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VENICE IMMERSIVE | Eggscape: la recensione

Di videogiochi in realtà aumentata, su Meta Quest 2, ne abbiamo visti ancora pochi, e quelli che ci sono rimangono tutt’ora relegati a quella sezione App Lab che è casa dei prodotti più sperimentali. Eggscape, di German Heller, è invece un vero e proprio videogioco in miniatura, con un suo game design ben definito, e una manciata di idee ancora inesplorate dal mondo commerciale della mixed reality.

L’idea è quella di un’istallazione fisica, che va ad animarsi attraverso l’elemento AR di Meta Quest 2, dando vita a un mondo colorato e irresistibile pieno di trappole, piattaforme e nemici. Nei panni di un uovo antropomorfo, andremo quindi a completare un piccolo livello che ricalca le forme e gli spazi della sua controparte reale, mentre dovremo farci strada a suon di pugni e calci tra gli antagonisti che lo popolano. Un’idea semplice, ma che riesce a restituire tutto lo stupore che ci ha regalato la realtà virtuale alla sua nascita, facendoci (ri)scoprire la bellezza di una tecnologia che ha ancora tutto da dimostrare.

La precisione con cui il mondo reale si adatta a quello virtuale è spaventosa, e ci fa sognare un futuro in cui l’AR potrà regalarci esperienze di ben altra caratura, sia in termini di estensione, che di game design. Con Cambria alle porte, e quindi con la possibilità di osservare il proprio mondo a colori anche attraverso le lenti dell’headset, vedremo sicuramente più prodotti come Eggscape, che si erge quasi ad apripista di un nuovo e inesplorato modo di giocare.

Ma non finisce qui, perché oltre alla piccola avventura a singolo giocatore che è possibile provare qui a Venezia, è presente anche una modalità multiplayer: probabilmente la vera anima del gioco. In questa modalità 1v1 è possibile lavorare in due sullo stesso spazio, costruendo i percorsi e i punti spawn dei nemici, e cercando di buttare giù il nostro avversario dal livello a cui stiamo dando vita. Una modalità che è più un concept che un videogioco multiplayer fatto e finito, ma che dimostra anche qui delle potenzialità enormi nell’ibridazione dei due linguaggi, oltre che a qualche finezza di level design che eleva l’opera a un tipo di sperimentazione consapevole, tra il videogioco tradizionale e l’opera d’avanguardia.






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Alessandro Redaelli

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