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We Are One | la recensione (Quest 2, PCVR)

Provato su Meta Quest 2

C’è una certa categoria di giochi VR che, anche solo in forza di una premessa originale, o di una particolare meccanica o di un’ambientazione specifica, ha il potere di risvegliare quella sensazione di stupore e compiacimento che ha fatto innamorare milioni di videogiocatori della realtà virtuale.

È una qualità rara che We Are One, un puzzle game sviluppato da Flat Head Studio, ha dimostrato di avere, almeno in potenza, fin dalla sua comparsa più di due anni fa su App Lab. Oggi We Are One esce nella sua versione completa per Quest, Rift e Steam VR.

Il pianeta è invaso da malvagi macchinari votati alla distruzione delle foreste, e Madre Natura è troppo debole per affrontarli da sola. Avrebbe bisogno di un esercito, ma ha le energie per creare una singola pianta antropomorfa – il nostro avatar – e di investirla di poteri speciali, che le permettono di manipolare altri germogli e, soprattutto, il tempo.

Il game loop di We Are One verte su, beh, un loop temporale. In sostanza, di fronte a ogni puzzle, avremo tutto il tempo di pianificare mentalmente una serie di mosse mantenendo una visione d’insieme, ma quando ci teletrasporteremo in una delle location disponibili partirà un timer, che indica quanto manca allo scadere del loop temporale. Al termine del loop, tutte le azioni che abbiamo compiuto in quella location verranno ripetute da un nostro clone, lasciandoci liberi di teletrasportarci in un’altra location e – a tutti gli effetti – collaborare con la precedente versione di noi stessi per completare il puzzle. Questo significa, per esempio, che durante il primo loop possiamo lanciare armi e proiettili verso altri punti in cui è possibile teletrasportarsi, con la consapevolezza che potranno servirci in una successiva iterazione del loop. Ovviamente We Are One non si limita a farci lavorare in tandem con un singolo clone: i puzzle più elaborati richiederanno di ripetere il loop più e più volte, creando catene di montaggio dove cinque o sei cloni eliminano nemici e si passano oggetti e risorse a vicenda. 

Nel nostro tentativo di aiutare un’indebolita Madre Natura useremo pistole spara-semi, fionde e scudi e affronteremo una varietà limitata, ma in fondo adeguata, di nemici. L’interazione con i cloni si declina in modi diversi: dalla semplice ridistribuzione delle risorse, all’uso di cloni-specchio che si muovono in sync, fino a soluzioni più complesse che prevedono di rompere o alterare i loop temporali per massimizzare l’efficienza delle nostre azioni. 

Non voglio addentrarmi troppo nel dettaglio nella descrizione delle meccaniche di gioco: una parte considerevole dell’esperienza di We Are One – e ciò che la rende estremamente godibile – consiste nello scoprire modi inediti di gestire il loop e di manipolarlo, per poi fermarsi a osservare la nostra orchestra di cloni eseguire in simultanea operazioni complesse e inimmaginabili fino a pochi secondi prima. 

Il senso di appagamento  generato dal completamento dei livelli più stimolanti è assolutamente ineguagliabile, e non deriva da un puzzle design particolarmente geniale né eccessivamente ostico, ma dalla natura stessa del concept iniziale. Mentre aspetto il mio turno alla fine della catena, mi stupisco e mi congratulo per l’efficienza delle mie stesse azioni, accuratamente calibrate tre loop temporali fa, o fortunosamente improvvisate all’ultimo momento. E alla fine del livello, mi rilasso nella mano di Madre Natura e osservo con soddisfazione il funzionamento di un imponente meccanismo, i cui ingranaggi sono versioni passate di me stesso.

We Are One è reso ancora più gradevole da uno stile grafico pulito e aggraziato, con animazioni semplici ma espressive, un sound design rilassante e una colonna sonora funzionale, anche se non esaltante. La narrazione – la grande aggiunta rispetto alla versione app-lab – seppur minimalista, riesce ad essere ragionevolmente coinvolgente, se non addirittura toccante nelle ultime fasi.

Purtroppo We Are One non è, nel complesso, un gioco senza difetti. Dei 57 livelli che propone molti sono “di servizio”, utili unicamente a introdurre nuove meccaniche o nuovi nemici, il che significa che i puzzle che offrono un livello di sfida soddisfacente sono probabilmente meno di quaranta. La longevità ne risente – il gioco può essere completato serenamente in un paio di sessioni da un paio d’ore, e la leaderboard con i tempi record non è un incentivo sufficiente a rigiocare la campagna. L’aggiunta di una linea narrativa è sicuramente benvenuta, ma dà l’impressione di aver tolto un po’ di spazio ai puzzle puri, favorendo invece un terzo atto in cui viene prediletta una componente action – dove piuttosto che richiedere un maggiore sforzo cerebrale al giocatore, gli si richiede di diventare più efficiente nell’eseguire velocemente alcune delle funzioni di base del gioco. I puzzle, nell’ultimo atto, non aumentano di complessità – anzi, lasciano da parte alcune delle meccaniche più divertenti apprese nella parte centrale – diventano semplicemente un po’ più faticosi. 

We Are One non è calibrato per essere davvero un gioco action – il che è evidente anche nelle poche sezioni in cui dobbiamo sfruttare fisica, non sempre affidabile – ed è un peccato vederlo prendere quella strada nella parte conclusiva della campagna, soprattutto alla luce delle sue straordinarie qualità come puzzle game.

We Are One è un gioco eccellente, con un concept entusiasmante e un gameplay soddisfacente. A tratti sembra quasi un antipasto prima della portata principale, a causa della sua longevità ridotta e della parsimonia con cui rivela le sue virtù migliori. Ma per chi è alla ricerca di un’esperienza gradevole, stimolante e contenuta, è praticamente perfetto.






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Ruggero Melis

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