The Gallery – Episode 2 Heart of the Emberstone: la recensione

Introduzione

La realtà virtuale è un mercato recente, per cui avere dei reali seguiti di giochi che non siano di trascurabile complessità o non nativi VR è qualcosa di estremamente raro. The Gallery – Episode 2: Heart of the Emberstone (che non citerò più per esteso) fa parte di questa cerchia accodandosi al noto Call of the Starseed. Gioco di lancio del Vive, molto apprezzato nelle fiere antecedenti per mostrare le allora avveniristiche possibilità del roomscale, il primo The Gallery è stato anche parte del secondo bundle incluso all’acquisto del Vive. Universalmente considerato la migliore avventura grafica in realtà virtuale, ma parimenti citato quale titolo di breve durata. L’avvento di un seguito non era solo auspicabile ma un gesto dovuto; non si tratta infatti di episodi paralleli e autoconclusivi, qui c’è una storia che pretende compimento e che va affrontata nel giusto ordine. L’intera recensione sarà leggibile senza spoiler nei due versi, per cui mi scuso fin d’ora se su alcune questioni tenderò ad essere vago.

Il gioco

The Gallery 2 risulta quanto e più del suo predecessore il prototipo di come il genere delle avventure grafiche possa adattarsi al contesto della realtà virtuale. Piuttosto che “puntare e cliccare” potrete cimentarvi in una delle migliori interfacce sul mercato: tutta la produzione è stata pensata per i controller di movimento, con leve e meccanismi, mappamondo fisico ed un elegante strumento di lettura a bracciale. Non solo, l’inventario a zaino è fantastico sia da vedere che da utilizzare, un esempio di ergonomia che spero sia d’ispirazione ad altri sviluppatori. Rispetto al già eccellente Call of the Starseed, e direi anche a qualsiasi altra avventura similare, The Gallery 2 introduce una fisica realistica e proprietà telecinetiche inedite che lo rendono a tratti affine al noto demo “Waltz of the Wizard”. Gli oggetti interagibili sono tanti e vi ritroverete a far volteggiare malcapitati scheletri mummificati per puro diletto.

Ho più volte definito Heart of the Emberstone una avventura grafica, ma questa definizione va argomentata. La storia, elemento portante del gioco, non prevede frequenti dialoghi con personaggi non giocanti ma si snoda attraverso lo studio di testimonianze testuali, audio e olografiche. La narrazione è di qualità, ma risulta ahimè nella sola lingua Inglese; a differenza del primo Gallery, qui ci sono i sottotitoli opzionali ma pure loro privi di localizzazione, anche se si nota una predisposizione multilingua. Capire la trama non è indispensabile alla soluzione degli enigmi, ma di certo aiuta a comprenderne le vicende.

Merita una menzione specifica il tema della longevità, sia perché risultava essere il vero tallone d’Achille del primo episodio, sia perché in merito si è letto un po’ tutto ed il suo contrario. Ho ultimato il gioco, titoli di coda inclusi, in 3.8 ore: non rappresenta una lunghezza ragguardevole, ma è circa il doppio di quanto abbia impiegato nel prequel. La quantità di locazioni esplorabili è relativamente ridotta, ma include un buon numero di rompicapo, mai troppo difficili da risolvere ma nemmeno scontati. Grafica e sonoro sono entrambi di alta qualità, con una elevata spettacolarità degli scenari ed opportuni rintocchi musicali a sottolinearne le fasi nevralgiche. Ho evitato in tutti i modi di citare la storia poiché introdurre Emberstone equivarrebbe a svelarvi la fine di Starseed, ma il gioco si barcamena efficacemente tra fantascienza e fantasy con un bel risultato anni ’80 molto in voga negli ultimi tempi, vedi Stranger Things ma anche il buffo Duck Season che lo cita in più di un elemento.

Comfort e implementazione

Abbiamo già parlato e lungamente dell’interfaccia, vero fiore all’occhiello della produzione. Il gioco adotta un sistema di teletrasporto efficace, trovandosi a perfetto agio sia nel roomscale che nel tracciamento a 180 gradi. Propone anche delle soluzioni alternative a movimento libero, con diverse configurazioni possibili. Sul fronte dell’ottimizzazione, invece, il responso non è eclatante in quanto a lunghi e frequenti caricamenti si unisce un motore grafico sì coreografico e dettagliato, ma anche pesante da far girare e con visibili cali nel frame rate nelle situazioni più ingombre.

Conclusioni

Heart of the Emberstone è una gran bella avventura fantasy, con una interfaccia avveneristica ed una cosmesi di sicuro effetto. Se avete apprezzato il primo episodio, è un acquisto pressoché obbligatorio che ne migliora l’esperienza da qualsiasi punto di vista. Nonostante le prestazioni velocistiche non proprio brillanti e la longevità appena sufficiente, offre uno scorcio di futuro indicando la strada che le avventure grafiche potranno e dovranno percorrere negli anni a venire.






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Raffaele Cadeddu

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