Giocato su Oculus Quest 2 con Oculus Link
La recensione di Wilson’s Heart è stata la prima recensione videoludica che ho mai scritto, oramai nel lontano 2017. Avevo acquistato un Oculus Rift CV1 da qualche mese, ma nessun titolo fino ad allora era riuscito a regalarmi le emozioni che mi regalò l’opera di Twisted Pixel Games, tanto da spingermi ad iniziare a scrivere di videogiochi per VR Italia, e far crescere il canale fino a dove siamo arrivati ora, soprattutto grazie a voi. Per la nostra rubrica dedicata alle retro recensioni, dunque, quale modo migliore per continuare il nostro viaggio video-recensendo per la prima volta un prodotto unico, straordinario, capace di reinventare un genere che aveva già detto tutto quello che aveva da dire; eppure dimenticato, quasi fosse un prodotto che oggi non ha più senso giocare. Amici ed amiche, ci tengo a ribadire che non è così, perché Wilson’s Heart è un capolavoro oggi quanto lo era al lancio, e – forse – anche di più.
L’esordio di Twisted Pixel Games nel mondo della realtà virtuale è un titolo profondo ed elegante, che si discosta fortemente da gran parte del mercato VR contemporaneo, e che urla con tutte le sue forze quanto ogni singolo genere, se adattato con intelligenza, si arricchisca e stratifichi attraverso i nostri caschetti casalinghi. Wilson’s Heart è ciò che possiamo tranquillamente definire un’avventura grafica iper-moderna; l’ennesimo passo in avanti fatto dal genere, che dopo il restyling di Telltale Games sembrava nuovamente ancorato ad un immobilismo che non aveva più nulla da dire. Invece, grazie a Bill Muehl e Josh Bear – rispettivamente producer e director dell’opera – l’avventura grafica acquisisce una nuova forma, catapultando letteralmente il giocatore nei panni del protagonista e trasformando le classiche sezioni a enigmi dei punta e clicca, in qualcosa di molto più immersivo e originale.
Il protagonista – interpretato dal Peter Weller di Robocopiana memoria – è Robert Wilson, un uomo di mezza età che si sveglia all’interno di un vecchio ospedale in rovina, con la memoria offuscata e con uno strano manufatto magico al posto del cuore. Attraverso le molte location che compongono la struttura, ed accompagnato da un buon numero di comprimari, Wilson cercherà di trovare le risposte alle sue domande, dovendosela vedere con creature lovecraftiane e mostri iconici della storia dell’horror.
C’è subito da dire che sul fronte della sceneggiatura e delle interpretazioni, Wilson’s Heart sta una spanna sopra al novanta per cento del mercato VR contemporaneo; e nonostante un andamento narrativo che strizza l’occhio alla Hammer più modesta, l’opera di Twisted Pixel Games riesce a tenere con il fiato sospeso dall’inizio alla fine, attraverso una storia non sempre a fuoco, ma divertentissima dal primo all’ultimo minuto. La presenza nel cast di nomi del calibro di Alfred Molina, Michael B Jordan e Rosario Dawson, riescono poi a rendere estremamente più incalzante il racconto, presentandoci anche – una volta tanto – delle interpretazioni solide e convincenti. In Wilson’s Heart si parla di orsacchiotti impossessati e manichini assassini eh, non certo di massimi sistemi; ma la gioia di esplorare il B Movie in tutte le sue sfaccettature è ben visibile, ed insieme agli autori ci è permesso di divertirci con trasporto anche se attraverso l’arte “bassa”.
Nonostante il tedio che spesso si cela dietro al genere di riferimento, a meno che non si parli di Lucas Arts o Telltale, è evidente come gli sviluppatori si siano sforzati di restituire una varietà fuori dal comune al prodotto, scandendo in maniera egregia tutti i singoli capitoli dell’avventura. Ecco quindi che dopo le fasi esplorative arrivano gli enigmi, dopo gli enigmi i mini giochi, dopo i mini giochi le bossfight, dopo le bossfight i momenti più prettamente narrativi. Tutti questi aspetti, comuni a molte produzioni analoghe, variano però fortemente di sezione in sezione, lasciandoci letteralmente di stucco ad ogni cambio setup, ad ogni integrazione di gameplay ed ad ogni colpo di scena. Ci capiterà ad esempio di trovare una bottiglia di liquore sotto alla scrivania di un inserviente, per poi svuotarla sopra un carrello pieno di materassi e – dandogli fuoco – farci spazio tra le ombre; o ancora, combattere contro dei manichini viventi che hanno sostituito i loro arti con i nostri, rendendoci impossibile svolgere alcune operazioni che fino a quel momento davamo per scontato. Tutte situazioni apparentemente semplici, ma che grazie a uno stupefacente utilizzo del linguaggio della realtà virtuale, assumono una forma totalmente nuova ed a tratti sconvolgente. Tutto ciò che concerne il gameplay in Wilson’s Heart è così millimetrico che fa quasi paura, e ci si chiede come mai, dopo di lui, quasi nessuno sia riuscito ad eguagliare l’estro spropositato dello studio di sviluppo texano.
