VENICE IMMERSIVE | Typeman: la recensione

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VRChat è ad oggi il metaverso più popolato e interessante del mondo. Fin dalla nascita della VR commerciale, il software di “chiacchiera VR” che oggi rivendica l’egemonia del social network in realtà virtuale, ci ha mostrato tra le sperimentazioni più interessanti dell’ambito, arrivando a proporci vere e proprie opere interattive a suo interno. Typeman è una di queste opere, e ci racconta di un mutamento tecnologico apparentemente insignificante, ma colpevole della perdita di romanticismo nella scrittura.

L’opera di Itoh Keisuke è fondamentalmente una breve pièce teatrale interattiva, da vivere in compagnia di altri due utenti, mentre un attore virtuale (probabilmente dall’altra parte del mondo) interpreta una macchina da scrivere umanoide, che ci guida attraverso il suo personale viaggio. A partire da una piccola stanza, seguiamo la vita di uno scrittore, mentre “Typeman” ci guida tra i punti cardine della sua storia; attraverso piccole ricostruzioni, che si aprono poi in una sorta di considerazione muta, su quello che che abbiamo appena visto.

E’ interessante notare come l’assenza del linguaggio verbale riesca a rendere universale una storia semplice e pacata che, a partire da un concept assimilabile a Toy Story, esplora in maniera decisamente più orientale i temi trattati, passando con grande agilità tra la farsa e il dramma più stilizzato. Un racconto letteralmente di poche parole, che riesce nel miracolo di far interagire attore e utenti con astuzia, senza risultare eccessivamente guidato o pedante.

Forse si sarebbe potuto spingere un po’ di più sul fronte del ritmo e sull’andamento dei beat narrativi, ma è anche vero che il teatro di gruppo è imprevedibile, e una scansione del tempo più distesa può aiutare anche gli utenti non particolarmente pratici con l’headset  a godersi l’esperienza.

 




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