Ispirato alla leggenda cinese secolare di Liu Chenxian, Chen Xian VR apre il mio personale Festival del Cinema di Venezia 2023, e non lo fa nel migliore dei modi.
Il film VR di Yuejun LIU, Nanni WU, Tao SHI e Jingqiu XU è l’ultima cosa che mi sarei aspettato di vedere in questa edizione di Venice Immersive: una tech demo con poco da dire sul fronte dei contenuti, grezza nella forma e poco adatta a un contesto festivaliero.
Seguendo in terza persona le gesta del protagonista, lo accompagniamo con una piccola manciata di interazioni nella sua epopea alla ricerca della madre, mentre tenta di combattere contro i quattro re celesti nell’oltretomba.
Un concept potenzialmente azzeccato per un linguaggio com’è la realtà virtuale, messo – ahimè – in scena con un gusto più vicino al videogioco mobile, che al cinema d’autore.
In realtà, Chen Xiang VR due cose interessanti le ha: un colpo d’occhio dignitoso e un lavoro sulla regia attiva, su carta, interessante.
Il mondo messo in piedi a partire dalla direzione artistica di Shi Tao, Liu Yuejun e Che Lin è vivido, personale, pieno di piccoli guizzi visivi. Peccato che le animazioni e l’effettistica non vadano di pari passo, appiattendo una forma potenzialmente efficace, che nell’insieme dei suoi elementi non riesce a raccontarsi esclusivamente attraverso i suoi elementi estetici.
La colpa è anche di una regia sostanzialmente inesistente, che si limita a piazzare due o tre punti di vista intorno alle scene, lasciando al fruitore la possibilità di cambiare inquadratura. Se l’idea poteva funzionare, e a volte rivela inaspettatamente la forza del concept, i punti macchina sembrano piazzati senza un’idea ben precisa di messa in scena, ed è oltretutto possibile passare soltanto all’inquadratura o al movimento di macchina successivo, e mai al precedente. Questo priva anche, a chi guarda, la possibilità di costruirsi un flow visivo e di racconto particolarmente personale, impedendoci di sopperire alle mancanze di una mano autoriale che – evidentemente – è mancata.
Contribuiscono poi, alla disfatta di Chen Xiang, anche un’insostenibile durata di circa quaranta minuti, e un doppiaggio inglese che definire amatoriale è dire poco. Praticamente un disastro.
Un vero peccato, aver proposto un’operazione così sterile com’è Chen Xian VR in questa edizione di Venice Immersive, anche perché – come dimostra un’altra parte della selezione – anche quest’anno la qualità media sembra essere piuttosto alta.
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