Giocato su Oculus Quest 2
Di grandi videogiochi nella mia vita ne ho provati, ma sono sempre pochi quelli che riesco a definire davvero dei capolavori. Questo perché troppo spesso quando si parla di pietre miliari nel mondo dei videogiochi si tende a tralasciare una parte importante di quello che è il medium stesso, ovvero il gameplay. Quando invece il gameplay funziona meravigliosamente, magari una scrittura un po’ ingenua od una componente tecnica poco valida si mettono in mezzo, inficiandone un perfect score – per quanto possibile – oggettivo. Ci sono poi quelle rare volte in cui, dopo cinque minuti dall’avvio di un titolo, sai già per certo di trovarti davanti ad un capolavoro, un po’ perché l’immediatezza del gameplay si svela a carte scoperte fin dal principio, un po’ perché tutto il contorno è dannatamente perfetto. Thumper è uno di questi titoli, e vi assicuro che se è un capolavoro nei primi cinque minuti, lo è altrettanto alla decima ora di gioco.
Uscito su Steam e Playstation 4 nel 2016, Thumper aveva fatto capolino nella mia libreria VR non appena Oculus Rift CV1 si presentò a casa mia, oramai circa quattro anni fa. Ai tempi, però, avevo troppa roba da recuperare, e sebbene i primi minuti in sua compagnia mi entusiasmarono, mi feci sopraffare un po’ troppo da tutti i migliori titoli esclusivi per Rift, dimenticandomene in fretta. Con il nuovo Quest tra le mani, ho deciso di rimettere mano all’opera di Studio Drool, e mi sono reso conto del grave errore che avevo fatto.
Nato dalla mente del bassista dei Lighting Bolt Brian Gibson, e dal designer Marc Flury, Thumper non è altro che un rythm game psichedelico dalle note action, ambientato in un universo astratto, fatto di luci accecanti, musica elettronica e colori acidi. Nei panni di un insetto di metallo spaziale che viaggia ad una velocità spropositata su un binario prestabilito, quello che dovremo fare sarà premere un tasto quando dei piccoli tasselli luminosi toccheranno il nostro alter-ego, ed indirizzare lo stesso con la levetta analogica per driftare sulle curve. Vi sembra semplice? Beh, non lo è; tant’è che ad ogni nuovo livello verrà introdotta una meccanica unica, che andrà a stratificare sempre più il gameplay, proponendovi un incubo senza fine dalla quale non potrete – e non vorrete – più uscire.
Quando un gameplay è così immediato, è tuttavia facile cadere sia nel tranello della ripetitività, sia in quello di un bilanciamento poco user friendly. Per quanto concerne la scansione della progressione, ogni livello sarà composto da una ventina circa di aree, che potremo ripetere in qualsiasi momento per cercare di ottenere il grado massimo, o che potremo tentare di completare semplicemente senza morire per sbloccare il successivo. Come anticipato, ogni livello presenta tuttavia meccaniche uniche, che unite ad una difficoltà crescente ma sempre stimolante, fanno di Thumper una vera e propria droga sul fronte della longevità. Per quanto riguarda il bilanciamento, nonostante si tocchino punti di difficoltà davvero fuori da ogni logica – nel senso più positivo del termine – il tutorial invisibile del primo livello è spiegato così bene che è quasi commovente vedere anche chi non ha mai toccato un videogioco, riuscire a superarlo con una certa soddisfazione.
Nonostante un gameplay mastodontico, quello che forse colpisce però di più del titolo di Drool è la sua impostazione formale. L’estetica di Thumper, che comprende sia immagini, che musica e suoni, è quanto di più sinceramente incredibile mi è capitato di vedere nella vita, tanto che non stento a metterlo accanto ai grandi capolavori del cinema che hanno rivoluzionato l’estetica del medium. Se dovessi fare un paragone azzardato, Thumper è il 2001 Odissea nello spazio del mondo del gaming; poiché il viaggio profondo e delirante che andremo a compiere, potrebbe benissimo essere uscito da una mente illuminata come quella di Stanley Kubrick, e questo è forse il più grande complimento che potrei mai fare ad un videogioco.
Tutto in Thumper è perfetto: la sinergia tra immagine e suono, l’allineamento perfetto tra musica e gameplay, il lavoro sul level design. Se c’è un videogioco che si dovrebbe studiare in tutte le accademie che insegnano il medium è questo, per un’infinita serie di motivi che scoprirete soltanto giocandolo.
Se c’è un appunto che è possibile fare a Thumper è che il titolo non sfrutta davvero al cento per cento la realtà virtuale, poiché non lavora attraverso i controller di movimento. È anche vero, tuttavia, che il gioco è disponibile anche in versione flat, e che al momento del lancio i motion controller non erano ancora una periferica così diffusa; ma – in questo specifico caso – credo che questo sia solo un bene. La forza di Thumper sta soprattutto nella sua meravigliosa semplicità d’approccio, nel suo minimalismo nel gameplay come nello schema comandi, nell’essere portato letteralmente su qualsiasi piattaforma. Non a caso, questo piccolo, grande, capolavoro è disponibile non solo per PC, PSVR e Quest, ma addirittura per l’ormai pensionato Oculus Go.
Qualunque visore voi abbiate fatevi un favore e recuperate un pezzo importante della storia del videogioco. Forse qualcuno non se n’è ancora accorto, ma tra cento anni, quando si analizzerà il medium e soprattutto le opere più incredibili nate sotto il segno della realtà virtuale, Thumper sarà per forza di cose una delle opere più citate per quanto concerne una lunghissima lista di traguardi. Parlare di un titolo del genere non è facile, anche perché è impossibile trascrivere a parole determinate sensazioni, ma vi assicuro che a meno che non siate dei gusci vuoti, Thumper riuscirà a smuovere ogni cellula del vostro corpo, e lo farà con una forza inaudita, raramente vista nel mondo dei videogiochi.
Thumper è disponibile dal 10 Ottobre 2016 su Steam, dal 13 Ottobre 2016 su Playstation 4, dal 6 Settembre 2018 su Oculus Go e dal 21 Maggio 2019 su Oculus Quest al prezzo di 19,99€.
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