I tentativi di rappresentare una avventura grafica in realtà virtuale non mancano, a cominciare dagli ottimi The Gallery fino all’intrigante ma problematico Obduction. Questo media si presta alla perfezione per questo tipo di narrazione, ma quello delle avventure è un genere che impone mezzi e realizzazione di una certa importanza e tendenzialmente si ottengono risultati di breve durata (Gallery stesso, Psychonauts e molti altri) male adattati come il già citato Obduction e talvolta svuotati del lato narrativo come i tanti (troppi) escape the room a bassissimo budget. Torn si incastona in questo variegato corollario, proponendo la sua personale interpretazione di avventura per VR.
La storia qui narrata è di un certo interesse, nella sola lingua inglese. Va detto che similmente a quasi tutti i colleghi, il fatto che realizzare dei personaggi credibili in realtà virtuale risulti complicato (leggi molto costoso) ha portato all’ennesimo escamotage per giustificare il fatto che non vedrete reali esseri umani interagire con voi o raccontarvi alcunché. Lo stile è tuttavia ottimo, ammicca forse troppo sul versante della nostalgia confidando nell’avanzata età media dell’utenza VR, ma rispetto alla povertà in canna della tipica produzione indipendente risulta sontuoso e competente, tecnicamente migliore dei non troppo competitivi titoli già citati.
In Torn l’avventura si intreccia con una vena rompicapo importante, forse troppo per il palato di alcuni. E’ parte integrante del genere imbattersi in enigmi ed ostacoli, tuttavia in questo caso il gameplay vero e proprio consta in una elaborata ricostruzione di circuiti sparsi per tutta la superficie della magione, inframmezzati da sezioni narrative. Una sorta di filoni energetici sottostanti pavimento e pareti andranno fatti confluire usando degli oggetti che ne completino lo schema, cosa poco chiara a scriversi ma evidente ed anche stimolante a farsi. I controller, anche uno soltanto a dire il vero, fungeranno da pistola gravitazionale con cui interagire con quasi tutto per cercare le giuste sagome da abbinare. Anche in questo caso, la fisica che così ben si adatta alla realtà virtuale appare un pelo pretestuosa, ricordando fin troppo quanto visto ad esempio in The Gallery episodio 2. Indubbiamente quando la maturità, il linguaggio ed i mezzi saranno all’altezza del compito queste produzioni appariranno semplicistiche, tuttavia Aspyr si concentra su poche cose facendole ragionevolmente bene; se il giocatore gradirà la tipologia di enigmi proposti troverà le sue quattro o cinque ore di qualità ad aspettarlo.
Abbiamo già menzionato l’ottimo comparto tecnico ed artistico, Torn è sicuramente un gioco che non vi lascerà indifferenti per dettaglio e caratterizzazione. Il movimento è gestito tramite teletrasporto, dash o movimento fluido, ma il lamentoso popolo della realtà virtuale non ha mancato di sottolineare i limiti nell’implementazione della terza opzione. La mia opinione è che in un gioco simile, dove si passa il 90% del tempo fermi al centro della stanza con la pistola gravitazionale in mano, senza elementi d’azione e con limitate possibilità esplorative, la soluzione adottata vada più che bene. Sarebbe stato anche meglio, visto che le citazioni di sprecano, copiare da The Gallery anche il reticolo sul pavimento per favorire un sicuro uso del roomscale muovendoci con i nostri piedi. Il fatto di poter spostare quasi tutto porterà nei momenti più concitati a compenetrazioni bislacche e, nelle stanze più trafficate, ad occasionali perdite di fotogrammi quando i collider dei vari oggetti inizieranno a fare a pugni tra loro, tuttavia la bilancia resta ampiamente favorevole rispetto ai troppi esperimenti in cui si può maneggiare solo un paio di oggetti per stanza senza peraltro scongiurare del tutto le anomalie qui riscontrate.
Torn è un ottimo prodotto, la cui attuale valutazione su Steam non rende proprio giustizia. E’ una avventura ma è ancor di più un rompicapo di tipo logico/visivo che inframezza una storia interessante ad una serie di enigmi del tipo “completa il disegno” tendente al puzzle. E’ comprensibile che possa non piacere a qualcuno, principalmente per la sua poca varietà, ma nel panorama odierno unisce ad una qualità complessiva rimarchevole una longevità migliore della media. Un po’ caro.
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