VENICE IMMERSIVE | From the Main Square: la recensione

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Un piccolo angolo di mondo inizia a riempirsi di persone: vengono costruiti palazzi, case, luoghi del divertimento. La gente parla, scherza, si ama. Assistiamo in prima persona alla nascita di una piazza, attraverso un 2D stilizzato e irresistibile, con cui possiamo interagire tramite una lente d’ingrandimento: fondamentale per leggere la marea di dettagli che compongono il passare del tempo, e per attivare delle azioni che – a un certo punto – ci ritroveremo costretti a compiere, nostro malgrado.

Ricorda quasi Bruno Bozzetto, il taglio stilizzato ma vivissimo che Pedro Harres ha voluto restituire al suo film, salvo un terzo atto che picchia come pochi, a fronte del racconto di una quotidianità che ci è fin troppo familiare. Veder nascere e crescere una società sotto ai nostri occhi, specialmente in realtà virtuale, è un’esperienza mistica; avvalorata da un utilizzo consapevole e clamoroso sullo sguardo e sul fuori campo. In From the Main Square guardiamo ciò che scegliamo di vedere, ma è il suo autore che decide a cosa non possiamo assistere, e su cosa è meglio soffermarsi.

È sempre difficile utilizzare la grammatica del cinema all’interno di un contesto che elimina, o quantomeno assottiglia, il concetto stesso di inquadratura: ma Harress riesce nella difficile impresa di dirigere non solo l’azione, ma anche chi fruisce dell’opera. Questo da vita, soprattutto nel terzo atto, quando gli uomini iniziano naturalemente a scontrarsi l’uno contro l’altro, a un pastiche visivo e di racconto che lascia davvero a bocca aperta, per ritmo dell’azione e furia della morale.

Un film eccezionale che tutti dovrebbero vedere, e che speriamo veda presto una release pubblica anche sui visori commerciali a portata di tutti.

 




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