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Tennis On-Court | la recensione | PSVR2

Provato su PSVR2

Esce domani un titolo che in molti, anche senza saperlo, aspettavano: il primo gioco di tennis per PSVR2. Sto parlando di Tennis On-Court, sviluppato da Fishing Cactus in collaborazione con Decathlon, che è già disponibile da qualche mese su AppLab, ma che arriva nella sua versione completa sul visore Playstation con l’ambizione di dominare il circuito dei simulatori tennistici.

Tennis On-Court ha molte frecce al suo arco per proporsi come il gioco di tennis definitivo, a partire dal contributo di esperti di Decathlon e Artengo nella realizzazione della simulazione fisica di racchette, palline e superfici di gioco.

Si presenta immediatamente come un titolo ambizioso, con un discreto sistema di character creation, una buona selezione di racchette e la promessa di tante modalità indirizzate a un pubblico vario, dai giocatori navigati in cerca di un simulatore ultra realistico agli appassionati che preferiscono un’esperienza più arcade.

Graficamente, almeno a un primo impatto, Tennis On-Court si dimostra pulito e ben curato, lontano dalle stilizzazioni estreme di un Tennis League VR, ma anche dalle ricostruzioni austere di un First Person Tennis.

 

Fin dalle sezioni di allenamento, che fortunatamente non sono obbligatorie per accedere ai contenuti di gioco, possiamo toccare con mano quanto sia avanzata la simulazione fisica che sta alla base di Tennis On-Court: nulla di rivoluzionario, certo, ma la sensazione di velocità e la precisione dei colpi fanno ben sperare.

Nelle partite amichevoli contro l’AI iniziamo ad accorgerci di quanti elementi il team di Fishing cactus abbia voluto inserire nel suo titolo: assistiamo al nostro ingresso in campo dagli spalti gremiti di spettatori, scegliamo testa o croce prima del sorteggio per il servizio, e poi, durante la partita, ci rendiamo conto che facendo scattare la levetta sinistra possiamo cambiare impugnatura della racchetta per prepararci a un dritto in topspin o a una volée di piatto; e alla fine di uno scambio particolarmente impegnativo ci ritroviamo di nuovo sugli spalti a osservare il replay. Ma soprattutto, ci accorgiamo che il movimento libero, sul campo, miracolosamente, funziona! Certo, possiamo sempre selezionare la modalità teleport e lasciare che il gioco ci piazzi di volta in volta nel punto ottimale per ricevere, ma per una volta l’opzione free locomotion è effettivamente utilizzabile, e senza compromessi (o quasi – non è esattamente pensato per sprintare a rete, per esempio).

La velocità di movimento è ben calibrata e permette di raggiungere anche le palle più ostiche, a patto che il nostro posizionamento sia buono, e mantiene una fluidità che elimina completamente la sensazione di mal di mare che altri titoli non riescono a evitare.

Un sistema funzionante di movimento libero apre a tutta una serie di possibilità entusiasmanti durante i match: possiamo con facilità forzare dritti e rovesci anche quando non sono la scelta più ovvia, possiamo imbastire delle strategie di gioco per costringere il nostro avversario ad aprire il campo, e via dicendo.

 

La modalità single player principale è quella che ci vede impegnati in un torneo, durante il quale ci esibiremo contro una varietà di avversari dentro a stadi che si ispirano ai principali teatri del circuito: c’è un finto Wimbledon, un finto Roland Garros, un finto Artur Ashe Stadium e una finta Rod Laver Arena, più altri stadi minori.

Sulla carta sembra tutto perfetto. Ma c’è qualcosa che non funziona in Tennis On-Court? Purtroppo molte cose. Forse troppe.

Andiamo con ordine. La veste grafica può vantare modelli di buon livello, ma proprio a causa delle molte ambizioni del team di Fishing Cactus, espone troppo spesso le proprie mancanze. Il pubblico degli stadi, ad esempio, è composto da circa due file di spettatori 3D, mentre il resto della folla consiste di semplici immagini 2D non animate. Tecnica perfettamente legittima per evitare di sprecare risorse inutili, ma in diretto contrasto con la scelta di piazzare il giocatore sugli spalti per introduzioni e replay. Invece di immergerci in un’esaltante atmosfera da stadio, ci troviamo circondati da inquietanti cartonati.

E a proposito dei replay: è un’idea eccellente, quella di farci rivedere le nostre azioni migliori dal punto di vista degli spettatori, ma il fatto che le animazioni del modello 3D del nostro personaggio seguano 1:1 i movimenti che abbiamo fatto in prima persona – cioè quando la fisica del corpo intero non era un fattore – porta a dei replay decisamente poco… spettacolari, diciamo.

Un’altra idea potenzialmente eccezionale, cioè quella di dare la possibilità di variare in corsa l’impugnatura della racchetta, si scontra con le limitazioni sia dell’hardware sia del design del gioco. Da una parte, è resa abbastanza inutile dal fatto che i controller di PSVR2 hanno forse l’ergonomia più costrittiva in assoluto nel panorama della realtà virtuale. Dall’altra, non essendo implementata in modo fluido, risulta difficile da impiegare in partita, dove si rende necessario passare da un’impugnatura all’altra in una frazione di secondo. Si finisce, in sostanza, a colpire sempre di piatto, e a torcere il polso (in modo un po’ innaturale) per imprimere rotazione alla palla.

Non aiuta il fatto che, a causa dei movimenti scattosi e spesso buggati degli avversari, è pressoché impossibile leggere in anticipo il colpo che dovremo ricevere, costringendoci a improvvisare un po’ più del necessario.

La vocazione all’immersività di Tennis On-Court è trattenuta, purtroppo da molti altri elementi, primo tra tutti il sound design, vittima davvero di troppi bug. Gli applausi si interrompono di colpo a metà di ogni introduzione, precipitando gli stadi nel silenzio più assoluto, e spesso i colpi dell’avversario non producono alcun suono. Poi c’è l’animazione non skippabile, infinita, del lancio della monetina a inizio partita, simpatica la prima volta, e insopportabile tutte le volte successive. E l’implementazione dei feedback aptici dei vrsense, quasi impercettibili, sovrastati, inspiegabilmente, da quelli del visore.

Ma peggio di tutto, c’è la quantità di contenuti: una singola modalità torneo, con una singola partita per stadio, e cinque partite in tutto, il cui unico premio è quello di poter ripetere il tutto a una difficoltà più alta. Una manciata di avversari senza caratteristiche distintive. Una modalità allenamento che permette solamente di esercitarsi sui vari colpi.

Davvero troppo poco per un gioco che plausibilmente uscirà a 24,99 sullo store playstation, (sempre che non ci siano maggiorazioni nel prezzo rispetto alla versione applab).

Insomma, siamo davanti a un work in progress, che parte da una solida base simulativa, che nonostante le molte buone idee non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di star giocando una elaborata demo. Certo, c’è la speranza che all’uscita la modalità online – che prevede anche la possibilità di giocare in doppio con amici e sconosciuti – aggiunga una nuova dimensione al prodotto. Ma sarà comunque imperativo per il team di Fishing Cactus continuare a rifinire il gioco per realizzare il suo vero potenziale.

Tennis On-court fa tante cose giuste, e riesce addirittura a innovare rispetto al suo genere, ma una realizzazione troppo grezza e una troppo evidente mancanza di contenuti gli impediscono di imporsi come IL gioco di tennis in realtà virtuale.






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Ruggero Melis

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