Come se non bastasse, Wilson’s Heart è stato uno dei primi a presentare un sistema di locomotion alternativo al teleport ed al free movement, che stupisce ancora oggi per quanto ben si adatta alla realtà virtuale. Per muoverci, nel cosiddetto sistema a nodi, dovremo infatti puntare il braccio verso delle rappresentazioni incorporee del protagonista, posizionato nei punti delle stanze in cui è effettivamente possibile interagire con qualcosa, e premere infine un tasto. Le varie rappresentazioni di Wilson sono inoltre modellate in maniera molto specifica, tentando di anticipare ciò che ci troveremo di fronte una volta giunti a destinazione, ed imponendosi a vero e proprio agente narrativo del racconto. Una volta eseguite tutte le operazioni possibili, il fantasma di Wilson diventerà più scuro, avvisandoci di passare alla sezione successiva. La scelta di far focalizzare il giocatore in punti specifici delle mappe, regolando così il ritmo dell’avventura secondo le singole esigenze di pacing, è commovente per quanto funziona. A quattro anni di distanza, ahimè, gli sviluppatori che lavorano con la VR si sono quasi dimenticati di quanto il locomotion sia un vero e proprio elemento di game design, ed al di là di The Room VR: A Dark Matter e pochi altri, si tende a restituire una libertà estremamente dannosa ai fini della riuscita di un prodotto.
Nonostante una piccola manciata di fasi in cui la comprensione del testo viene a meno, ed il prodotto si abbandona a meccaniche troppo vicine al trial & error, il lavoro su gameplay, game design e ritmo di Wilson’s Heart è da storia del videogioco, e nessuno può azzardarsi a dire il contrario.
Per quanto riguarda l’aspetto più squisitamente artistico; l’atmosfera e l’estetica sono tra gli elementi più impressionanti di Wilson’s Heart. Lo splendido bianco e nero, che omaggia il cinema di genere d’epoca classica, e che si rifà in particolare al Dracula di Browning ed il Frankenstein di Whale, restituisce una personalità unica nel panorama del gaming VR contemporaneo, e riesce a regalarci un immaginario come forse non l’abbiamo mai visto nel mondo del videogioco in generale. Le citazioni sono palesi, forse un po’ insistite, ma mai al punto da risultare gratuite nell’economia del racconto, anche grazie all’amore sincero che traspare per i grandi classici del cinema, che non manca però di strizzate l’occhio all’horror moderno più grezzo e pulp. Anche dal punto di vista prettamente tecnico, il lavoro è impeccabile. Modelli poligonali, texture ed animazioni ci riportano ad un periodo storico in cui nel mondo della realtà virtuale giravano evidentemente più soldi, tanto che rivivere il gioco nel 2021 restituisce uno strano senso di anacronismo fasullo.
Ho rigiocato al titolo con Oculus Quest 2, collegato al PC tramite Oculus Link ufficiale. Avendolo giocato la prima volta attraverso i neri profondissimi del CV1, la differenza nella percezione delle zone buie è chiaramente molto avvertibile, ma la risoluzione del Q2 rispetto al primo visore commerciale di Oculus è palese, e non fa rimpiangere quella vecchia ed indimenticabile macchina. Questo per dire che anche se siete entrati nel mondo della realtà virtuale recentemente attraverso lo standalone di Facebook ed avete un computer capace di reggere il gioco in realtà virtuale, non potete assolutamente farvi scappare questa perla rara ed ineguagliata di un mercato che ci riserva molte meno soprese del suo primo anno di vita.
Wilson’s Heart è un’avventura grafica formidabile, un horror spaventoso, un racconto indimenticabile; un capolavoro con la C maiuscola. In molti sicuramente ad oggi si sono persi questo pezzo fondamentale del gaming in realtà virtuale, dando per scontato che le nuove uscite Oculus Rift ed Oculus Quest siano avanti anni luce rispetto alle prime produzioni originali. Questo – purtroppo – non è vero, tanto che sono quasi invidioso di chi, per la prima volta, potrà godersi Wilson’s Heart con l’hardware che merita.
Wilson’s heart è disponibile dal 23 Aprile 2017 al prezzo di 29,99€ su Oculus Store, compatibile con Oculus Rift ed Oculus Quest in collegamento link con un PC.
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