguire dei movimenti che hanno senso solo con quelle impugnature. Il risultato è che, per esempio, per il rovescio in topspin ci troviamo costretti a torcere il polso in maniera innaturale e, sinceramente, alla lunga anche un po’ pericolosa. A questo proposito, consiglio vivamente di esplorare la via degli attachment che simulano il manico della racchetta per i controller del Quest.

In ogni caso, anche con queste problematiche Tennis League VR non è un’esperienza totalmente disastrosa da un punto di vista ludico, se si accettano certi compromessi sul fronte della simulazione. Una volta completata la parte single player, che offre quattro tornei a difficoltà crescente, qualche mini-game e la possibilità di disputare match amichevoli, ci si può sempre tuffare nella modalità multiplayer, che poi in fondo è dove i giochi sportivi brillano davvero. 

Peccato che, ogni volta che si cerca di unirsi a una partita online, si riceve sempre lo stesso messaggio: “ops, non c’è nessuno qui”. Anche i tentativi di creare una partita privata con un amico si sono rivelati fallimentari: Alessandro non è riuscito a connettersi in nessun modo. Che si tratti di un problema temporaneo, o di una player base troppo ridotta, o addirittura della chiusura definitiva dei server, poco cambia: in queste settimane non sono riuscito ad andare oltre la modalità single player.

Tennis League VR è decente come gioco arcade e mediocre come simulazione. Non è un gioco completamente incompetente, ed è evidente il tentativo di rendere giustizia allo sport che vuole rappresentare. Ma i problemi che presenta sul fronte tecnico, sul fronte simulativo e soprattutto sul versante online, lo rendono difficile da consigliare a prezzo pieno.






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Ruggero Melis

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